Il mio piccolo lagar è una raccolta di pensieri sparsi nati dal cuore e dalla penna di un’anima contemplativa.
Quando mi hai donato la vita essa si è impossessata di me con un tale corredo genetico ed esistenziale che la strada ha subito rivelato la salita.
Balzando al tempo dei ricordi nei quali si intessono le prime relazioni e iniziano a crescere con noi le difficoltà di essere capiti, l’illusione che questo avvenga in luogo di una “sana” presa di coscienza delle realtà…il botto non tarda ad esplodere e i grovigli ormonali e l’affettività la fanno da padrone davanti a un’evidenza cieca di una ben consigliata “prendi la fuga”.
Capisco che non si capisca niente, oggi, come allora, spero, prima della visione beatifica…o del coperchio della bara qualcosa emerga più chiaro.
Questi pensieri sparsi nascono dalle mie rabbie, sofferenze, rifiuti, persecuzioni, ma non Solo. Il mio lager è associato a un luogo fisico inizialmente. Scavando più a fondo è la condizione nella quale mi lascio intrappolare dal nemico quando, tesse le trame e l’ordito di una ragnatela che sembra lasciar penetrare la luce rivelandosi poi prigione perché non permette che io viva al Sole.
Si questo è il centro, Tu, il Sole e il nostro Noi. Tutto cambia quando nel freddo e nel buio della mia solitudine abbandonica Tu intervieni e mi ridoni la vista.

Foto di Jimmy Chan: https://www.pexels.com/it-it/foto/corridoio-con-finestra-1309902/
Il lager e la liberazione
Dal Lager non si esce da soli, si può solo essere liberati. Il cammino di liberazione però si snoda in un Noi necessario e condiviso.
La piccola luce che filtra dal buco della serratura del tugurio fa vibrare il cuore, fende le oscurità e l’eco primordiale, sopito, riaffiora.
Come quel respiro dal quale tutto ebbe inizio e prese vita e tu soffi di nuovo nelle narici del mio cuore , la memoria si desta…sì vale la pena vivere…perché qualcuno per primo mi ha amato e ha donato la vita per me.
Non sono semplici parole è la Parola incarnata che fende la morte delle nostre membra, l’amarezza dei nostri affetti non corrisposti e sbilanciati, o, quando ci ritroviamo già vecchi e non abbiamo amato e dato la vita ancora per nessuno. Lì e in qualsiasi altro luogo oscuro e dolorante della nostra esistenza, nella frattura del cuore tradito e a sua volta infedele può ancora entrare la Danza.
Grazie Figlio per tutte le volte che i tuoi baci mi rendono partecipe di quel movimento Trinitario che ridona la vita. Il bolo della Redenzione rende me figlia del Padre grazie ai quei baci, i Suoi baci. Ovunque mi troverò fiorirò nella tua Grazia. Non ci sarà pertugio della condizione umana nel quale io non potrò sbocciare. Solo tutti i sensi rivolti a Voi e alla vostra danza daranno direzione , senso e compiutezza alla mia vita.
L’illusione dell’Io
Ed ecco che un’altra illusione si infrange al di là dell’ombelico del mio, Io, centro del mondo. La brama egotica di essere capiti ribaltata nella sete di Dio e di capire Lui e gli altri.
Non è la solita lagna rassegnata: nessuno ti capirà se non Dio. Ma un’avventura in cui io sono io e Lui è Dio e io gli lascio la libertà di essere totalmente Altro, non l’interlocutore che io vorrei, prolungamento della mia ombra.
Ecco, si apre l’orizzonte della Sua Volontà. Quel disegno d’Amore nel quale io ci sono come tassello prezioso del mosaico “La creazione”.
Che fatica uscire da questo Lager dell’auto-centrismo!
Sì, nel cammino scopro che è una prigione sterile che uccide e ci impedisce di generare vita. Una gattabuia le cui pareti sono rivestite di amarezza e infelicità e i pavimenti lastricati di illusioni e aspettative che non bucheranno mai il cielo perché non hanno le ali dell’ascolto e dell’affidamento…
Se ti lascerò spazio per parlare il Tuo narrarti riedificherà in me la Tua dimora la Tua Parola rigenerando in me il Tuo corpo mi ritemprerà a eterna vita.
E quello che tu ci dici benché universale si fa’ carne in ciascuno diversamente per questo non è vano comunicarselo, anzi, prende colore ed espressione dall’unicità di ciascuno: “ti servi” della diversità nostra per renderti leggibile ad ognuno, con i colori del propria storia e del proprio temperamento prende corpo il mosaico della storia della Salvezza.
Un viaggio, il vino e i baci
Un viaggio attraverso i sensi che ci hai donati col capo chino sulla Scrittura che mi nutre e inebria. La vertigine del vino della Tua misericordia che mi fa assumere le fragilità nella coppa dell’accoglienza. I tuoi baci mi conducono al Tuo petto, le Tue viscere vibrano all’unisono con le mie e come un giorno mi donasti l’alito di vita, il Tuo vino mi mantiene nell’Amore ricevuto e ritemprato dal nettare nuovo del perdono.
E allora quell’ombelico sul quale mi ripiego, il lager di isolamento e centro dell’esistenza, si trasforma in imbuto di comunicazione.
Versi il Tuo vino in me. La Tua bevanda si propaga da ventre a ventre come una musica e una danza a ritmo di concordia. Quel foro dal quale mi nutristi riceve di nuovo il vino della Vita e della liberazione affinché la prigione torni ad essere angolo di fecondità……
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