Gli ostacoli del cuore è una meditazione sul Vangelo secondo Luca 5,1-11

In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.
 
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare.
 
Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini».
 
E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

Qualche tempo addietro, sarà una decina di anni, le stazioni radio di tutta Italia erano andate in fissa con una canzone di Elisa che duettava con Ligabue, il brano aveva questo titolo: “Gli ostacoli del cuore”. Inoltre se la radio non fosse stata sufficiente, ogni volta che salivo in auto con mia madre, era rituale il suo scegliere la traccia sei del cd, appunto: “Gli ostacoli del cuore”. Non ne potevo più,  il singolo mi usciva letteralmente dalle orecchie e tuttora quando capita di ascoltarla, anche in lontananza, ho una reazione allergica che mi porta ad evitarla, così d’istinto.

Oggi ascoltando le tre letture di questa V domenica del Tempo Ordinario mi è tornato in mente questo titolo di canzone.  Già perché se c’è qualcosa che mi è sembrato possa essere “collante” a questi tre brani è proprio ciò: gli impedimenti alla gioia evangelica che dimorano nel nostro cuore.

A partire da Isaia che di fronte all’epifania che gli si palesa dinanzi ha una reazione sì d’ammirazione ma sopratutto di terrore, di smarrimento, di profondo senso di inadeguatezza e di impurità:

«Ohimè! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono
e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto
il re, il Signore degli eserciti». (Is 6, 5).

Ma anche Paolo, nella sua prima lettera ai Corinzi, al capitolo quindicesimo, si esprime così:

Io infatti sono il più piccolo tra gli apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la Chiesa di Dio“. (1 Cor 15, 9).

Qui Paolo mette in risalto sia la sua piccolezza rispetto al collegio apostolico, ma sopratutto un’indegnità’ a motivo dei suoi peccati e del suo passato di persecutore nei confronti della Chiesa di Dio, un duplice impedimento per l’apostolo delle genti di genere fisico e morale.

La vetta però degli “scogli” alla gioia evangelica, secondo la logica umana, la possiamo scorgere nel racconto lucano, c’è un uomo, o meglio un pescatore che ha faticato tutta la notte, torna stremato a riva, stanco, sfiduciato e disilluso, lava le reti presumibilmente con il sapore amaro del fallimento in bocca. Probabilmente vorrebbe stare solo e tornarsene a casa senza ulteriori scocciature, ma arriva Qualcuno che gli chiede un piccolo favore, al quale lui nonostante un’ iniziale obiezione dettata dall’esperienza consolidata: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla“(Mc 5, 5a) acconsente alla proposta di salpare e poi dopo la pesca “miracolosa” invece che avvicinarsi, si scherma: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». (Mc 5, 8b).

Tre uomini diversi, con storie diverse, da culture diverse che dipingono buona parte delle “obiezioni” che noi, cosciamente o incosciamente, poniamo al dispiegarsi del progetto nella nostra vita: paura, terrore, smarrimento, scoraggiamento, senso di inadeguatezza, percezione della propria impurità, amarezza per i fallimenti, sfiducia nel futuro, senso di colpa per il passato e così via, la litania potrebbe continuare ad oltranza.

E Dio di fronte a ciò che reazione ha? Si arrende? Si scandalizza? Ritira la sua “destra”? Nega la Sua Misericordia.

Leggiamolo insieme:

Nel libro di Isaia, al capitolo sesto, versetto ottavo: “Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».”

In Paolo, sempre nella lettera ai Corinzi, capitolo quindicisemo, versetto decimo: “Per grazia di Dio, però, sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana. Anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me”.

Ed infine nel Vangelo di Luca, capitolo quinto, versetti 10 ed 11: Gesù disse a Simone: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Lì dove umanamente sarebbe stato opportuno lasciar perdere, lì Dio rilancia, conferma anzi raddoppia la fiducia, lo fa con Isaia rendendolo profeta e purificandogli le labbra attraverso un angelo; infonde la Sua grazia a Paolo affinché sia quello che sia e renda grazie per ciò e non in ultimo con Pietro e gli altri pescatori che diventano da semplici pescatori, pescatori di uomini.

Un Dio così è un Dio che spiazza, che sorprende, che apre dove spesso gli altri chiudono, un Dio che vede un’opportunità dove l’uomo vede solo fallimento, un Dio che scommette tanto, scommette tutto, scommette se stesso su di noi. Questa è la buona novella di oggi, talmente forte che forza le serrature con cui noi abilmente mettiamo sotto chiave il nostro cuore e la nostra vita. Ecco l’oggi del Signore, la meraviglia che ci rende figli, testimoni, discepoli e profeti!

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