Alcune riflessioni sulle parole di Corpo d’amore

corpo d'amore
Foto di Ralf Kunze da Pixabay

È un periodo in cui le parole faticano a venire. E faticano soprattutto a farsi dialogo o preghiera. Lascio, pertanto, spazio alle parole altrui. 

Oggi – almeno l’oggi di questa breve scrittura – è la festa di Cristo Re. Questa festa mi riporta a Lui, alla sua centralità nel cosmo, nella storia, nella vita di ognuno, centralità e presenza, implicite ed esplicite che siano.

Dagli inni liturgici, di cui già l’epistolario paolino dà testimonianza, fino ai versi che proprio ora qualcuno sta scrivendo nel segreto di una stanza o in un diario spirituale, ci sarebbero fiumi e fiumi di inchiostro che hanno tentato di tradurre in parola la centralità gravitazionale esercitata da Gesù nell’esistenza. Tra tutte queste innumerevoli, ho scelto questa di Alda Merini, che apre la raccolta Corpo d’amore.

Mi ha fatto compagnia quest’oggi. Ha dato parola e consistenza alla mia preghiera. Vi ho rivisto la meraviglia di scoprire che Lui c’è tra le rive della disperazione e della passione, tra le quali spesso nuotiamo. E la sua inconfondibile attrazione, che si traduce in sequela, ma anche lotta esigente che ti imbianca i capelli o accarezza le viscere, e diventa passione vitale. Perché lui ti prende, ti fa morire e rinascere, risorgere dalle tue stesse ceneri, e si annuncia davvero come novità che riannoda le viscere, lo sguardo e ti fa sentire la verginità del mondo, dell’universo, della storia, la tua storia. È lui, solo lui. Che è ovunque, ti cerca ovunque, ti assedia ovunque. 

Lui che si è fatto trovare, si è fatto scovare. Anzi mi ha trovato. Anche quando mi sono nascosto. Anzi, soprattutto allora.

Io che sono vicina alla morte, 
io che sono lontana dalla morte, 
io che ho trovato un solco di fiori 
che ho chiamato vita 
perché mi ha sorpreso, 
enormemente sorpreso 
che da una riva all’altra 
di disperazione e passione 
ci fosse un uomo chiamato Gesù.
Io che l’ho seguito senza mai parlare 
e sono diventata una discepola 
dell'attesa del pianto,
io ti posso parlare di lui.
Io lo conosco: 
ha riempito le mie notti con frastuoni orrendi, 
ha accarezzato le mie viscere, 
imbiancato i miei capelli per lo stupore. 
Mi ha resa giovane e vecchia 
a seconda delle stagioni, 
mi ha fatta fiorire e morire 
un’infinità di volte. 
Ma io so che mi ama 
e ti dirò, anche se tu non credi, 
che si preannuncia sempre 
con una grande frescura in tutte le membra 
come se tu ricominciassi a vivere 
e vedessi il mondo per la prima volta.
E questa è la fede, e questo è Lui, 
che ti cerca per ogni dove 
anche quando tu ti nascondi 
per non farti vedere.
Alda Merini, Corpo d’amore

Francesco Pacia

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