Nella nostra epoca, fase della grande parabola della Modernità si sono come essiccate le cisterne delle grandi prospettive ideali delle varie culture (oso dire anche di certi modelli e riferimenti cristiani); l’esercizio della pensabilità come strumento e metodo della conoscenza di se e del mondo si è aggrovigliato su se stesso generando l’opposto di quello che gli “uomini nuovi” a partire da Cartesio in poi si aspettavano. Quella che doveva essere, allo stesso tempo, la liberazione e l’illuminazione dall’oscurantismo dei secoli precedenti (secondo la lezione Moderna), ha gettato
invece l’uomo, l’intellettuale, ahimè anche l’uomo comune, in una confusione senza precedenti;
tutto doveva diventare chiaro ed invece non è così: tutto è paura.

Confusione sulla verità e confusione sull’agire; confusione personale e confusione comunitaria. I latini avrebbero detto “tot capita tot sententiae”, ma oggi sarebbe in crisi anche questo adagio perché ciò che fa fatica è la “testa” appunto, che non può contenere le enormi sfide della vita. Ne sono prova innumerevoli testimonianze di disagi personali e sociali che qui non descriveremo ma che non possiamo sottacere; in questa confusione siamo ben immersi tutti quanti.

Una lezione la Modernità ce l’ha fatta ed è un punto di non ritorno: l’uomo ha delle esigenze che scopre e che sono incoercibili. Evidentemente guardare nostalgicamente indietro non è utile.
Due le prospettive possibili: o ci si arrende all’ipotesi che la realtà non ha scopo e quindi non ha destino oppure si verifica una ipotesi, per quanto ammantata di un alone di “già saputo”.

“Non abbiate paura”

Nella storia dell’uomo (stiamo parlando forse di trecentomila anni) c’è stato un uomo, come attesta
il Vangelo di questa domenica, che ha esortato a non avere paura (essa è la manifestazione della
confusione che respiriamo). In forza di cosa questa esortazione? La verifica del rapporto con lui. Gli apostoli che ascoltavano potevano “vedere” e toccare con mano come lo stare con lui introduceva ad una certezza nella vita che mai avevano sperimentato; certezza nel lavoro, nei rapporti, rispetto al potere. Certezza nella libertà. Perché Gesù rilanciava sempre all’uso della ragione aperta e libera: “Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!”. Uso della ragione su tutto, osservazione su tutto, fino al
piccolo particolare dei capelli…

Il Vangelo è il racconto dell’incontro dell’umano con il Divino attraverso l’umano, incontro graduale ma immediatamente rilanciato ai due aspetti, della ragione su tutto e della libertà come possibilità di verifica personale. Ne risulta un dato difficilmente digeribile dalle istanze di certa pretesa mentalità autonomistica: l’umano con tutte le sue infinite componenti (desideri, aspettative, grandezze e miserie) è salvato totalmente solo nel rapporto con il Divino, incontrato e vissuto.

Come incontrerò Gesù?

La domanda allora, domanda alla quale la Chiesa, sottratta si spera dalle stesse tendenze autonomiste del mondo (mi ha colpito negativamente un collega qualche giorno fa sentenziare su cosa fosse Grazia divina e cosa non lo fosse…), dovrà incessantemente lavorare, sarà questa: come accadrà anche per me di incontrare Gesù?
Più questa domanda sarà vera e semplice, cioè protesa al rilancio della libera ragione della persona
e priva di schemi, più vedremo rifiorire un nuovo umanesimo. Che già esiste.

Don Giuseppe Bianchini

La nostra ultima meditazione sul Vangelo domenicale: “Dalla fatica alla missione

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