Il Cantico più sublime

Il cantico più sublime di ogni altro: 117 versi seducenti, 1661 parole intriganti che illustrano il fascinoso enigma dell’amore che conosce l’estasi, la ricerca, il buio, l’angoscia. Sorprende l’amore che si legge nello sguardo di due adolescenti, non meno quello che emerge dalla crisi e ricongiunge gli amanti.

Sono queste le tematiche del Cantico dei Cantici, il poema biblico sull’amore che rivela la beatitudine della sapienza che promana dall’amore travolgente; il Cantico è un dramma d’amore dal forte tono erotico, privo di moralismi nel quale Dio non è mai nominato, salvo una discreta allusione sul finale. Tuttavia, proprio questo sublime poema è la più alta espressione dell’amore di Dio per l’uomo, l’amore che si fa sintesi dell’essenza stessa del Creatore, si fa Sancta Sanctorum, accedendo al quale l’uomo incontra la beatitudine della sapienza divina.

Lo scopo di questa breve serie di scritti sul Cantico dei Cantici è l’umile intenzione di dimostrare come nell’amore si sintetizzi l’essenza di Dio e come, tramite l’amore si arrivi alla divina sapienza. Qualche nota introduttiva.

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Qualche nota introduttiva…

Il nome di questo poema d’amore deve la sua origine al primissimo verso «Cantico dei Cantici, che è di Salomone»; l’espressione esprime un superlativo assoluto riferito al cantico per eccellenza, opera del saggio Salomone. La tradizione attribuisce ad un giovane re Salomone questo scritto, seppur verosimilmente egli non ne sia stato il compositore effettivo, quanto piuttosto l’ispiratore. La fama della sua sapienza, la capacità di comporre detti e poemi e soprattutto l’opulenza dei suoi matrimoni, uno dei quali addirittura con la figlia del Faraone d’Egitto, ha ispirato uno o più scribi di corte a comporre una serie di poemi poi raccolti in un libro, ma addirittura potrebbe essere stato un autore posteriore a comporlo. Sappiamo comunque che l’amato del Cantico è designato quale re, ma probabilmente fu solo un pastorello, nella cui professione comunque è presente il richiamo al re/pastore d’Israele e di tutta l’area mediorientale.

Un secondo elemento da sottolineare è la somiglianza con i poemi d’amore di aree geografiche limitrofe ad Israele, in modo particolare con i poemi d’amore dell’Egitto, anteriori ˗ ovvero risalenti ad un periodo tra 1300 e 1500 a.C. ˗ che furono probabilmente modello per il Cantico. Questo dato ci riporta alla necessità di una datazione del poema biblico. È opinione unanime che sia una composizione posteriore all’esilio (forse VI secolo a.C. oppure anche molto dopo), ciò nonostante taluni elementi potrebbero apparire in controtendenza, ad esempio la menzione di Tirzia (6,4) antica capitale del Regno del Nord ˗ che suggerirebbe una datazione attorno al IX secolo a.C. ˗ oppure delle vasche di Chebon, esistite solo fino all’epoca salomonica.

Il Cantico: un libro profano?

Il carattere erotico del Cantico è sempre stato un problema significativo, al punto che taluni hanno ritenuto di doverlo considerare ispirato solo se interpretato nel senso allegorico. Oggi, quell’erotismo dissociato dal matrimonio fa certamente meno problema rispetto al passato, tuttavia rimane la meraviglia dovuta al fatto che un libro della Bibbia parli di amore staccandolo dall’ambito matrimoniale, scopo essenziale dell’amore tra uomo e donna nelle Sacre Scritture. Nessun moralismo, Dio il grande assente (o comunque il mai espressamente nominato), fatta eccezione di un accenno sul finale. Ma il Cantico è allora un libro profano?

L’autore divino del poema d’amore biblico può tacere il nome divino perché suppone che il lettore ne sappia cogliere le allegorie insite. In precedenza qualcun altro aveva preparato il terreno, primo fra tutti il Profeta Osea che nell’VIII secolo a.C. aveva riletto l’alleanza sinaitica con l’arditezza di una metafora amorosa ove Dio era lo sposo e Israele la sposa: lo Sposo si ostina ad amare nonostante le infedeltà dell’amata così come il Profeta con la prostituta, certo che l’amore tornerà a fiorire. Non solo ispirato, ma anche sapienziale: la realtà misteriosa dell’amore non è facilmente spiegabile, allo sguardo del saggio l’amore è misterioso quanto affascinante. Il più grande prodigio sotto il sole, affine con la sapienza, entrambi non hanno prezzo. L’amore e la sapienza formano un binomio perfetto che vedremo, essere coniugato nella sapienza dell’amore.

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Il modus legendi

L’ultimo degli elementi da rilevare preliminarmente, prima della lettura analitica dei sei atti che compongono il Cantico, è il modus legendi. La tradizione ebraica ha percorso la via dell’allegoria, riferendo ogni versetto del poema d’amore biblico alla storia di Israele. In vero però, la rivelazione biblica non è mai sconnessa dalla storia: è memoria e perfezionamento degli eventi di salvezza. Proprio in quest’ottica la tradizione ebraica legge il Cantico come memoria delle opere mirabili di Dio, compiute per il suo popolo a profezia dei giorni messianici. Eguale interpretazione allegorica è attribuita dalla tradizione cristiana, con un cambio di prospettiva significativo: l’adattamento al rapporto tra Cristo e la Chiesa.

Nella lettura, certamente, colpiscono i momenti dei notturni, le pagine che raccontano l’assenza, i silenzi,la lontananza, situazioni che appaiono gratuite ed inspiegabili. Una lettura comparatistica con la mistica rivela che il rapporto col divino conosce le medesime situazioni e stati d’animo raccontati dal Cantico: l’ebbrezza dell’estasi e l’acuta sofferenza della lontananza, come se l’Amato fosse irraggiungibile o perduto, addirittura. In fondo l’amante dell’uomo e l’amante di Dio sono uguali, la dinamica e le emozioni sono le stesse: non abbiamo due cuori, uno per l’uomo e l’altro per Dio. L’amore umano porta e rivela l’amore divino. Infine, l’amore è in grado di soppiantare la morte. Il Cantico ci dice che «forte come l’amore è la morte», certo ci saremmo aspettati che ci dicesse l’essere più forte dell’amore, però, nella consapevolezza della voracità della morte, il sapere (già) che l’amore può contrastarla lascia prospettare una forza maggiore.

Prof. Cristian Lanni

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