“Tempus fugit”, dicevano i latini, vale a dire il “tempo fugge”.

Anche il 2020 è passato, con la sua dose di dolore e morte. Un anno difficile, molto più degli altri, durante il quale l’incertezza per il futuro era all’ordine del giorno. Un anno che forse vorremmo dimenticare, lasciar cadere nell’oblio. Una parentesi da chiudere.

Un faccia a faccia

Eppure, eppure noi crediamo in Dio Padre. Possibile che non possa essere passato anche in questo anno della nostra vita? Ci siamo fermati e ci siamo interrogati su dove si stesse nascondendo la Vita in mezzo alla morte che ci riempiva gli occhi? «Signore, la tua parola stasera ci colpisce e ci riguarda tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci di tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta» (così Papa Francesco, in occasione di quella preghiera straordinaria in tempo di pandemia, il 27 marzo 2020).

Foto di Oladimeji Ajegbile da Pexels.

C’è un tempo per…

Il tempo. A volte è il grande soggetto di frasi profonde sui social, altre volte sembra che non basti mai, altre ancora pensiamo di averne in abbondanza: «Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare quel che si è piantato» (il mio invito è di leggere questo brano del Qoelet 3, 1-8 con calma).

Ogni cosa ha un tempo, solo uno, quello lì e nessun altro, ed è donato da quel Padre provvidenziale che è Dio. È nel tempo, nel suo evolversi in storia concreta, che possiamo riconoscere l’operato di Dio nella storia.

Le difficoltà sono tante, le incertezze e le paure sono altrettante, volendo vivere sempre altro, altri eventi, altro tempo, come se in questo non riusciamo a starci, specie quando ci sembra di non riuscire a vivere.

Sì, forse è così: fermando gli occhi sulla nostra umanità, vediamo solo che è fragile, con le nostre stesse mani ci rinchiudiamo nel buio dei nostri pensieri. Eppure il Figlio di Dio si è incarnato, è entrato nella storia: «È il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e verità» (Gv 1, 14).

Foto di Free-Photos da Pixabay.

Fratello, sorella, non dimentichiamo ciò che è stato, perché dimenticheremmo anche il bene che ci è stato donato, le piccole gioie che abbiamo vissuto e soprattutto quei momenti in cui Dio si è manifestato nella nostra storia.

È facendo memoria di quello che è stato che potremo vivere il nostro presente con più consapevolezza, rimanendo in esso, senza illuderci sul futuro o commiserarci per il passato. Possiamo farlo. Dobbiamo farlo, in Cristo, nel suo Corpo, insieme agli altri fratelli e sorelle che ci circondano.

Chiediamo allo Spirito Santo questo dono, fermiamoci, ogni cosa che ci accade, e facciamo memoria. Non scappiamo da questo tempo, perché il Signore Gesù potrebbe stare a quella porta e bussare (cfr. Ap 3, 20), per portarci a vedere dove abita e stare con Lui (cfr. Gv 1, 39).

Fra Stefano

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