Nella scorsa puntata abbiamo assistito al k. o. di Oloferne, o meglio del Maligno, per mano di Giuditta, prefigurazione di Maria Santissima. Oggi ci lasciamo condurre fino all’imbocco di una via molto speciale.

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Il banchetto: dove si gioca la storia

Facciamo un passo indietro. Ricorderete che Giuditta sconfigge Oloferne durante un banchetto a cui lui, cieco di desiderio, l’aveva invitata con la speranza di sedurla. Ciò che suscita stupore è la fermezza di Giuditta che non cede alle tentazioni del capo degli assiri, ma rimane salda nel suo proposito di porre fine al male e ci riesce. Mi ha colpito, nel preparare questa puntata, una brevissima nota a piè di pagina nella Bibbia di Gerusalemme che di norma utilizzo.

«Come in Ester, la sorte di Israele si gioca durante un banchetto». (Gdt, capitolo 12, versetti 15ss.).

Come non pensare allora al banchetto che cambiò le sorti di tutta l’umanità? Come non pensare a quell’ultima cena del Signore Gesù, piena di tensione, di angoscia, di tristezza, ma anche di speranza? Quando si giocò la storia di ogni essere vivente, se non proprio in quelle ore in cui, nel dare l’estremo saluto ai suoi discepoli, Gesù lasciò a loro (e quindi anche a noi) tutto Se Stesso?

Possiamo veramente dire che durante un banchetto, tanto per Giuditta quanto per Gesù, proprio quando tutto sembrava avvolto dalla parola fine, l’Amore aveva già vinto.

Dall’io…al tu…al noi

Ebbene, la nostra coraggiosa Giuditta sconfigge il Male con l’aiuto di Dio, decapitando Oloferne (Gdt 13). Dopodiché fa ritorno a Betulia con la sua ancella. La immagino vittoriosa, raggiante, luminosa, giubilosa, trasparente del volto di Dio e pronta a gioire con i fratelli.

«Giuditta gridò da lontano al corpo di guardia delle porte: «Aprite, aprite subito la porta: è con noi Dio, il nostro Dio, per esercitare ancora la sua forza in Israele e la sua potenza contro i nemici, come ha fatto oggi».

(Gdt 13, 11)

È allora che tutto il popolo accoglie Giuditta, lodando, adorando e ringraziando Dio perché è così che si fa quando, nella diversità, ci si sente parte di un unico corpo. Il bene di uno è il bene di tutti e il male di uno è il male di tutti. Le tue lacrime sono anche mie e le mie sono anche tue. E la mia gioia è anche tua e la tua è anche mia. Il dramma è quando le tue lacrime o le tue gioie, io neppure le vedo, e le mie lacrime o le mie gioie, tu neppure le vedi. È un dramma ma è anche una bella sfida per noi che abbiamo scelto di appartenere a Cristo.

Che Dio ci liberi dal male dell’indifferenza che genera malessere e ci ricolmi gli occhi e le mani della sua santa premura.

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Giuditta e Maria: perfette irraggiungibili?

Meritano di essere commentate in particolare le parole che Ozia, capo di Betulia, rivolge alla nostra Giuditta appena rientrata in città.

«Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra, e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato a troncare la testa del capo dei nostri nemici. Davvero il coraggio che ti ha sostenuto non sarà dimenticato dagli uomini, che ricorderanno per sempre la potenza di Dio. Dio compia per te queste cose a tua perenne esaltazione, ricolmandoti di beni, in riconoscimento della prontezza con cui hai esposto la vita di fronte all’umiliazione della nostra stirpe, e ti sei opposta alla nostra rovina, comportandoti rettamente davanti al nostro Dio».

(Gdt 13, 18)

Non vi ricorda niente questa lode di Ozia? Non contiene forse parole molto simili a quelle che Elisabetta rivolse a Maria e che sono poi entrate a far parte della preghiera che comunemente eleviamo alla Vergine, l’Ave Maria?
«Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1, 42)
Vi invito anche a confrontare la lode a Giuditta con il Magnificat di Maria (Lc 1, 46-55): potrete facilmente scorgere altre numerose somiglianze tra queste due donne semplici, umili e proprio per questo, rese grandi da Dio.

Una via per te

Giuditta torna vittoriosa, acclamata e festeggiata da tutti. Purtroppo però tutta la perfezione della sua persona rischia di farcela scaraventare troppo a largo, mentre noi coi musi sfiduciati, ce ne restiamo a rimuginare scuse sulla riva. Non lasciamoci ingannare! Teniamo a mente che per essere vincenti nella vita, basta scegliere la via dell’amore e lasciar perdere il resto che, a guardarlo bene, si riduce a spazzatura.

Per la nostra eroina, scegliere la via dell’amore ha significato rischiare la propria vita pur di salvare il suo popolo di Betulia. La sua storia si è giocata così. Se non l’avesse fatto probabilmente molti sarebbero morti o avrebbero perduto la loro fede, costretti con la forza ad adorare Nabucodònosor.

Ma ora viene il bello caro lettore, cara lettrice: dov’è che si gioca la tua storia? Per te cosa significa attraversare la via dell’amore?

Benedetta

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