Raccontaci di quella volta che hai incontrato Gesù!
Concorso di scrittura “Penne nascoste”

Alla scoperta degli ultimi

«Sono Andrea e ho un grosso difetto: mi annoio quando le persone tengono monologhi troppo lunghi.
Sono l’ideatore della regola dei nove minuti: se dopo nove minuti non hai catturato la mia attenzione, mi viene sonno e, invariabilmente, le palpebre calano anche contro la mia volontà, perché so bene che non è correttissimo addormentarsi mentre gli altri parlano.
Eppure, mi succede spesso, più spesso di quanto io sia disposto ad ammettere. Ed è capitato anche quel pomeriggio, uno dei tanti pomeriggi passati assieme ai fratelli della Gioventù Francescana di Palermo. In quel momento, abbiamo invitato una persona per farci la solita catechesi, il solito “seguite il Vangelo”, insomma parole che sembrano trite e ritrite. Sembra tutto realizzato apposta per farmi addormentare per l’ennesima volta.
E, in effetti, mentre la persona in questione regala il suo pezzo, la mia mente comincia a fluttuare, regalandomi quasi un’esperienza extra corporea: penso a cosa mangiare per cena, immagino situazioni e contesti di ogni tipo, mi metto a pensare ai miei compagni di fraternità e a quanto valga il Vangelo per loro.
Ciascuno porta davanti al Signore il proprio bagaglio di ferite e fragilità, ma certo, questo lo sappiamo. Solo che… mi ritrovai a pensare che manchi qualcosa, o qualcuno.
Qualcuno, non la Q maiuscola.

Tra loro, siamo disposti in cerchio, c’è Matteo (nome fittizio, N.d.R.), un ragazzo con ridotte capacità motorie, affetto da paresi cerebrale. È un’enciclopedia vivente per quanto riguarda le sue grandi passioni: il calcio femminile e le automobili. Tutti gli vogliamo bene, anche quando risulta pedante con le domande o quando interviene nelle discussioni facendo un monologo anche lui.
E, ogni tanto, sbava. E sbava anche in quel momento, e provo una gran pena per lui. Matteo non lo sa, non ne è ben conscio, ma porta con sé un peso che io non sarei capace di portare.
A un certo punto, un altro ragazzo gli si avvicina come sempre e gli pulisce la bava dalla bocca. Io osservo bene cosa succede. Certo, l’ho visto tante volte, ormai sono abituato ai bavaglini e ai bisogni che un ragazzo come Matteo ha. I vividi occhi azzurri di cui dispone sembrano piantarti lì ed esporti alle intemperie.
Ed ecco che mi viene in mente ciò che ha detto una suora una volta: “Dio lo trovi negli ultimi”.
Ecco. Il mio fratello della Gifra ha pulito la bocca a Matteo. Lui, Matteo, ha ringraziato.
Dio lo trovi negli ultimi. Matteo è, inequivocabilmente, un ultimo.
E se il suo grazie biascicato fosse un Grazie dettato da una Persona più in alto di noi? È a questo che penso, e mi metto le mani alla bocca, e mi viene la pelle d’oca e, quasi, mi scordo di respirare.
È Matteo che ha detto grazie. Dio lo trovi negli ultimi.
“Qualunque cosa voi abbiate fatto a questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me”.
Così recita, implacabile, il versetto del capitolo 25 del Vangelo di Matteo, l’Apostolo che era stato pubblicano e si è convertito, e quindi conosce meglio degli altri tre cosa vuol dire aver fatto l’esperienza del Risorto.
Assieme a Levi, abbiamo Pietro, abbiamo Paolo, abbiamo Tommaso, tutti Santi. Sono sicuro che ciascuno di questi Santi chiamino ancora a convertirsi.
E io, da pover’uomo in cerca di risposte, mi sento devastato. È dunque questo il Vangelo. In un semplice gesto come pulire la bocca di un ragazzo che, da solo, non ce la fa.
Sono Andrea e ho un grosso difetto: mi addormento dopo nove minuti.
Certamente, dopo questo episodio, avrò un motivo in più per vegliare».

Ad Andrea va il Premio Santa Teresa di Calcutta, per averci scosso con la sua testimonianza che ci invita a parlare di meno e agire di più, perché Dio non si trova nei discorsi ampollosi, ma nei piccoli e concreti gesti d’amore.

Grazie Andrea! Dio ti benedica!

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