Attento a dove metti i piedi del Vangelo secondo Luca 6,17.20-26

Dal Vangelo secondo Luca 6,17.20-26

In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone.
Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete,
perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete,
perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.

Le Beatitudini di questa VI Domenica del Tempo Ordinario, già alla prima lettura, presentano alcune differenze rispetto a quelle più famose e conosciute del capitolo quinto del Vangelo di Matteo; mentre lì Gesù era salito su un monte e parlava alle folle, spesso infatti il testo matteano viene identificato come “il discorso della Montagna”; qui Gesù non sale bensì scende da un monte, dopo un’intensa notte di preghiera e al seguito di una scelta decisiva: la scelta dei “futuri” apostoli. L’altra differenza è ancora più evidente è che qui non vi sono solo “beatitudini”, quattro, nove in Matteo, ma ci sono anche quattro “guai”, che in Matteo sono molto più avanti nel capitolo ventitreesimo. Altro particolare da mettere in luce è proprio la conclusione di ogni elenco sia di beatitudini che di guai, entrambi terminano con una constatazione che Gesù stesso compie: Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. (Lc 6, 23b.26b).

Se entriamo nel vivo del testo e leggiamo con attenzione i due elenchi, si scopre un dettaglio sorprendente: sono speculari e in opposizione. Ricchi e poveri, affamati e sazi, chi piange e chi ride, diranno bene e diranno male.

E allora questa vita è una giostra – verrebbe da dire – un giorno sono fortunato, il giorno dopo invece lo sono meno, per non usare altri termini, ci serviva Gesù per dirci questo? Lo sappiamo bene! Anzi Gesù, poiché sembra ragionare in maniera capovolta rispetto alla nostra, ci dice una realtà che a noi non piace proprio, paradossale un bel pò: che è beato chi vive nella mancanza, nella ristrettezza e invece è “inguaiato” che sta nell’agio.

Oltre a ciò Gesù  sembra dirci un’altra verità che a noi aggrada ancora meno: Dio “fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5, 45).

– Beh questo no Gesù! – continuerebbe il soliloquio nella nostra testa –  questo è un pò troppo, cioè io cerco di comportarmi bene e tutte queste disgrazie toccano a me e quello invece…. lasciamo stare va… un sacco di cattiverie e sta tranquillo e beato! Cioè a me tutte male, nonostante vengo in chiesa, pure quando non devo e “piove pure sul bagnato”. E allora – verrebbe da domandare a Gesù – dove sta questa differenza?

Credo che Gesù ce la descriva, raccontandocela, come ama fare, in una pericope di Matteo, capitolo settimo, versetti dal 24 al 27: “Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».”

La differenza non sta tanto in ciò che accade all’esterno, agli eventi che ci capitano perché è una verità vecchia come il mondo: nessuno è immune dal male, dalla malattia, dal dolore e dalla morte ma ognuno di noi reagisce, o meglio risponde in modo diverso. Se la nostra vita è “fondata” su Gesù, sulla Sua Parola allora anche i momenti più duri e dolorosi, nonostante ci possano strapazzare un bel pò non ci potranno buttare giù del tutto, ma se invece il nostro fondamento è più fragile, è più instabile allora anche il minimo vento ci condurrà alla disperazione. In questo senso assume un’altra sfumatura la duplica conclusione sulla sorte dei profeti; nella Sacra Scrittura, infatti, sono raccolte diverse vite di profeti, raramente essi hanno avuto una vita facile ma non hanno smesso di confidare nel loro Dio e per ciò la loro vita è fiorita e ha trovato fondamento e consistenza sul saldo fondamento divino.

Quindi, concludendo, beato colui che si “appoggia” su Gesù, che pronuncia con fede quell’Amen di una verità che è fedele, degna di fiducia che è Lui stesso, il Cristo, il Figlio di Dio e potremo cantare, come il profeta Abacuc: “Dio, il Signore, è la mia forza; egli renderà i miei piedi come quelli delle cerve e mi farà camminare sulle alture”.

Altre meditazioni sulla Scrittura si trovano nella rubrica Lievito nella pasta

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