Abusi liturgici. L’Istruzione Redemptionis Sacramentum e la gravissima responsabilità dei Ministri è un articolo di approfondimento liturgico a cura del prof. Lanni che è presente all’interno della nostra rubrica ABC Liturgico.

Che cos’è un abuso

«Quando si compie un abuso nella celebrazione della sacra Liturgia, si opera un’autentica contraffazione della Liturgia cattolica»; così al n. 169 del documento Redemptionis Sacramentum, a firma della Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti. Il Dicastero pontificio aveva voluto cercare un rimedio a tutte quelle pratiche assolutamente abusive e lesive del Rito che si verificano a causa di una eccessiva creatività applicata dall’arbitrio dei singoli (sacerdoti). Scorrendo il breve documento della Congregazione si può notare come il termine «abuso» compaia per ben trentaquattro volte, a testimoniare che non c’è ambito e momento della Sacra Liturgia che sia, oggi, risparmiato da pericolosi e inammissibili abusi, che «contribuiscono ad oscurare la retta fede e la dottrina cattolica su questo mirabile Sacramento» (Joannes Paulus PP. II, Ecclesia de Eucharistia, n. 10). È facile ritrovare alcuni degli ambiti maggiormente abusati all’interno della Liturgia osservando il modus celebrandi di alcuni Ministri, i quali troppo facilmente pensano di poter modificare o plasmare i Riti Sacri secondo la propria idea di Liturgia, non quella della Chiesa.

L’Actuosa partecipatio

Il primo punto controverso è senza ombra di dubbio quello della actuosa partecipatio. La partecipazione (cosiddetta) attiva sottolineata dal Concilio Ecumenico Vaticano II fa riferimento a quella partecipatio già auspicata nella Bolla Divini Cultus di Pio XI e nella Mediator Dei di Pio XII mentre, ancor prima, fu lo stesso Pio X ad assumere la terminologia “partecipazione attiva” nel linguaggio ufficiale, lasciando intendere che uno degli scopi che desiderava intraprendere nella sua riforma liturgica e pastorale era quello di far rinascere l’autentico spirito cristiano (compito che in realtà spetta ad ogni generazione di credenti) attraverso un’attiva partecipazione ai misteri da parte dei fedeli. Per questo indirizzò egli stesso il Movimento Liturgico a sviluppare e studiare bene il tema e i modi di attuazione. Nel Motu Proprio Tra le sollecitudini, del 22 novembre 1903, egli precisa infatti che «prima e indispensabile fonte è la partecipazione attiva». Naturalmente, al di là di queste indicazioni Magisteriali preconciliari, che dimostrano ancora una volta come il Concilio doveva rinnovare e non “rifondare” la Chiesa, non possiamo pensare che la actuosa participatio non si sia realizzata anche prima del concilio, per ogni anima credente che vivesse con Fede i Sacri Misteri celebrati dalla Santa e Divina Liturgia, rendendovisi presente, così come ogni volta lo fa il Suo Signore. L’affermazione per la quale la liturgia non si spiega ma deve parlare da sé, utilizzata da taluni per giustificare la Riforma postconciliare, non significa che non si debba sapere cosa “accade” nella Liturgia e che non si debba conoscere il senso dei vari momenti, significati, gesti, simboli, come un soggetto passivo. Tuttavia, il senso del mistero si perde innanzitutto quando si cerca di trasformare un ‘evento’ che è opera diretta di Dio in ‘narrazione’ opera dell’uomo, con al centro l’assemblea anziché Cristo. Questo non significa sminuire il valore dell’assemblea, costituita dal ‘Popolo dei salvati’, che si fa presente alla celebrazione per partecipare al Sacrificio di Cristo (ri)presentato al Padre e per accoglierne tutti i meravigliosi beni escatologici che ne scaturiscono; da cui nasce il rendimento di grazie. L’actuosa participatio promossa e raccomandata anche dal Concilio non è determinata dal protagonismo dell’assemblea, ma dal vivere con consapevolezza e con le giuste disposizioni d’animo (apertura di cuore, atteggiamento di accoglienza e gratitudine, stato di grazia conservato o riacquistato) la Liturgia. D’altro canto, il valore pedagogico e catechetico dell’Eucaristia non è solo in quello che si ascolta e a cui si partecipa, ma anche e soprattutto in quello che accade ad Opera del Signore e che si accoglie nella Fede. Lasciarsi attraversare dal Mistero dell’opera dei Dio è già partecipazione attiva al Sacramento. È assolutamente errato, anzi è un grave abuso anteporre il “fare conviviale” alla celebrazione del Mistero perché significa spogliare il Mistero stesso del suo valore sacrificale e viverlo come se non oltrepassasse il senso e il valore di qualsiasi incontro conviviale e fraterno.

La Consacrazione

Un secondo elemento frequentemente abusato, con una gravità crescente, è la Consacrazione, centro e culmine della Liturgia. Nella celebrazione si deve porre particolare attenzione sia alla materia della Santissima Eucarestia (pane azzimo e preparato con frumento, vino ottenuto da vite naturale come da norma del can. 924 §§ 2-3 C.J.C.) che alla Preghiera Eucaristica. Quest’ultima essendo il culmine dell’intera celebrazione, va recitata esclusivamente dal Sacerdote, unico ministro in grado di celebrare in Persona Christi (cf. can. 900 §1 C.J.C.) nel silenzio dell’assemblea. Non devono, perciò, sovrapporsi altre orazioni o canti, e soprattutto l’organo o altri strumenti musicali devono tacere. Il fatto che alcuni sacerdoti “gradiscano” un sottofondo musicale durante la consacrazione è un grave abuso che denota una personalistica volontà di spettacolarizzare se stessi adombrando il Mistero che si celebra. inoltre, ogni gesto, mossa, parola che non sia contenuta nel Canone è da condannare in eguale maniera, così come anche qualsiasi spettacolare prostrazione che non sia una genuflessione peggio, un qualche gesto preso a prestito da altri riti o religioni. Costituisce, altresì, un grave abuso, l’uso invalso in alcuni luoghi di spezzare l’ostia al momento della consacrazione (seguendo teatralmente le parole del Canone), tale gesto si compie contro la tradizione della Chiesa e va riprovato e molto urgentemente corretto. La celebrazione non è una rappresentazione teatrale, bensì un memoriale. Altrettanto importante è il luogo della Celebrazione Eucaristica, prescritto come «luogo sacro» (can. 932 §1 C.J.C.) e assolutamente decoroso.

Rubriche e “formule liturgiche” prescritte

Terzo elemento: il rispetto scrupoloso e assoluto delle rubriche e delle formule liturgiche. Anzitutto la liturgia della parola: è assolutamente vietato (in caso contrario un abuso) sostituire le letture bibliche (cf. Redemptionis Sacramentum, 62). Poi, l’omelia. Godono del diritto di predicazione esclusivamente i Ministri ordinati (cf. can. 764 C.J.C.) che devono predicare basandosi esclusivamente sulla Scrittura (cf. can. 760 C.J.C.), mai su convinzioni, accadimenti e altre situazioni proprie. Soprattutto, si deve prestare piena attenzione affinché l’omelia si incentri strettamente sul Mistero della salvezza, esponendo nel corso dell’anno liturgico sulla base delle letture bibliche e dei testi liturgici i misteri della fede e le regole della vita cristiana e offrendo un commento ai testi dell’Ordinario o del Proprio della Messa o di qualche altro rito della Chiesa (cf. Redemptionis Sacramentum, 67). Nel tenere l’omelia si deve aver cura di irradiare la luce di Cristo sugli eventi della vita. Ciò però avvenga in modo da non svuotare il senso autentico e genuino della parola di Dio, trattando, per esempio, solo di politica o di argomenti profani o attingendo come da fonte a nozioni provenienti da movimenti pseudo-religiosi diffusi nella nostra epoca. In altri termini, sono da biasimare fermamente tutte quelle omelie che strumentalizzano, distorcono e talora addirittura offendono la Parola di Dio con fatti, aneddoti o concetti che sono frutto dell’idea personale del predicatore. Anche il rispetto per le rubriche le formule liturgiche deve essere scrupolosamente rispettato: è un riprovevole abuso quello di Sacerdoti, Diaconi o anche fedeli che mutano e alterano a proprio arbitrio qua e là i testi della Sacra Liturgia da essi pronunciati. Così facendo, infatti, rendono instabile la celebrazione della sacra Liturgia e non di rado ne alterano il senso autentico, non accorgendosi talora che alcune formule sono ad validitatem. In chiosa, l’Istruzione Redemptionis Sacramentum tratta la tematica della commistione di altri riti nella Celebrazione Eucaristica. Infatti, «Per una ragione teologica inerente alla celebrazione eucaristica o ad un rito particolare, i libri liturgici talora prescrivono o permettono la celebrazione della santa Messa unitamente a un altro rito, specialmente dei sacramenti» (n. 75). In tutti gli altri casi è assolutamente vietato, dunque configurerebbe grave abuso, commissionare altri riti con quelli della Sacra Liturgia e particolarmente (come spesso accade) quando i “riti” commissionati sono di indole vana e superficiale. È gravissimo confondere (volutamente) la celebrazione della santa Messa con il contesto di una comune cena, né la si metta in rapporto con analogo tipo di convivio (n. 77). Ancora, è un gravissimo abuso unire il sacramento della Penitenza con la santa Messa in modo tale che diventi un’unica azione liturgica (n. 76). Infine, va considerato nel modo più severo l’abuso di introdurre nella celebrazione della santa Messa elementi contrastanti con le prescrizioni dei libri liturgici, desumendoli dai riti di altre religioni (n.79).

La gravità della disobbedienza liturgica

Il fenomeno della “disobbedienza liturgica” sembra talmente esteso per numero di abusi e per gravità da formare una mentalità (assolutamente erronea) per la quale la Sacra Liturgia può essere modificata per sedicenti necessità pastorali ritenute opportune dal Sacerdote o dalla comunità. In vero, l’abuso, spessissimo, è frutto di due cause principali, a nostro parere: un falso concetto di libertà, in primis, e una profonda ignoranza. Quest’ultima, frutto di una scarsa formazione e sensibilità liturgica riguarda non solo la non conoscenza delle norme, ma anche una scarsa comprensione del valore storico e teologico di molti testi eucologici e riti¸ si rigetta ciò di cui non si coglie il senso più profondo, né si conosce l’antichità. Ma «Troppo grande è il Mistero dell’Eucaristia “perché qualcuno possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale» (Joannes Paulus PP. II, Ecclesia de Eucharistia, n. 52).

Prof. Cristian Lanni

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