Eccoci di nuovo in viaggio in compagnia delle donne dell’Antico Testamento. Dopo aver camminato per un po’ al fianco di Rut, oggi ci accostiamo a Giuditta e al libro che porta il suo nome.

Introduzione al libro di Giuditta

In realtà Giuditta non compare subito sulla scena. La incontriamo esattamente a metà del libro, nell’ottavo capitolo. Il popolo di Israele è chiamato a vivere una serie di avvenimenti drammatici che appaiono senza via d’uscita e proprio quando tutto sembra ormai perduto fa il suo ingresso questa bellissima donna, coraggiosa e di grande fede, e proprio lei determinerà una svolta straordinaria negli eventi. Ma procediamo con ordine.

La smania di potere

Tutto ha inizio con una guerra voluta da Nabucodònosor, re avido, assetato di potere e disposto a tutto pur di ottenerlo. Egli non si accontenta di conquistare i territori per estendere i propri domini, vuole anche costringere i popoli sottomessi al culto idolatrico della sua persona. Nella sua malvagità simboleggia la superbia, l’ira, in particolare quando giura vendetta ai popoli che avevano rifiutato l’alleanza con lui, e infine la gola e l’ozio quando, dopo la vittoria sul suo nemico, si dà alla pigrizia e ai banchetti per centoventi giorni. Dopodiché lo vediamo convocare il suo generale supremo, Oloferne, e affidargli la spedizione punitiva contro i popoli ribelli, tra i quali rientrano anche gli Israeliti. A volte anche noi, come Nabucodònosor, con la scusa di difendere il nostro orgoglio, il nostro ‘io’ ferito, diventiamo sopraffattori e punitori dei fratelli. Ma vogliamo davvero che nel nostro cuore vinca sempre la prepotenza e mai la misericordia? Ci sentiamo davvero più liberi e felici quando rendiamo amara la vita dei fratelli?

Foto di Free-Photos da Pixabay.

La risposta degli Israeliti

Se molti sono i popoli che si arrendono e accettano di sottomettersi e venerare Nabucodònosor come un dio, gli Israeliti invece si rifiutano di barattare la loro libertà in cambio della salvezza. Hanno a cuore le loro vite ma, ancora di più, hanno a cuore il loro unico Dio e perciò decidono di organizzarsi per la resistenza, per la difesa delle loro città e della loro fede.

Se c’è una cosa che possiamo imparare dagli Israeliti e, più tardi anche da Giuditta, è il fatto che ci vogliono delle armi speciali per combattere il nemico o per superare una situazione drammatica, e cioè occorrono: la preghiera a Dio con suppliche e grida, il digiuno e l’offerta o sacrificio. Tutto questo muove a compassione il cuore di Dio, perché penso che non ci sia cosa più bella per un Padre che prendersi cura dei suoi figli, specialmente quando questi ultimi si vogliono bene, si aiutano e pregano gli uni per gli altri. “Il Signore ascoltò il loro grido e volse lo sguardo alla loro tribolazione” (Gdt 4, 13).

Foto di suju da Pixabay.

Mentre Israele invoca Dio, Oloferne, nella sua empietà – quasi fosse un Erode che consulta i magi – chiede informazioni sul popolo israelita ad Achior, condottiero degli Ammoniti. Costui dice la verità: “Un Dio che odia il male è in mezzo a loro” (Gdt 5, 17) e invita Oloferne a valutare con prudenza la bontà della spedizione. Di fronte a tali parole Oloferne si adira e fa cacciare Achior, che viene abbandonato nei pressi di Betulia e quindi ritrovato dagli Israeliti. E proprio tra gli abitanti di Betulia, si ‘nasconde’ la nostra Giuditta… Ma oggi non è ancora tempo per parlare di lei.

Per riflettere…

Siamo entrati nel Tempo della Quaresima che ci chiama a riscoprire la preghiera, il digiuno, il sacrificio, fondamentali anche nel libro di Giuditta. In questo Tempo prendiamo esempio dal popolo israelita e oltre a farci queste domande, cerchiamo anche di mettere in pratica le risposte che lo Spirito Santo ci ispirerà.

Quale fratello o sorella ha bisogno della mia preghiera, per chi sono chiamato a pregare?

Da quali abitudini inutili o superflue posso digiunare?

Quale momento della mia giornata aspetta di essere sacrificato cioè reso sacro, e quindi offerto, al Signore?

Foto di Ruvim da Pexels.
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