Il giorno del silenzio

C’è qualcosa di affascinante e di terribile nel sabato santo. Sabato santo è l’unico giorno aliturgico dell’anno, in cui non si mangia alla mensa eucaristica. La Veglia pasquale, infatti, fa già parte della liturgia del giorno dopo. Sabato è il giorno del Silenzio di Dio. È il giorno in cui sembra che il male abbia vinto, la morte abbia prevalso, la violenza abbia ridotto al silenzio persino la parola di Dio. “Se tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa”, recita un salmo. Come resistere a questo silenzio che urla dentro? Nemmeno Gesù ci riesce: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, le sue ultime parole, seguite da: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”.

Sabato è il giorno in cui tutto il chiasso del tradimento, della condanna, della crocifissione si dissolve. Resta la testimonianza di quanto vissuto con Gesù, gli insegnamenti, i miracoli, la lavanda dei piedi. Restano intrappolati da una grande pietra rotolata davanti al suo sepolcro, sigillo temporaneo del corpo del Figlio di Dio.

Dov’è Dio?

Sabato è il giorno in cui risuonano tutti gli interrogativi dell’umanità. Dov’è Dio? Perché non risponde? Perché non parla? È morto per sempre? I nostri sentimenti di tristezza, sconforto, rabbia non sanno dirci dove egli sia, ma l’Ufficio di oggi sì. Come un GPS attaccato a Gesù, le Letture dell’Ufficio lo seguono passo passo anche nel Sabato Santo e ce lo presentano disceso agli inferi per recuperare gli uomini che aspettano la sua venuta:

Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi, mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui! Tu in me e io in te siamo infatti un’unica e indivisa natura. (…)

Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore, ho rivestito la tua natura di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra. Per te uomo ho condiviso la debolezza umana, ma poi son diventato libero tra i morti. (…)

Sorgi, allontaniamoci di qui. Il nemico ti fece uscire dalla terra del paradiso. Io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste.

Dall’attesa alla gioia!

Sabato è il giorno dell’attesa e della fede; è sabato santo ogni volta che camminiamo nelle notti della vita, alla luce della sua parola che è “lampada per i miei passi, luce sul mio cammino”. Tempo di attesa… Attesa di chi, se non di Uno che viene a tirarci fuori? “Usciamo da qui, allontaniamoci. È per TE, per te, per te… io sono TUO Dio, tuo figlio.” Non è forse questa la più grande dichiarazione di amore, dire di appartenere al nostro cuore? Un amore così potente da distruggere la Morte e tutte le morti che sperimentiamo nel nostro cuore.

Dov’è Dio oggi? Dio è negli inferi che abbiamo dentro, è in attesa che gli apriamo, affinché dalla morte possiamo ritornare alla Vita.Vieni, Signore Gesù!”. E sarà Risurrezione!

Buona Pasqua! che sia vera, traboccante della sua Gioia.

La vostra sorella “Si naturale”

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