Curiosi di leggere la seconda parte dell’intervista a ForJay? Eccola di seguito.

Nella canzone “L’inventore” dici che ti si è avverato un sogno quando hai capito che bastava solo essere ciò che sei. Il tema dei sogni torna anche in altre canzoni, come “Contro la Corrente” e “Si può fare”. Cosa sono per te, questi sogni?

«Per me i sogni sono una forma di resilienza contro una società che impone una tabella di marcia serrata, la quale fa estremamente male perché “ti riempie le tasche prosciugandoti le ore che servivano per fare del tuo sogno il tuo volere” (cit. “L’inventore”). Sono riuscito a distaccarmi da questa mentalità asfissiante quando mi sono reso conto che Gesù ci invita ad essere come bambini; e i bambini sognano tanto: ecco la chiave di volta, e di svolta. Io sono tornato alla risposta vera che davo alla domanda: “Che cosa vuoi fare da grande?”; rispondevo che volevo fare l’inventore. Solo poi ho capito come, e cosa significasse.

Evidentemente oggi abbiamo paura di rispondere sinceramente a quella domanda, perché abbiamo paura dei sogni, in quanto da questi nascono necessariamente dei cambiamenti; e questi cambiamenti, a loro volta, fanno paura, costano fatica e spesso sono scomodi, ma senza dubbio ci aiutano ad andare contro corrente, si, ma in direzione della Vita. Non a caso in “Contro la Corrente”, che prima hai citato, parlo di un pesce (il salmone, n.d.r.). Questo nasce nell’acqua dolce; dopodiché scende nell’acqua salata, a favore di corrente; infine, per deporre le uova e dare nuova vita, deve risalire la corrente, ritornando all’acqua dolce, e spesso perdendo la propria, di vita.

Per me è questo il senso di quello che ci dice Gesù quando ci ammonisce di sforzarci di entrare dalla porta stretta. Passare per la porta larga è comodo; scegliere la strada in discesa è facile, è attraente, ed io la conosco, perché l’ho percorsa, ma c’era una forza dentro di me che mi spingeva a tornare indietro; così più scendevo, più quell’istinto mi tormentava. A tal punto che ho abbandonato la musica per diverso tempo, seppellendo i miei talenti. Poi, una sera, inaspettatamente, quando ero ancora un disastro, ho conosciuto un ragazzo molto improbabile che ha sollecitato quella corda ferma, e mi si è riaperto un mondo. In quel momento ho ricominciato a “nuotare” verso l’acqua dolce.»

Ufficio Stampa ForJay

Ed è un po’ questo ciò che vuoi fare con la tua musica, giusto?

«Si, esatto, andare “contro la corrente” è ciò che intendo fare anche con la mia musica: parlare di Dio, ma non direttamente. “Sporcarmi”, per così dire, del “mondo”, così che tutti possano capire il messaggio che voglio trasmettere, che però non è del mondo. Affinché possano mettere in luce le fragilità e le domande degli altri, le mie canzoni possono funzionare solo come quel ragazzo improbabile che ha sollecitato — e risvegliato — questo mio talento dormiente. Per usare una metafora letteraria, sono un “cavallo di Troia” che entra nella roccaforte del cuore sotto copertura, per poi “attaccare” con amore i dubbi e i sassolini nella scarpa che chiunque ha; una provocazione da cogliere, insomma, che spero aiuti a porsi delle domande sulla propria vita.»

Permettetemi una considerazione, per salutarci: è bello — e necessario — uscire da noi stessi e dalle nostre comodità, dal tepore delle nostre coperte e dalla sicurezza del nostro mantello, ed urlare, come Bartimeo; solo non per salvare noi stessi, ma per portare la salvezza anche agli altri, perché gratuitamente abbiamo ricevuto, e gratuitamente possiamo dare. E così facendo, raccontare a tutti, “fino agli estremi della terra”, che è possibile vivere nella gioia piena.
Per dirla come ForJay: parlare di Cristo senza le parole, ma con esempi concreti, con la vita, con la musica e soprattutto con Amore, si può fare; si può fare, sempre!

Ufficio Stampa ForJay

«Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri». (Gv 13, 35)

Serena Lambertucci

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