Siamo giunti alla XXXIII Domenica del Tempo Ordinario. Il vangelo ci offre una parabola che parla di talenti messi a frutto e di un talento che invece viene nascosto (Mt 25, 14-30).

Foto da pexels-pixabay.

Un talento che lascia liberi

Dio Padre affida alle nostre mani che sappiamo quanto possano essere incapaci e sporcarsi, i suoi preziosi beni – i talenti appunto – e poi che fa? Rimane lì a controllarci e opprimerci col fiato sul collo? Assolutamente no. Dio si allontana.

A prima vista non sembra così logica questa partenza perché Dio non ci ha mica affidato degli scarti o delle cose di poco valore, ma almeno un talento lo ha dato a tutti! E ai tempi di Gesù il talento era un’unità di misura corrispondente a più di 34 kg di argento: qualcosa di prezioso, abbastanza pesante, e sicuramente responsabilizzante. Dunque questa strana partenza ci rivela che Dio si fida esageratamente di noi pur conoscendo i nostri limiti e ci ama al punto da volerci rendere totalmente protagonisti della nostra storia. Liberiamoci della falsa immagine di un Dio-Dittatore che ci obbliga a fare questo e non fare quello, e sigilliamo nel cuore l’esperienza di Dio-Amore che ci chi-ama, ci affida qualcosa di prezioso, un talento, ma poi ci lascia i nostri spazi, rispetta la nostra libertà e unicità.

Foto di Лечение наркомании da Pixabay.

Un talento che rende unici

E proprio per onorare la nostra unicità, Dio non può fare a tutti gli stessi identici doni. Ecco perché a uno dà cinque talenti, a un altro tre, e a un altro ancora uno. Non è affatto un’ingiustizia! Anzi questa parabola ci fa capire che il punto non è fare i capricci e dire al Signore: “Che ci faccio con un talento solo? Se me ne avessi dati di più, allora sì che avrei fatto tante cose!”. Questa è una lamentela sterile che nasconde pigrizia, malvagità, invidia, oltre che una buona dose di paura. Il punto invece è comprendere che avere tanti talenti vuol dire avere altrettante responsabilità perché “a chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà chiesto molto di più” (Lc 12, 48).

Il punto è non sprecare i talenti ricevuti, ma partire da quello che c’è nel nostro oggi, non importa se è tanto o poco: infatti se mettiamo a frutto i doni del Signore, li vedremo moltiplicarsi, raddoppiarsi come accade ai servi buoni e fedeli nella parabola. Il punto è metterci in gioco nella vita perché Dio si fida di noi e perché qui sta la chiave per essere santi e pienamente gioiosi.

Foto di Andrew da Pexels.

Per riflettere

Quali sono e dove sono i nostri talenti? Abbiamo anche noi un talento sotterrato in una buca? Che cosa aspettiamo a metterlo a frutto?

Stiamo rendendo utile la nostra vita per qualcuno oppure ci nascondiamo per pigrizia, egoismo e paura?

Condividi questa pagina!