“Quella pietra quasi faceva comodo ai discepoli e alle donne. Metteva la parola fine su una storia che sembrava senza senso, chiusasi in una maniera violenta e che aveva ferito tutti.” Ci facciamo accompagnare da Francesco Pacia nello squarcio che il Cenacolo offre alle nostre vite chiuse, a volte così troppo adagiate sul già noto: il Signore è Risorto!

III Domenica di Pasqua 14 aprile

In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane. Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni». (Lc 24, 35-48)

Una pietra che chiude

Tutti i racconti della risurrezione insistono sull’angoscia di fronte alla pietra sepolcrale, che pare chiudere ogni speranza, distruggere ogni possibilità; serpeggia la frustrazione che essa ingenera nelle donne, ma appare – quasi a scuoterci – anche la sorpresa davanti alla sua inconsistenza, quando la vedono rimossa. Quella pietra quasi faceva comodo ai discepoli e alle donne. Metteva la parola fine su una storia che sembrava senza senso, chiusasi in una maniera violenta e che aveva ferito tutti. E queste ferite, queste delusioni, questa incontrollabile paura – cose tutte che conosciamo molto bene nella nostra vita – non vanno via neppure davanti a quella pietra ribaltata, annunciatrice di un finale inaspettato, neppure davanti a quei tre o quattro che avevano visto la tomba vuota o ai due di Emmaus che aveva persino conversato con il Risorto, fascinoso pellegrino sulle strade della loro ritirata, diventata attraverso di lui trampolino di lancio della gioia pasquale.

E allora il Vangelo di oggi ci riporta di nuovo a quel cenacolo chiuso, sbarrato ugualmente da una pietra più grande e più problematica di quella del sepolcro. La pietra dell’incredulità, della paura, della comunità ferita, di una vita che non ingrana, che è spezzata, che è bloccata. Così ci sentiamo anche noi. Ma la chiusura e il blocco non sono insormontabili per il Risorto. Questi ha sfondato la parete della morte, e può sfondare ora la parete della chiusura dei suoi. Viene… e mostra le sue ferite, annuncia la pace e perdona. Sfida il dubbio che serpeggia nel cuore, il dubbio, quella grande debolezza dell’uomo, perché lo frena, lo paralizza, lo chiude.

Un cuore ricreato

Proprio nel momento in cui i discepoli mostrano il peggio di sé, perché dopo aver lasciato solo il maestro, averlo tradito, rinnegato, e anche screditato nella loro incredulità, perché ostinatamente vogliono credere più alle loro paure e pietre sepolcrali che a lui, proprio allora il Risorto fa la meraviglia delle meraviglie: ricrea il cuore dei discepoli donando la pace, che scioglie tutte le tensioni che si portavano dentro, e creando la comunità: nel perdono che dice che l’Amore è più grande di qualunque errore e peccato, più forte della morte, nel perdono che sapranno darsi e annunciarsi a vicenda lui sarà presente. Nella pace, che mette fine e resa a ogni tentativo umano, troppo umano, di fuggire dall’amore, di fuggire dagli altri e da Lui.

La Chiesa, la comunità è questo: il luogo dove lo Spirito circola per ricreare cuori e storie attraverso la testimonianza e la condivisione reciproca, il luogo dove il Risorto è e rimane per sempre, anche se non è visibile. Anche se c’è chi dubita e non riesce a vedere in quella realtà così complicata la sua presenza! Anche se c’è chi crede più al fantasma che alla carne e alle ossa del Risorto!

L’eccessiva passione per la realtà

È singolare che il Risorto abbia carne e ossa! All’uomo che pecca di eccessiva irrealtà il Risorto, invece, fa vedere la sua eccessiva (passione per la) realtà: la sua realtà, umano-divina, che profuma della nostra creaturalità, che ha bisogno di mangiare per vivere, e della sua divinità, che vive per lasciarsi mangiare e spezzare. Nel suo Corpo di Pane, come nel suo Corpo di Verbo e Parola, che apre davanti allo sguardo e all’intelligenza dei suoi perché in essi trovino la prova e l’evidenza della risurrezione: la sua fedeltà, la fedeltà di Dio, alle sue parole, alle sue promesse consegnate nella storia agli uomini, al suo popolo.

La fedeltà di Dio, nella Risurrezione del Figlio, squarcia il Cenacolo, ne fa grembo di gioia per tutti, abbraccio che contiene l’intero mondo. E io sarò ostacolo o mezzo di questa gioia pasquale?

*Il testo è apparso su Kairós. Comunità vocazionale Diocesi di Nola, Anno II, n° 2 – 28 marzo 2024, p. 13.

Francesco Pacia

Per leggere la meditazione della scorsa domenica, segui il link: https://www.legraindeble.it/ferita/

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