Una lettura attuale ed ecumenica del dogma della Divina Maternità

Nella splendida cornice della Sagrestia monumentale del Bramante, nella basilica di Santa Maria delle Grazie a Milano, ieri di è tenuta la presentazione del libro su Maria, madre di Dio e sul suo ruolo ecumenico. Sono intervenute personalità di rilievo, come Mons. Giuseppe Scotti, Segretario della Conferenza Episcopale Lombarda e già Segretario aggiunto del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali della Santa Sede, il Rev.mo Padre Abate Stefano Zanolini O.Cist., Abate dell’Abbazia di Chiaravalle e Preside della Provincia cistercense di San Bernardo in Italia e il Rev.mo Archimandrita Ioannis Batsis del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli a Milano.

Inaspettato e commovente anche il messaggio che Sua Santità Leone XIV, per mezzo della Segreteria di Stato, ha voluto rivolgere a tutti e ciascuno, in occasione di quello che ha definito un “singolare evento”.

Del libro che cosa si può dire? Due cose, certamente. Che cosa ho imparato scrivendolo, la prima. E poi, un sentimento di stupore.

da sinistra: Mons. Giuseppe Scotti, Rev.mo Archimandrita Ioannis Batsis, Rev.mo P.Abate Stefano Zanolini O.Cist., Dott. Cristian Lanni, Adriana Sigilli, Presidente dell’Ass. Oasi di Pace

La dignità della ricerca mariologica deriva dalla dignità della ricerca cristologica; per questo la ricchezza dell’una deriva inevitabilmente dalla ricchezza dell’altra.

Questo è quanto in assoluto ho imparato dal lavoro di scrittura di questo libro. Potrebbe essere considerato un dato scontato, ma non lo è perché se per la dignità cristologica – trattando del Figlio di Dio – è un carattere, quello della dignità, ineludibile; la dignità di una donna, Maria, una creatura, non è altrettanto scontata. Non lo è perché dovrebbe essere chiaro che non si sta parlando di una divinità, di una semi-dea, ma di una creatura, la quale, per quanto straordinariamente predestinata per grazia, non perde mai l’accezione creaturale sua propria.  Nella Θεοτόκος è racchiuso il mistero dell’economia salvifica (cfr. G. Damasceno, De fide Othodoxa, III, 12, PG 94, 1028) e cosi il mistero di una madre che è figlia del suo stesso Figlio, rimane nella storia dell’umanità il compendio più mirabile della stessa Redenzione (cfr. LG 65). Le ragioni di ciò le ritroviamo nella Scrittura, nella Tradizione continua ed indivisa della Chiesa, che ci insegna quale sia il munus della Vergine nel piano salvifico di Dio: le poche parole che la Bibbia riserva alla donna di Nazareth hanno trovato ricchezza e pienezza nella Tradizione e nel Magistero della Chiesa, una ricchezza che è specchio di quella pienezza di grazia del Padre di cui Maria, tramite lo Spirito, è ricolma. Ed è proprio questo il modo con il quale lo Spirito ha seguito la sua azione guidando il Popolo di Dio alla verità “tutta intera” (Gv 16,13); una verità nella quale la Θεοτόκος emerge come nuova Eva che ha trovato grazia presso Dio, la Κεχαριτωμένη (riempita della grazia) predestinata e preparata ad essere Arca della nuova Alleanza. Ho imparato – come ci dice Paolo VI nella Marialis Cultus – che la Chiesa “edotta dallo Spirito Santo” afferma ed insegna che Maria è un dato essenziale della fede cristiana e della vita della Chiesa (cfr. Congregazione per l’Educazione Cattolica, La Vergine Maria nella formazione e nell’educazione spirituale, n. 2). E dunque, lo studio della mariologia è primariamente lo studio legato alla comprensione il più profonda possibile del mistero salvifico (cfr. CCC, n. 487). Una seconda questione che vorrei condividere è questa: Maria è la donna dell’incontro, la donna che favorisce ogni incontro, anche quello dottrinale. La mariologia nel panorama teologico attuale è una disciplina di raccordo: tra tutti i credenti Maria è come uno specchio che riflette le meraviglie del Creatore. Ciò che allora spetta a chi si affaccia ad uno studio sulla mariologia è nient’altro che illustrare – tentare di illustrare – la ricchezza cristologica, ecclesiologica, pneumatologica, di profondo senso antropologico ed escatologico. Questa capacità di incontro e di raccordo l’ho ritrovato chiaramente nella lettura ecumenica del dogma della Divina maternità. Ciò che sorprende è che i due caratteri della mariologia ecumenica, i due maggiori, sono profondamente contraddittori, ma altrettanto profondamente significativi. In primo luogo, Maria è motivo di divisione tra le Chiese, la sua figura, il suo modo di intenderla, di pregarla, di venerarla, genera –di fatti – divisioni (dottrinali) importanti. In secondo luogo, però, Maria è strumento di raccordo, o meglio direi di confluenza. Ritengo che proprio in virtù della contraddizione che genera, la Donna di Nazareth sia anche una ragione di sintesi perché in Lei confluiscono numerose dispute dottrinali che trovano l’armonia perfetta nella immutata creaturalità che apre misteriosamente anche alla divinità del Padre, in Cristo uomo-Dio, per la pienezza dello Spirito. Questo legame triplice e unitario con la Trinità fa sì che Maria nel Padre dia accesso alla Cristologia, in Cristo si riconosca madre della Chiesa e apra alla pneumatologia; per mezzo dello Spirito è madre del proprio Figlio e apre alla soteriologia e perché inserita nell’economia salvifica nella sua immutata creaturalità apre ad una visione nuova dell’uomo, ad una rinnovata antropologia.

Lavorando al testo ho compreso a pieno che Maria non è una donna eterea e disincantata, una sorta di semi-divinità staccata dalla realtà terrena: credere questo – deve essere chiaro – significa credere una eresia di fatto che misconosce l’umanità di Maria, non riconoscendola nei fatti. Il titolo di Madre di Dio ci dice proprio questo: a Maria si deve guardare nella sua piena umanità, è madre, sebbene la sua maternità abbia generato – in pienezza di Spirito – Dio Figlio realmente divino, ma tale perché anche realmente umano. Se la mariologia non tiene conto di questo, sostanzialmente è una mariologia inutile, fideistica, dannosa.

La suggestiva cornice della Sagrestia Monumentale del Bramanteù

Vorrei concludere dicendo anche il mio stupore per questa serata.

Non è un segreto che questa ricerca è stata per me un lavoro accademico di licenza che non avrei mai pensato di pubblicare, ecco dunque il primo sentimento che affiora, ed è affiorato nei giorni scorsi.

Questo stupore si fa anche ringraziamento. Il Cardinale Angelo Comastri ha iniziato la sua prefazione a questo testo dicendo grazie per la ricerca e lo studio. Colgo l’occasione per ringraziare Sua Eminenza non solo per il dono del suo scritto di apertura al testo, ma anche e soprattutto per la gentilezza e la paternità che ha usato nei miei confronti.

Perché questo grazie però non restasse solo una bella parola, ho voluto che il mio grazie fosse sinceramente significato da un gesto.

Papa Francesco nell’omelia del 1 gennaio del 2018 diceva che in Maria “l’uomo non è più solo, non è più orfano, ma per sempre figlio”. Se sempre figlio allora sarà anche sempre fratello e per tale ragione tutto quanto verrà ricavato dalla vendita di questo libro sarà destinato ai piccoli fratelli della Terra Santa, colpito dall’orrore della guerra. Per l’egoismo degli adulti tanti bambini soffrono e allora, facciamo in modo che per la bontà di alcuni adulti i bambini trovino anche un po’ di sollievo.

Tutto questo stupore si fa ringraziamento in un concetto semplice, ma significativo: l’umanità. Quella stessa che non dobbiamo perdere in Maria. Sarebbe questa la sintesi di tutte le pagine del libro, se dovessi darla: guardare a Maria nella sua umanità di madre, senza che si annulli nel devozionismo ora troppo pneumatologico, ora troppo cristologico. Bisogna guardarla illuminata ed illuminati dalla lice di Dio nella corretta percezione del suo ruolo immutabilmente creaturale. Così esprime a pieno il suo munus di unione tra terra e cielo per una visione sempre meno aspra e più addolcita delle diversità che non devono dividere, ma come in Maria, essere motivo di confluenza, di armonia.

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