La testimonianza del Battista

Prologo del vangelo di Marco

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Nella scorsa domenica di Avvento, la liturgia ci presentava il prologo del vangelo di Marco (qui il link). In una sorta di preambolo alla testimonianza del Battista giunge una voce, assente nel passo di Isaia citato dall’evangelista, che dice: “Vedi, io mando il mio messaggero davanti al tuo volto, il quale preparerà la tua strada”. Due sono gli interlocutori del passo: il primo è quella voce (bene)dicente che invia il suo messaggero; il secondo è una figura silente, pronta all’azione, inizio e conseguenza dell’opera del messaggero. Ma, a ben guardare, un terzo interlocutore, pronunciato dal benedicente, si profila quale terza persona del dialogo, incarnata proprio dalla figura del messaggero inviato. Il tempo eterno del Cielo suggella il vangelo di Marco che riporta tacitamente l’ineffabile dialogo d’amore delle Tre Persone della Trinità: il Padre mostra al Figlio la strada dell’opera di Redenzione e invia “il suo messaggero” sulla terra: lo Spirito diventa “voce di uno che grida nel deserto”.

Venne Giovanni

In questo preambolo dialogico si inserisce perfettamente la figura di Giovanni il Battista, delineata sia nel vangelo di Marco sia in quello di Giovanni (vangelo di questa domenica di Avvento). La formula utilizzata da Marco in Mc. 1, 4 è “Venne Giovanni”. In Giov. 1,6 si legge invece: Ἐγένετο ἄνθρωπος ἀπεσταλμένος παρὰ θεοῦ (Egéneto ànthropos apestalménos parà theoù). Letteralmente: “Venne un uomo mandato da Dio”. Il verbo ἀποστέλλω (apostello) indica un’azione di movimento attraverso cui una forza o un’entità si sposta dal suo luogo di origine per approdare verso un luogo altro in cui quella stessa forza o entità è assente. Il “mittente” sia in Marco sia in Giovanni evangelista è esplicitato ed è Dio. Ma chi è il “ricevente”?

A preparare la strada

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Per poter rispondere alla domanda è necessario considerare alcuni aspetti: in Marco il messaggero viene mandato “a preparare la strada”. L’azione espressa dal verbo non incontra un ‘ricevente’ esplicito, ma si manifesta nel fine dell’azione, quello di ‘precedere nella testimonianza’; in Giovanni il verbo in questione viene, invece, coniugato al participio ἀπεσταλμένος (apestalménos), “mandato”, divenendo attributo unico dell’uomo-messaggero. Ecco allora che nell’espressione utilizzata da Giovanni evangelista troviamo condensato un concetto che in Marco viene espresso nello spazio di tre versetti: lo Spirito, “messaggero di Dio” e Terza persona della Trinità, giunge sulla terra, inviato da Dio, e diviene “voce” di Giovanni il Battista; analogamente, in Giovanni, il Battista è l’“uomo mandato da Dio” in quanto ‘ricevente’ lo Spirito da Lui effuso.

Testimone della luce

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Ed è proprio nel fine dell’azione che si concentra tutta la forza dello Spirito Santo in Giovanni Battista: in un movimento che dal Cielo si effonde sull’uomo terreno e che eleva l’uomo-Giovanni fino al cielo, riportandolo alla sua unica dimora, si apre la felice opera di ‘preparazione della strada’ per mezzo della “testimonianza”. Scrive infatti Giovanni: “Egli venne per testimonianza, affinché rendesse testimonianza riguardo alla luce”. Il Battista è martire, testimone della luce di Dio. Ma come potrebbe testimoniare la luce senza aver visto la luce? È in questa verità che si svela a pieno quanto espresso da Marco nel suo preambolo: “Vedi, io mando il mio messaggero davanti al tuo volto”. Senza la contemplazione di Dio per mezzo del volto di Cristo, non possiamo essere testimoni di quella luce che solo dal movimento d’amore trinitario può essere promanata. Giovanni Battista, prima di essere precursore, è stato contemplatore della luce di Dio.

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