Ciao Padre Francesco, voglio iniziare così questo breve ma emozionante saluto.

Parto da qui, da questa foto che descrive molto. Una piccola suora, come tante, ma non nel tuo cuore e nel cuore di tanta gente ad Ostia, racconta e descrive ciò che tu sei stato per molti di noi, gente delle periferie esistenziali.

Persone invisibili agli occhi di chi passa ma non da te, non da Dio. Tu ci hai fatto sentire visti, riconosciuti, amati.

E ci hai insegnato a fare altrettanto, a far quel passo in più, ad attraversare quella soglia. Al di là della paura, al di là della vergogna, al di là del chiacchericcio ci hai ricordato l’importanza del coraggio nel fare bene il bene.

A noi che ci sentiamo bloccati nella morsa del “buon senso” ci hai ricordato della bellezza di un Vangelo scomodo che ci fa muovere i passi verso gli ultimi.

Come quella sera, apparentemente solo, che incedevi su Piazza San Pietro, su di te la sofferenza di un mondo prostrato da un morbo invisibile ma devastante. Tu ti sei fatto intercessore umile ma senza paura.

Come domenica scorsa quando le ultime parole sono state di benedizione, ci hai benedetto tutti, un’ultima volta su questa terra. Tutti, tutti, tutti come ci hai ricordato a Lisbona. Tutti, nessun escluso.

Hai aperto le porte della Misericordia e della Speranza con questo Giubileo e non le hai chiuse, io spero e prego che anche tu ci sia passato in mezzo.

Ciao Francesco, padre, maestro e compagno di strada.

Puoi trovare altri articoli nel nostro blog Le grain de blè

Condividi questa pagina!