Nell’anoressia il mio incontro con Cristo Gesù è una testimonianza di Maria Giulia che vuole aiutare chi vive questa enorme fatica affinché non si spenga mai la Speranza.

Questa pandemia sta mietendo vittime non solo tra i contagiati da questo terribile virus. Purtroppo, c’è una categoria di persone che in questo momento sta soffrendo chiusa tra le quattro mura domestiche con un nemico che gli sta sempre dinanzi: il cibo. 

Per chi soffre di un DCA (disturbo del comportamento alimentare) questa situazione rischia di trasformarsi in una miscela letale a cui difficilmente un vaccino riuscirà a porre rimedio. E non parlo per sentito dire. Se ho deciso di espormi è perché contro quella bestia che mi abitava dentro, ho lottato per ben 15 anni della mia vita. Ora ho 30 anni ma mi sono ammalata all’età di 14 anni e ne sono uscita definitivamente a 28. Parlo sempre poco di questa parte della mia vita ma non perché io voglia cancellarla, anzi. Se ho deciso di farmi avanti e raccontare la mia storia è perché in parte, sono anche grata a quel male. È stato quello infatti il luogo in cui ho fatto quell’incontro che mi ha cambiato, anzi che mi ha salvato la vita.

Ho passato metà della mia vita a guardarmi allo specchio e non con i miei occhi ma con quelli degli altri. Mi sono sempre assolta e a tratti mi piacevo, solo perché c’era il consenso degli altri. L’anoressia e la bulimia, a cui facevano da contorno depressione, attacchi di panico e disturbi ossessivi compulsivi, sono sopraggiunte quando questi consensi sono svaniti. Vi sto raccontando tutto ciò perché è questa la fossa, che io stessa mi ero scavata e in cui Cristo ha scelto di scendere a tendermi la sua mano per salvarmi. E’ questo il luogo in cui Gesù venne a chiamarmi per nome e a farmi conoscere il suo Amore, un Amore che a me era totalmente sconosciuto. Cristo mi stava chiamando ad una conversione totale che voleva dire prenderlo per mano, uscire dalla fossa della malattia per poter tornare ad essere illuminata da una nuova luce, la Sua Luce. 

Avevo fame. Una fame che mi divorava e che nulla aveva a che fare con il cibo, perché era una fame d’Amore. Avevo sete, una sete non colmabile con l’acqua di cui necessariamente abbiamo bisogno per tenerci in vita. Piuttosto, era la stessa acqua che Gesù offrì alla Samaritana nel Vangelo di Giovanni quando dice: “Chiunque beve quest’acqua avrà di nuovo sete, ma chiunque berrà quell’acqua che io gli darò non avrà più sete in eterno”. Queste consapevolezze sono sopraggiunte solo quando venni liberata dal dolore, dalla disperazione, dalla rabbia e dall’odio che mi stavano divorando l’anima e il corpo. Mi professavo atea, per non dover sostenere i giudizi da parte di quelli che posso definire conoscenti e non amici. Proprio in questa fase ebbi un incontro con una suora di clausura, una piccola serva di Dio che comparve quasi per caso e a termine di una lunga conversazione, mi disse. “Tu tornerai, tornerai dal Padre tuo e scoprirai l’Amore”. Non feci caso a quelle parole, le lasciai scivolare. Me ne ricordai solo moltissimo tempo dopo quando mi accorsi che qualcosa dentro di me stava cambiando o meglio, che qualcosa in me stava nascendo e crescendo. Mettendomi in ascolto della sua Parola, sentii che solo l’Amore di Cristo poteva salvarmi dall’abisso in cui ero caduta. Stavo pian piano prendendo consapevolezza di non essere felice e di quanto invece desideravo esserlo. 

Dopo la maturità mi iscrissi alla Facoltà di Filosofia e ricordo ancora tutte le notti insonni passate in quella stanza debolmente illuminata da una lampadina gialla, dedicate allo studio personale, perché durante il giorno con le lezioni non avevo molto tempo a disposizione. In quell’affannata ricerca della Verità, cercata per lo più tra i libri degli scolastici medioevali, prove dell’esistenza di Dio e formule di logica, capii che la Verità che risiedeva nella Croce doveva essere guardata, non con gli occhi della ragione ma con quelli cuore. Se la guardassimo con gli occhi della Ragione, quale padre sacrificherebbe suo figlio per un’umanità di peccatori? Ma basta cambiare prospettiva e quel sangue versato acquista tutt’altro significato. E’ la logica dell’Amore. Solo l’Amore infinito di Dio Padre verso i suoi figli può spiegare la Croce. Ed è tra quelle braccia spalancate che Lui mi stava chiamando a sé. Ancora in me risuonano le parole di Sant’Agostino: “Ama ed Egli si avvicinerà, ama ed Egli abiterà in te”. Il Signore mi stava chiamando a sé. La mia fame d’Amore finalmente poteva essere saziata da colui che aveva dato la sua Vita per me, per salvarmi e farmi risorgere donandomi la libertà. La vera libertà.

Così, dopo tanti anni, decisi di fare il primo passo: la confessione. Successivamente sentii tutto il calore del perdono e della misericordia di Cristo dentro di me. Capii quanto il peccato e il male che stavo infliggendo a me e agli altri, mi stava sottraendo il dono più prezioso: la Vita. In questa Vita era entrato qualcosa di bello e unico. Il linguaggio umano non sarà mai in grado di descrivere cosa in me stesse nascendo e crescendo. Tuttavia, la malattia era sempre lì con me e lo confesso, facevo difficoltà a non cadere alle tentazioni di questo male. Ma nonostante io continuassi a crogiolarmi nel sintomo, Gesù non voleva abbandonarmi. Quante volte mi sono girata di spalle. Quante volte ha tentato di tendermi la mano con la sua Parola ed io la rifiutavo. Ricordo ancora quella sera, quando ancora studentessa universitaria, chiusa in camera ed in preda ad un pianto che implorava aiuto, presi il Vangelo: “Non Voi avete scelto me, ma io ho scelto Voi”. Questa fu la sua Parola che poi mi si riproporrà anche in altri momenti della mia vita. 

Ci sono voluti ben 15 anni affinché io mi decidessi a fare qualcosa, perché non ho fatto i conti solo con la morte spirituale. Anche il corpo, più di una volta, ha rischiato di abbandonarmi. Dovevo fare una scelta: o la serena schiavitù della malattia oppure la destabilizzante libertà del Signore. Dopo tante preghiere e alcuni colloqui con un Frate Cappuccino di Civitanova Marche, decisi di bere finalmente di quell’acqua. 

Cristo è stato in quella fossa con me, sporca di dolore e di peccato senza mai stancarsi, nonostante i miei costanti rifiuti. Cristo era lì dove io soffrivo e mi stavo facendo del male. Che cosa ero disposta a fare e a dare io per seguirlo? Decisi di affidarmi alle cure di specialisti. Ho sofferto molto in quella clinica a Bologna ma tanto è stato l’aiuto e il supporto che ho ricevuto. Guarire da un disturbo alimentare è una dura battaglia che solo con l’aiuto umano non sarei stata in grado di combattere. Infatti, è soprattutto nelle mani del Signore che mi sono abbandonata, affinché mi desse la forza di compiere ogni passo. Non volevo più tornare su un letto di ospedale attaccata a delle flebo perché mi dessero nutrimento. Desideravo mangiarla anzi, strapparla a morsi questa vita. Non volevo più svegliarmi la mattina non riuscendo più a muovere le gambe. Volevo correre e recuperare tutto il tempo perduto portando frutto nel vivere donando me stessa agli altri. Sentivo di dover gridare al mondo quello stesso Amore che io stessa avevo conosciuto. 

Una volta dimessa però, dopo 15 anni di isolamento, mi accorsi di aver fatto terra bruciata intorno a me. Ero sola. I primi tempi non è stato semplice ma una domenica entrando in Chiesa per la Messa, lessi della possibilità di partecipare al Sinodo dei Giovani con Papa Francesco. Senza neanche pensarci due volte presi contatti con chi organizzava e partii, senza conoscere nessuno. Da quella esperienza nacque tutta la differenza. E’ lì che ho incontrato le persone che attualmente fanno parte della mia Vita e che insieme a me hanno condiviso e stanno condividendo un cammino di Fede. Avevo capito finalmente cos’era l’amicizia. I miei occhi non guardavano più l’Altro in una logica di possesso e la relazione non viaggiava più solo orizzontalmente. L’Altro non era più un mezzo per arrivare ad un fine. L’amicizia è prima, guardare al rapporto verticale tra Te e Cristo, per poi donandosi in maniera disinteressata e gratuita. Solo se faremo entrare Cristo in questo rapporto orizzontale, saremo in grado di amare veramente secondo la logica dell’Amore sulla Croce. Non è questo che dice Gesù nel Vangelo secondo Giovanni? “Come io ho amato Voi, così amatevi gli uni gli altri”.  

Sono stata accolta nella Parrocchia di Madre Teresa di Calcutta e lì ho iniziato un vero cammino di Fede, che mi ha portato a maturare aspetti della mia vita che volevo obliare, a conoscere un nuovo modo di pregare e di spezzare la Parola; ma soprattutto a nutrirmi giorno per giorno di Eucarestia e Parola di Dio. Tutto ciò è stato intervallato da esperienze importanti con il SOG di Assisi. 

Dunque si può scegliere su cosa o su Chi fondare la propria Vita. Se rimanere imprigionati nelle gabbie di malattie, ansie, paure facendo finta di vivere una vita bella e soddisfacente solo perché si indossano dei jeans o delle scarpe firmate o se invece vivere in e per qualcosa di più grande. Si può decidere di girarsi dall’altra parte oppure, come diceva San Giovanni Paolo II, di “Aprire, anzi spalancare le porte a Cristo”. Io ho scelto di fondare la mia vita su quell’Amore, ho deciso di ritornare al Padre focalizzando il mio sguardo sulla Croce. Lui ha dato la sua Vita per me e mai nessuno lo farà. Mi rendo conto che non sia semplice seguire Cristo e il Vangelo, il quale è portatore di un messaggio che va contro qualsiasi logica umana. Chi di Noi darebbe la vita per il proprio nemico o semplicemente perdonerebbe i suoi aguzzini come ha fatto Gesù sulla Croce? Nonostante ciò, quel suo sacrificio cerco di renderlo carne vivendolo nei gesti che compio nella Vita. Non sempre ci riesco, lo ammetto, ma non cerco mai di distrarre lo sguardo dal Bene. 

Dicono che la Fede sia un salto nel vuoto, uno sperare in una promessa fatta. Io però non spero, io sono certa di quella Promessa, credo nella sua Parola e credo nella Croce. Perché Lui c’è ed è vivo ed io lo incontro nell’Eucarestia, nella preghiera ma soprattutto negli occhi di coloro che Egli pone sul mio cammino. Seguirlo non è stato e continua a non essere cosa semplice per fattori esterni. Gli ostacoli sono stati e saranno molti. A volte mi accusano di essere pazza e allora rispondo con Platone che diceva: “La follia che viene da Dio è assai più bella della saggezza di origine umana”. Molte volte mi sono trovata ad affrontare e combattere contro il giudizio dell’uomo che sorride di fronte alla tua Fede, tacciandoti di bigottismo. Tuttavia, io la mia scelta l’ho fatta, perché nella sua Parola ho visto una promessa più grande. In queste occasioni, dentro di me, risuonano sempre gli ultimi versi di una bellissima poesia intitolata “La strada non persa” che recitano così: “Due strade al bivio in un bosco, ed io presi quella meno frequentata, e da ciò tutta la differenza è nata”. 

Vorrei concludere ringraziando una persona che nella mia vita la differenza l’ha fatta e che costantemente continua a farmi camminare e a darmi anche qualche bel calcio nel sedere quando mi fermo. Non farò nomi, ma a questo qualcuno vorrei rinnovare queste parole. Un Padre della Chiesa diceva che una persona è dotata di Spirito Santo solo se riesce a vedere del divino nel prossimo e Tu in questo, riesci sempre. Non smettere mai di essere ciò che sei e fare ciò che fai. Continua a seguire Cristo e a far conoscere il suo Amore a chi ancora non ha occhi per vederlo e cuore per sentirlo. Rendi carne tutti quei cuori che ancora oggi, sono induriti come pietra. 

L’incontro con il Signore ha modificato radicalmente la domanda che sta a fondamento della mia vita. Infatti, se prima mi chiedevo “Chi sono?”, ora mi interrogo sul “PER chi sono?”. La psicologia sola non basta. Solo l’incontro con l’Amore di Gesù ha trasformato e sta pian piano trasformando, le mie ferite e fragilità in grazia. E’ grazie ai suoi occhi, gli stessi che Egli ebbe per l’uomo ricco in Marco 10, 17-22, al quale rivelò la propria fragilità in uno sguardo d’amore, che ho imparato e sto imparando ad amarle e ad accoglierle.

Cade in un grave errore chi pensa che una persona che soffre di un DCA sia superficiale, perché alla ricerca della bellezza fisica o estetica. Il rifiuto o l’eccesso di cibo, è il grido di una parola bel precisa: Amore. L’anoressia è fame d’Amore; una fame che, in me, solo Gesù Cristo è riuscito e riuscirà sempre a saziare. 

Maria Giulia (Agape)

Altre testimonianze ed altri articoli li potete trovare nel nostro blog: Le Grain de Blé

Condividi questa pagina!