Come baci cadenti è una meditazione a cura di Maria Rita Cordeschi delle Suore del Getsemani sulla Solennità dell’Epifania.

C’è una regalità e una sapienza che la solennità dell’Epifania viene ad insegnarci, come una luce radiosa rischiarante le tenebre interiori dei cuori umani. Perché di re e sapienti in questo racconto dell’infanzia di Gesù ce ne sono “diversi” e da ciascuno possiamo attingere un insegnamento se lo guardiamo attraverso gli occhi del Dio bambino a Betlemme.

Nel tempo” del re Erode entrano alcuni saggi scrutatori di cielo, che vengono a risvegliare antiche credenze sopite sulla nascita del Cristo. La notizia, che turba l’intera Gerusalemme, fa scattare un gioco di ricerca scaturito dal timore di un tiranno geloso, il quale, suo malgrado, aiuta i Magi stessi a ritrovare una stella di gioia, che li condurrà dritti a Betlemme. Una parola accomuna questo re e questi sapienti giunti dall’oriente lontano: adorare. Verbo che sa di divino, di ri-conoscenza dell’Altro, di un tacere della bocca che lascia spazio al silenzio dello stupore e della gratitudine.

Tuttavia, una differenza sostanziale guida il cuore di questi personaggi. Erode agisce nel segreto e usa i Magi per tentare di eliminare lo stesso oggetto della sua presunta adorazione. Egli realizza la parola del salmista che recita di costoro: «Fino a quando vi scaglierete contro un uomo, per abbatterlo tutti insieme, come un muro cadente, come un recinto che crolla? Tramano solo di precipitarlo dall’alto, godono della menzogna. Con la bocca benedicono, nel loro intimo maledicono» (Sal 62, 4-5).

Erode teme la sua caduta e tenta di abbattere. I Magi, invece, ebbri di ricerca, impareranno a “cadere” (πεσόντες questo il verbo utilizzato dal testo greco) per prostrarsi dinanzi, cadenti, al re dei Giudei. Come, in un tempo lontano, gli occhi di un sacerdote pagano conobbero la scienza dell’Altissimo, che ama sempre benedire e, rivolgendo il suo sguardo sul deserto, contemplò la lontana stella che spuntava da Giacobbe (Nm 24,15-17). Balaam, che smise di andare alla ricerca di sortilegi quando penetrò con i suoi occhi la visione dell’Onnipotente, come Erode non poté contemplare da vicino, ma a differenza di quest’ultimo, tuttavia, cadde e così gli fu tolto il velo dagli occhi e ciò lo rese “profeta” del Dio di Israele.

Qui, allora, a cadere sono soprattutto i confini spazio-temporali, i limiti cognitivi umani, le potenze della terra che, sconvolte da questa perdita di equilibrio, annienterebbero persino la gravità, pur di non vacillare. Eppure, chi cade giace, proprio come quel bimbo e sua Madre che i Magi baciarono e onorarono di ricchezza, profumo e unguenti. Pensiamo a quanti ammortizzatori azioniamo nelle nostre vite pur di evitare gli scossoni, e quando questi sono inevitabili anestetizziamo le nostre cadute, i nostri attimi cadenti con antidolorifici, per non sentirne le conseguenze. Perché in basso si ha paura, la prospettiva è ribaltata, l’io autodeterminato annullato. Eppure, in tutto questo ci è rivelata una sapienza che accomuna ogni donna e ogni uomo e che solo Dio può rivelare. Nella debolezza di chi cade si percepisce il bisogno di Dio, si manifesta senza veli la sua gloria salvifica. Perché solo Dio, che mai bada alla provenienza, ma sempre e solo al cuore, è capace di abbattere per far risorgere e non è un caso che proprio oggi, liturgicamente, la Chiesa faccia il suo annuncio pasquale. Anche prima di risorgere il Re Messia ha voluto giacere cosparso di mirra, caduto nel luogo più buio e umanamente irreversibile: il sepolcro.

Ma, lui stesso, sarà per noi e lo sarà in eterno, la stella radiosa del mattino, l’Astro che sorge dall’alto per visitarci e realizzare in noi la sua promessa: «I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre» (Dn 12,3).

«Tuttavia, i Re camminavano nel deserto
sintonizzati sul tempo della tua umiltà
e quando i loro occhi ardenti si stancavano di libri
il mormorio degli astri formava il loro orecchio
per ascoltare il tuo Nome pianissimo a Betlemme».


Jean-Pierre Lemaire, Le coeur circoncis

Altre meditazioni sulla Parola di Dio le potete trovare nella nostra rubrica Lievito nella Pasta.

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