Alla cena dell’Agnello: il silenzio della liturgia che diventa ascolto profondo

Carissimi amici ci avviamo verso la fine di questi nostri incontri virtuali sulla celebrazione eucaristica. Abbiamo concluso ieri, con la solennità di Pentecoste, il grande tempo Pasquale. Oggi riprendiamo il tempo ordinario. Un tempo che non è inferiore agli altri momenti dell’anno liturgico, ma che ci offre l’occasione di accogliere nel nostro cuore e custodire in esso gli eventi che abbiamo appena celebrato.

Photo by Christopher Sardegna on Unsplash.

Vorrei porre alla vostra attenzione uno degli elementi fondamentali della celebrazione eucaristica, forse il più trascurato: il silenzio. Davvero nella liturgia eucaristica è contemplato il silenzio? Sì, e potrei dire, parte essenziale della stessa celebrazione.
Il silenzio infatti potremmo intenderlo come una condizione esteriore che favorisce il raccoglimento e dunque la celebrazione. Certamente. Ma il silenzio è molto di più: non è un’assenza di suoni e parole, il silenzio è anzitutto un “clima interiore”. È una condizione interiore gravida di “presenza”.

Facciamo un esempio che può apparire banale ma che in realtà dice tanto rispetto alla nostra tematica. Pensiamo a due innamorati. Quando stanno insieme non hanno tanto bisogno di parlare, ma preferiscono vivere i loro momenti intensi nel silenzio. Il silenzio è il grembo della presenza, del mistero che avvolge e travolge. E cos’è la Santa Messa se non un invito a partecipare al mistero d’amore di Dio che si è rivelato in Cristo Gesù? Per questo motivo all’interno della celebrazione eucaristica vi sono molte pause di silenzio, perché favoriscono l’accoglienza di ogni momento della Santa Messa.

Pensiamo alla pausa di silenzio per riconoscere i propri peccati e chiedere misericordia. Oppure poco prima dell’orazione colletta, il presidente invita l’assemblea al silenzio dicendo: “Preghiamo”. Lì si vive quel silenzio necessario per presentare la propria intenzione di preghiera che il celebrante raccoglierà e presenterà al Signore. Pensiamo anche al silenzio dopo l’omelia per interiorizzare la Parola proclamata e spezzata. Ancor di più al silenzio della consacrazione. Il silenzio adorante è la massima risposta che l’uomo può offrire al Dio che gli viene incontro. Pensiamo infine al silenzio della comunione. È silenzio contemplativo di piena partecipazione al mistero d’amore trinitario che si riversa nella Chiesa radunata e inviata.

In definitiva il silenzio ha a che fare col mistero di Dio. Non a caso la radice della parola mistero (dal latino mysterium, da cui il termine successivo sacramentum) deriva dal greco myein che significa chiudere la bocca, serrare, tacere. Dinanzi al mistero che si presenta regna il silenzio partecipativo. Il silenzio è anche sfondo, orizzonte, dal quale emerge la Parola, emerge il dialogo, il canto, la musica. Cosa sarebbe infatti una melodia senza le pause di silenzio?

Così la Santa Messa: è domanda e risposta continua tra il Signore e noi. Non solo, ma anche dialogo, armonia, musica. Concludendo, il silenzio è la colonna sonora del cristiano, ma non perché debba stare zitto, anzi…il silenzio è quello sfondo interiore da cui la parola del cristiano risuona con tutta la sua forza e dirompenza. La sua parola è gravida di quella Parola che spezza i ripiegamenti individualistici per aprire i cuori alla comunione piena. Una comunione che trova la sua fonte e il suo culmine nel silenzio dell’eucarestia.

Fra Daniele Moffa

Qui il link della scorsa puntata.

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