Nel pensiero di oggi, ci facciamo accompagnare dall’esperienza di fede di San Tommaso per guardare dentro il nostro cuore, dentro le nostre ferite e dentro le malinconie di ogni giorno per scoprire la presenza del Signore Risorto.

Storditi per le feste

Capita a molti durante le feste che si attende tanto il giorno della festa e poi quel giorno scivola via troppo in fretta, oppure ci si sente malinconici, oppure incominciamo a chiederci che cosa di nuovo ha portato se non un semplice anno in più, e se questo ci cambia la vita di tutti i giorni. Spesso resta come un bel momento di svago, forse tanta fatica per organizzare, una bella rimpatriata con amici o parenti e poi, e poi…  E poi torna “il lunedì”, il giorno feriale, il giorno lavorativo per eccellenza: la fatica di una settimana intera davanti agli occhi e la nostalgia nel cuore per il desiderio di una festa che vorremmo non finisse mai.

Ma la festa non è passata: siamo ancora nel Tempo di Pasqua! La Pasqua non si esaurisce in un giorno, una tomba vuota, e poi lunedì tutti a lavorare come se niente fosse. Come cambia la nostra vita a partire da quella vittoria sulla morte? Non ci può lasciare indifferenti! È per questo che la Chiesa ci fa celebrare per cinquanta giorni un tempo prolungato di meditazione sui misteri del Risorto, le sue apparizioni, i segni e i miracoli compiuti da Gesù.

“Io vado a pescare”

Se è difficile accettare la Sua morte, la sua croce, e con essa le nostre croci di tutti i giorni, la Chiesa sa bene che è ancora più difficile comprendere come questa croce si possa trasformare in segno di gloria e di luce. I primi cristiani, pur dopo molti anni dalla morte e resurrezione di Gesù, ancora non riuscivano a rappresentare un crocifisso per lo scandalo e il dolore che avevano subito come comunità. Così la nostra croce quotidiana è a volte così dolorosa da essere incancellabile ai nostri occhi, e le nostre vite si risollevano un attimo a Pasqua, nelle feste prendono un sospiro di sollievo per poi tornare nella cruda realtà, dove solo noi possiamo farci i conti e sembra che nessun altro ci possa aiutare.

“Io vado a pescare”, dice San Pietro. Non ce la fa più e non sa cosa fare.
Prende l’iniziativa, fa da solo, e ricomincia a fare le cose che pensa di aver sempre saputo fare. Ma quella notte gli va male: non pesca niente. Sembra che gli debba andare tutto storto. “Oggi non è giornata”, diremmo noi.

Se non vedo, non credo?

Anche San Tommaso è uno di noi. Anche a lui vanno le cose di traverso, anche lui è deluso dalla vita, da come sono andate le cose, dalla morte del Maestro e dai compagni da cui non si sente capito. Se ne sta per conto suo, si tira fuori; quella sera non è non insieme ai suoi amici, “vuole fare l’asociale”. E invece Tommaso si perde un’occasione per risollevare il suo cuore, perché il Signore appare proprio a loro, mentre Tommaso non c’è. E gli apostoli si sgolano, glielo dicono in tutte le salse: “Abbiamo visto il Signore! Guarda che è vero!”. (Link al Vangelo corrispondente)

Tommaso non è in vena, non ci crede, risponde male ma è sincero e non si nasconde. Ha delle richieste numerose e ben precise, che non nascondono tutta l’amarezza che ha nel cuore: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Non vuole solo vederlo, ma anche toccarlo, abbracciarlo, e lasciarsi incontrare: l’Eucaristia è proprio questo! È presenza reale, segno tangibile dell’Amore di Dio che ci nutre ogni giorno.
Chi è il vero ferito tra i due, Gesù o Tommaso? È Tommaso che soffre e sanguina e non se ne rende conto; soffre dentro, è accecato dal dolore ma non ha perso la speranza.

Il suo desiderio di toccare da richiesta infastidita diventa preghiera, diventa il punto di partenza per incontrare Gesù. E Gesù lo ascolta. Egli ascolta sempre il grido del nostro cuore che in fondo non chiede altro che questo: “Vieni Signore, fatti vedere anche a me, fa’ che io possa sentirti, abbracciarti e trovare finalmente la Tua pace.”

Metti il dito nella piaga!

E Gesù non lo rifiuta: “Se è di questo che hai bisogno, vieni: guarda il posto dei chiodi, toccalo. Stai certo che ho sofferto per te, che ho a cuore la tua vita e che do la mia vita per te, perché tu possa essere felice. Non sono morto, ma sono il Vivente… Vedi che …Sono Io? Tocca, senti. Senti il segno dei chiodi. Sono segni incancellabili. Sono i segni del mio amore, per sempre”. Gesù non è tirchio di grazie: ha le mani bucate! Tutto ciò che riceve e che ci fa bene ce lo dona immediatamente. Anche il suo potere di guarigione non lo risparmia: quando toccava i sofferenti nel corpo e nello spirito essi guarivano, e continua a farlo anche da risorto, a tempo pieno.

Tommaso va da Gesù per toccare le sue ferite, ma prima ancora è Gesù che va dal cuore ferito di Tommaso per toccarne le sue piaghe interiori. Non per infierire, non per “mettere il dito nella piaga” e farci del male, ma ci tocca perché possiamo desiderare di incontrarlo, perché possiamo presentargli le nostre ferite aprendo il nostro cuore a Lui. Perché il suo dito risana… se solo ci lasciamo toccare! Signore, tu che hai detto a Tommaso di mettere il dito nelle tue piaghe e che ci inviti all’incontro con Te, vieni e tocca le nostre ferite. Incontraci in un abbraccio: è tutto quello che ci occorre per essere risanati e vivere da risorti anche noi.

Vostra sorella Si naturale

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