Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo.

«…qui siamo in una zona deserta» (Lc 9,11b-17).

Nel deserto non c’è via di fuga.
Nella quiete arida e sabbiosa del deserto sfugge ogni pensiero razionale e la consapevolezza di sé traspare solo a tratti, sincronizzata con i morsi della fame.
Ogni brontolio è allora presagio di morte. Ogni spasmo dello stomaco è labirinto perennemente notturno.
Il deserto è l’inesorabile trappola del niente.
Non c’è cuore capace di resistervi a lungo, senza snaturarsi e diventare progressivamente più cinico e inamovibile nella sua disperazione.
Il deserto è destinato a restare senza uscita, potenzialmente eterno, almeno finché il caso, o la sfortuna lo vorranno.
Quando ci cadi dentro lo puoi solo attraversare perché se ti fermi, sei sicuramente perduto, se invece ci provi e prosegui, hai una possibilità di salvarti.

Nel mezzo del turbine di tali pensieri, che tutti facciamo, anche quest’ultima consolazione appare insoddisfacente per il nostro cuore frantumato come i granelli della sabbia.
Allora cosa? Cosa può ricostruirci, assemblando i cocci inanimati dell’anima nostra?

Photo by Henry Dick on Unsplash.

Una Voce.
Lo Spirito di Gesù soffia dove vuole e visita i deserti più vuoti, solitari e notturni.
La sua Voce sa penetrare nell’intimo e restare impressa, anche se la nostra intelligenza non dovesse comprendere immediatamente del tutto il contenuto che viene a comunicarci, perché spesso sfiora l’assurdo.
Che senso ha, infatti, dire: «Voi stessi date loro da mangiare», quando ci si trova in una zona deserta? Perché comandare una cosa così contraddittoria, fuori dal mondo?

Forse proprio per la stravaganza e l’immensità del messaggio che portano con sé, le parole dette da Gesù non te le dimentichi tanto facilmente.
E nel deserto, quando crollano tutte le illusioni e tutto il senso di onnipotenza e autosufficienza, quando vaghi nudo sotto il troppo caldo o il troppo freddo, l’unica oasi di ristoro che si palesa è la sua Parola, ombra refrigerante di giorno, focolare luminoso di notte.
La Parola di Vita che Lui ha soffiato sul tuo cuore è ferma lì; come un collante si è abbracciata a te e Lei sola è capace di riunire i pezzi della tua esistenza.

C’è un verso di Isaia che recita: «Ma infine in noi sarà infuso uno spirito dall’alto;/ allora il deserto diventerà un giardino/ e il giardino sarà considerato una selva». (Is 32, 15).

Basta davvero uno iota della Parola di Dio per cambiare orizzonte. Basta una sua Parola e il vuoto è un po’ meno vuoto e un po’ più abitato, il deserto interiore si trasforma in giardino di delizie, cinque pani e due pesci si moltiplicano in più di cinquemila pezzi, una folla affamata viene sfamata, dei discepoli increduli diventano sacerdoti un po’ più credenti.
Una briciola di pane diviene Corpo di Cristo e una goccia di vino il Suo Sangue.

Ti lodo oh Dio,
che parti sempre dal poco, dal niente,
dal grembo più sterile, dal deserto più arido e squallido;
Dio grande,

che non ti scandalizzi delle mie scuse,
dei miei ‘oggi non posso’,
‘facciamo domani’.
Non devo preoccuparmi di essere impeccabile davanti a Te.
Non posso più accoglierti solo quando e se
ho un bel giardino da farti vedere.

Mi lascerò sfamare come una bambina,
e sarò anch’io pane buono per i miei fratelli.
Penderò dalle tue labbra
e aspetterò che la sabbia diventi terra fertile.

Prenderò coraggio e Ti ospiterò
proprio nel mio deserto.

Qui il link del commento al Vangelo della Solennità della Santissima Trinità.

Benedetta

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