C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,8-12).

Un annuncio di 35 secondi che ribalta la storia dell’umanità: l’attesa è finita perché l’Atteso è arrivato. Il profeta Isaia aveva trasformato la sofferenza del popolo in una preghiera appassionata: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti” (Is 63,19b). Dio ha ascoltato il grido del suo popolo: ha squarciato il cielo e passa la luce che disperde le tenebre, la vita che ingoia la morte, la pace che arresta la guerra.

Non è il “lieto fine” di una favola, né una invasione violenta, ma è l’Amore che si fa carne, l’Onnipotente che si fa Agnello e si offre per essere immolato, la Forza che si rivela nella debolezza: “la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (cf 2,Cor 9). Ma proprio perché è amore si propone e bussa alla porta del cuore per essere accolto, perché diventi relazione; infatti l’amore vero si propone nella speranza della reciprocità: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio; perché forte come la morte è l’amore, tenace come gli inferi è la passione: le sue vampe son vampe di fuoco,  una fiamma del Signore!” (Ct 8,6).

La delicatezza dell’amore è così forte da spaventare i potenti e intenerire gli umili: il segno indicato dall’angelo è che il salvatore potente atteso è “un bambino in fasce che giace in una mangiatoia”: incredibile!

Eppure i pastori, uomini rozzi e considerati impuri per il loro contatto con gli animali, ci credono, si mettono in cammino e sono i primi ad accorgersi che davvero Dio è con noi, che “Dio si è fatto come noi, per farci come lui” (dirà poi S. Ireneo). Mentre i potenti si barricano per difendere i loro troni, da cui inevitabilmente saranno rovesciati – come canta Maria nel Magnificat – i poveri e i lontani si mettono in cammino. A partire dai pastori per arrivare ai “Magi che vengono da lontano”, tutti siamo invitati ad andare ad adorare il Dio bambino per poi ritornarcene, il segno dato per noi, come i pastori,  “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro” (Lc 2,20).

Esattamente ottocento anni fa, Francesco d’Assisi, un lontano conquistato dall’amore di Dio, volle vedere anche con gli occhi del corpo questo segno meraviglioso del Dio vicino, del Dio-con-noi, che come il medico viene per i malati, Gesù viene a chiamare i peccatori perché possano diventare testimoni credibili ed efficaci dell’amore di Dio (cf Mt 9,9-13).

Quest’anno celebrare il Natale, inevitabilmente ci fa volgere lo sguardo alla Terra Santa, ancora insanguinata dalla guerra. Il Re della Pace viene a dirci che la guerra è finita se accogliamo lui e ci facciamo suoi collaboratori, operatori di pace. Tu cosa vuoi fare? Chiuderti rimanere ancorato alle tue sicurezze o mollare tutto e correre ad abbracciare il Dio bambino che viene a salvarci?

Io ti auguro di cuore Buon Natale, cioè ti auguro di correre ad abbracciare il Re della Pace e di pregare gli uni per gli altri perché tutti possiamo avere il coraggio di accogliere Gesù, unico Redentore del mondo.

Don Romano de Angelis, parroco di San Luca evangelista in Prenestino, Roma.

Se ti sei perso la Novena di Natale, puoi ritrovarla qui nella rubrica: Lievito nella pasta.

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