Il deserto della coscienza vuole essere una meditazione sul salmo 54 del salterio.

In cammino verso l’Eternità, Ps. 54 (eb. 55)

Testo del salmo: https://www.bibbiaedu.it/CEI1974/at/Sal/54/

Foto di Henryk Niestrój da Pixabay

Intestazione

Scivola il calamo del salmista sul candido papiro e nello spazio circoscritto del rotolo, l’uomo intesse di nere perle l’immensità del suo spirito: “Alla fine, negli inni. La coscienza a Davide”. La traduzione letterale dell’intestazione del salmo nel testo greco rende esplicito il forte legame che intercorre fra lo spirito di chi scrive e le parole che andranno a comporre il salmo. Qual è il fine della nostra vita? Il salmista è certo della risposta: la coscienza frammentata nel rumore del mondo raccoglie ogni debolezza e diventa un “tutt’uno” con Davide, prefigurazione del Cristo Vivente. La parola greca che il “tutt’uno” traduce è συνέσεως (synéseos) ed indica la compresenza di ogni facoltà ricettiva dell’uomo: la coscienza, dunque, l’intelletto, lo spirito.

Neri pensieri

È forse pieno di gioia il salmista nel comporre i versi? “Il mio cuore è sconvolto e la paura della morte è piombata sopra di me, paura e tremore giungono sopra di me”. Le tenebre dell’angoscia sembrano infittirsi parola dopo parola, incarnate dalla precisione dei termini che si accalcano l’uno sull’altro come pensieri neri in un animo turbato. Il fulcro dei versi è “la paura della morte” (in greco, δειλία θανάτου, deilìa thanàtou) che s’abbatte sull’io senza possibilità di fuga.

Il deserto della coscienza

Foto di _Marion da Pixabay

Intrappolato dal nero petrolio dell’angoscia, il salmista chiede: “chi mi darà ali come di colomba e volerò e avrò pace?”. Se le arrugginite catene di una coscienza impastata nel mondo incrudeliscono e sviliscono ogni speranza, l’occhio interiore vede chiaramente il Cielo e vuole ripercorrere le dolci strade della Luce. “Errando, sono andato lontano e mi sono rifugiato nel deserto”. Ἐν τῇ ἐρήμῳ (en té erémo), “nel deserto”, il deserto della coscienza. Ma, da dove fugge lo spirito del poeta?

La torre della superbia

Foto di 畅 苏 da Pixabay

Fugge dalla “città”, dal frastuono di una vita vissuta senza il suo dolce Principio e la sua dolce Fine. E scrive: “Gettali nel mare, Signore, e confondi le loro lingue”. L’oscurità, arroccata nella torre della propria superbia, pensa di poter scampare al diluvio purificatore, ma le tenebre hanno costruito sulla sabbia: la torre, un giorno, presto, crollerà.

Verso la città di Dio

Foto di Sasin Tipchai da Pixabay

Lontano dalla città, la coscienza trova chi la prende per mano: “uomo di eguale spirito, mio conducente, conoscitore della mia anima, fra di noi una dolce amicizia, nella casa di Dio camminavamo insieme”. L’anima ha trovato un suo fratello: condivide con lui “lo stesso spirito” (in greco, ἰσόψυχε, isòpsyche), un dolce compagno con cui camminare verso l’Eternità. Alla coscienza non basta più il suo “deserto”, perché, per quanto possa trovare silenzio in esso, non può sperimentare la dolcezza dell’Amore: nostro Fine, nostra Vita, nostro Tutto.

Altre meditazione sui salmi sono presenti all’interno di una rubrica dal nome: “L’incanto dei salmi”, presente nel nostro blog.

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