Sul digiuno sono stato scritte pagine meravigliose e profonde per rimarcare la preziosità di questa pratica cristiana ed io non sono nella posizione di poter aggiungere nemmeno una virgola a questa consistente bibliografia, però in questi primi tempi di Quaresima mi sono imbattuto in un’iniziativa semplice ma brillante, promossa dalla rock  band Reale (https://www.realemusica.it). E’ un digiuno tipicamente contemporaneo, adattato a questi nostri tempi moderni, senza nulla togliere agli altri tipi di digiuni: è il digiuno social.

Di cosa si tratta? Già il nome dell’iniziativa è didascalico: un giorno senza social in corrispondenza dei Venerdì di Quaresima.  Un giorno senza postare, condividere, commentare sulle piattaforme social sulle quali ognuno di noi è, più o meno, assiduo frequentatore. Un giorno in cui dire “no” alla nostra necessità di metterci in mostra per ricevere like che fanno aumentare la nostra fragilità invece che curarla, un giorno senza, per forza, dire la nostra e così imparare a contare fino a dieci perché in alcune occasioni il silenzio è più eloquente e più utile di tante parole. Un giorno senza stare troppo dietro alle molteplici chat che disperdono il nostro tempo.

Un tentativo arduo e coraggioso perché oramai i social occupano gran parte del nostro tempo e quindi astenersi da loro richiede un esercizio ed un’attenzione continua; mentre per digiunare dai cibi basta utilizzare qualche accorgimento, qui la vigilanza è più alta.

Ma tutto questo perché? Perché uno dovrebbe rinunciare ai social per un giorno? A quale scopo? I motivi potrebbero essere tanti: vedere a quale stato di dipendenza da essi siamo giunti, se vediamo, ad esempio, che non riusciamo a non controllare con assiduità le notifiche, la risposta è presto detta. Cercare di comprendere cosa c’è dietro o dentro la nostra “fame” di like, cuori. Impegnarsi nell’iniziare conversazioni reali invece che virtuali, certamente più faticose ma maggiormente fruttifere. Risparmiare tempo e farsi due passi in queste giornate di primavera. E poi, perché no, metterci alla prova e vedere se siamo noi a gestire loro o loro a gestire noi.

Io ci provo, mi fate compagnia?

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