Dopo aver accolto la chiamata alla bellezza, oggi siamo pronte per scoprire, con Giuditta, che la bellezza può essere vissuta come una missione.
Rimasero ammirati…
Giuditta parte insieme alla sua ancella, dopo aver preparato gli approvvigionamenti necessari: ha intenzione di recarsi nel campo dei nemici assiri. Arrivata alle porte della città di Betulia le vengono incontro Ozia e gli anziani Cabrì e Carmì.
Costoro, quando la videro trasformata nell’aspetto e con gli abiti mutati, rimasero molto ammirati della sua bellezza e le dissero: «Il Dio dei padri nostri ti conceda di trovar favore e di portare a termine quello che hai stabilito di fare, a gloria degli Israeliti e ad esaltazione di Gerusalemme». (Gdt 10, 7-8)
Questi personaggi contemplando la bellezza di Giuditta, pensano immediatamente a Dio, si rivolgono a Lui, invocando la Sua benedizione sull’impresa della donna. Ma … siamo sicuri che la santa reazione di questi capi anche oggi possa essere da noi così facilmente e immediatamente riprodotta?
Il tranello nella bellezza
Se il sì che diciamo a Dio e alla nostra vita, ci aiuta a riconoscerci belle, è anche vero che possiamo vivere in modi diversi questa bellezza. Purtroppo il Nemico spesso nasconde delle trappole nelle cose belle che Dio ha creato. Può accadere infatti che la bellezza diventi lo strumento di cui disponiamo e di cui ci serviamo per collezionare gli sguardi e gli apprezzamenti altrui, il mezzo per possedere o condurre a noi, gli altri. Se imbocchiamo questa strada, la nostra bellezza resterà tale, anzi forse risulterà anche ‘potenziata’ da un certo nostro atteggiamento ammiccante e provocante. Ma così vissuta, la bellezza diviene un’ossessione estenuante e perdipiù sterile, fine a se stessa.
Invece, com’è più bello ascoltare l’insegnamento di Dio e della Chiesa e vivere la bellezza come un dono prima di tutto ricevuto, e poi ridonato agli altri! Dobbiamo lasciarci condurre dalla logica dell’amore: solo così la nostra bellezza potrà divenire fertile, dare vita, e attirare gli altri non a noi, ma alla Persona di Cristo, fonte di ogni Bellezza.
Quando ci prendiamo cura della nostra bellezza perché vogliamo essere un dono per i fratelli e le sorelle, allora essa si compie, fiorisce ancora di più, perché in fondo è una risposta d’amore a Dio.
Si ama con il corpo
Non credo si possa parlare di bellezza senza parlare anche di corpo.
Il nostro corpo non è un accessorio, un mero ornamento, ma ha una missione importante. Il corpo ci serve per fare della nostra vita un dono! Proprio così. È con il corpo che amiamo e doniamo la vita ai fratelli. E questa missione è particolarmente evidente nel corpo di una donna che è fatto apposta per dar vita, che serve per donare l’esistenza a qualcuno, e non per toglierla.
Il contrario del dono infatti è l’appropriazione, il possesso, che portano a relazionarsi agli altri soltanto per ottenere una gratificazione. Invece, se prendiamo sul serio, quali autentiche discepole del Signore, l’invito ad essere un dono per gli altri, allora cominceremo anche a relazionarci gratuitamente con chiunque, senza secondi fini.
E piano piano ci verrà spontaneo guardare il prossimo con gli occhi della gratuità, proprio come fanno i capi di Betulia nei riguardi di Giuditta. Il che non vuol dire restare indifferenti davanti alla bellezza di un fratello o di una sorella! Ma significa accorgersene e rendere la bellezza altrui un motivo per cui lodare Dio.
Vi lascio alcune proposte su cui riflettere e – perché no? – da mettere in pratica.
–Prendermi cura del mio corpo così da essere un dono per gli altri.
–Benedire Dio quando scorgo bellezza in qualcuno, senza voler esibire atteggiamenti seduttivi.
–Stare in preghiera perché la vicinanza a Dio mi abbellisce, la lontananza da Dio mi imbruttisce.