Entriamo nella XXVIII domenica del Tempo Ordinario con una riflessione sugli sguardi: lo sguardo che abbiamo su noi stessi, lo sguardo di Gesù sulla nostra vita, lo sguardo che ha Pietro di fronte alla propria sequela di Gesù.

Lo sguardo del tale

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?».

Quest’uomo dev’essere stato un tipo molto plateale, tanto da correre incontro a Gesù e gettarsi di fronte a lui, o forse davvero genuinamente interessato e insoddisfatto di tutto ciò che aveva fatto fino ad allora. Cosa devo fare… per avere? A volte anche noi vogliamo fare, ottenere, accumulare, conquistare la vita eterna a colpi di merito. Gesù lo riporta all’alleanza di Dio con l’uomo:

Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».

Conosciamo tutti i dieci comandamenti e forse li osserviamo pure, e da molto tempo anzi, quasi una stanca ripetizione sterile di una legge. Si narra un aneddoto di un tale che va a confessarsi: “Padre, non ho ucciso, non ho rubato, ho osservato tutti i comandamenti: le mie mani sono pulite”. “Lo vedo, figliolo, ma sono anche vuote”. Non si tratta solo di quali limiti rispettare, ma di cosa fare di creativo per amore di Gesù, per l’amore che da lui riceviamo… ed è qui che Gesù vuole portare il tizio del nostro vangelo:

Photo by Beyzanur K. da Pexels

Uno sguardo d’amore

Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.

Gesù rimane ammirato da questo tale: davvero aveva osservato ogni comandamento ed era una brava persona. Ma non basta essere brave persone, se non riconosciamo questo sguardo fisso d’amore su di noi. In greco, si utilizza il verbo emblèpsas, che significa: lo guardò dentro. Siamo come trasparenti davanti a lui, nulla di noi gli è nascosto.

Come dice la seconda lettura di oggi, “La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.” (Eb 4,12-13). E noi, sentiamo di poter essere veri, di poter essere noi stessi, senza finzioni, di fronte allo sguardo di un Dio che ci ama?

Il ragazzo se ne va triste, perché non ottiene da Gesù una rassicurazione, ma un invito a disfarsi di ogni sua sicurezza per porre la sua vita in quello sguardo d’amore… solo in esso noi possiamo vivere liberi. Ma il tale prese una decisione diversa, e il suo cuore rimase legato a quelle tante cose che gli davano sicurezza, impedendogli di seguire Gesù.

Foto di Craig Adderley da Pexels

Lo sguardo di Pietro

E a volte anche noi abbiamo lo sguardo di Pietro, lo sguardo di chi ha già lasciato tutto e non si sente soddisfatto, rimarcando a Gesù il sacrificio fatto. Ma Gesù accoglie anche Pietro, e lo rassicura:

Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».

L’amore dona tutto in uno sguardo, e chiede tutto con la vita. Chiede tutto in case, fratelli, sorelle, madre, padre, figli, campi. L’amore però, quando riceve tutta la nostra vita, ridona cento volte tanto in tutto ciò che abbiamo offerto, insieme a persecuzioni e alla vita eterna. Chi dona tutto non resta deluso, ma insieme al centuplo della vita non gli sono risparmiate le difficoltà e la certezza di sperimentare la vita eterna già oggi, la pienezza dell’esistenza. Quella pienezza che il giovane cercava con ardore, ma che non ha avuto il coraggio di cercare fino alla fine, fino alle estreme conseguenze, fino alla liberazione dalle proprie piccolezze, fino a ricevere una nuova identità di discepolo, come di colui che “segue l’agnello ovunque egli vada” (Ap 14,4).

Per riflettere…

E noi, in quale sguardo ci ritroviamo? Abbiamo lo sguardo del giovane, che cerca certezze? Viviamo nello sguardo del Signore, che dona senso alla nostra vita? O nello sguardo di Pietro, che con stanchezza rimarca le scelte fatte? In ogni sguardo, Gesù è presente e si fa vicino nella nostra vita, indicandoci la strada da seguire…

Buon cammino!

Emanuela – Si naturale

Link all’ultimo commento al Vangelo: https://www.legraindeble.it/lo-sguardo-del-mistico/

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