Un particolare curioso

Nella Divina Commedia c’è un particolare curioso.

Dante – lo sappiamo benissimo – si è smarrito nella selva oscura e a salvarlo e a guidarlo accorre Virgilio. Non tutti sanno, però, che Virgilio era stato “scomodato” da Beatrice. Beatrice a sua volta da Santa Lucia. Santa Lucia niente di poco che dalla Vergine Maria in persona. Lo racconta Beatrice nel resoconto a matriosca di Virgilio, nel canto II dell’Inferno, e sembra quasi di assistere a quel muoversi di volte celesti che ha la prosopopea così rassicurante del passaparola tipicamente femminile e il volto così familiare (per Dante) delle tre dominae celesti.

Sembra quasi di trovarci di fronte alla Maria sollecita della Visitazione, che ‘ammuina’ (scusate il napoletanismo) mezzo paradiso con il fare da Regina ma non ha dismesso il grembiule di Ain Karim. Ancor più straordinario – oltre a Beatrice che, ultimo anello della celeste àncora non disdegna l’aiuto di un pagano, non soffre “di lasciar in inferno le sue vestigia” per trarre “di servo a libertate” il suo Dante – è che non solo tutta l’iniziativa parta da Maria, ma che addirittura ella “liberamente al dimandar precorre”: quando Dante non ha nemmeno la consapevolezza di dover chiedere aiuto, Maria si mette in moto, mossa dalla carità di Dio: mossa, si muove… mossa, muove.

Staticità e movimento

Foto di jplenio da Pixabay

È la rappresentazione di quell’ “Amor che move il sole e l’altre stelle”. L’amore si dipana dall’altezza massima e raggiunge per la mediazione di Maria la profondità massima, addirittura – attraverso Beatrice e Virgilio – l’inferno personale, simbolico e reale di Dante e, fuor del simbolo, di ogni uomo. Amore come movimento, di contro alla staticità di ghiaccio – molecolare e morale – dell’inferno dantesco!

Contempliamo in Maria – in virtù dell’Assunzione – i vertici e l’infinito da lei raggiunti. Ma è “Signora delle vette” – questa è una delle etimologie ebraiche del nome di Maria – perché Signora anche degli abissi, delle profondità, in quanto umile, umilissima. Lei non ha avuto nessuno sotto di sé e perciò può vedere tutti: in lei il punto più basso diventa il punto più alto! La liturgia non a caso ci fa cantare: Excelsa super sidera, alta sopra le stelle. Ed è curioso che Dante collochi Maria proprio lì ad un passo dalle stelle fisse.

Dall’inferno al cielo stellato

Mi viene quasi da immaginare che le stelle lui le abbia intraviste anche laggiù, nel punto più basso, ad un passo da Lucifero, dove si apre la natural burella. Mi piace pensare – del resto un’altra etimologia del nome Maria è proprio “stella del mare” – che, proprio mentre si trovava nel punto più basso, Dante abbia visto scritto in quelle stelle intraviste l’Amore che muove tutto. Quell’amore di cui Maria è per Dante dispensatrice, direttamente attraverso quella donna di carne, trasfigurata dai simboli, che è Beatrice di Folco Portinari. Beatrice è figura di Cristo ma anche – e me ne convinco sempre di più – altra Maria. VedendoLo – quell’amore – e intravedendoLa – quella gloriosa Domina – Dante si è sentito attratto, per risalire, per ascendere.

Per far salire

Sono sceso per far salire” – così nell’Esodo Dio dice a Mosè. A me pare che anche Maria sia scesa – ovvio, attraverso il sorriso salvifico di Beatrice e la catena delle mediazioni – per far risalire Dante, trascinandolo dove Lei è assunta ed è curioso – questa meditazione è il trionfo della parola “curioso” – che, una volta giunto alla fine sia proprio Maria ad introdurre Dante alla visione della Trinità. Così a mo’ di composizione ad anello, all’inizio e alla fine, poco dopo la selva oscura e poco prima dei tre cerchi concentrici dell’Amore che move il sole ci sia sempre Lei. La Signora delle Vette. La Stella del Mare. L’Umile ed alta più che creatura.

Francesco Pacia

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