Commento al vangelo, Solennità della Santissima Trinità
Di quei cieli
Il vangelo di questa domenica spinge il nostro spirito attraverso il mistero della Santissima Trinità. Capiamo bene che la nostra mente, così piccola perfino di fronte alla vastità dell’universo, è un frammento infinitesimale e scomposto di fronte all’immensità di un Dio uno e trino. Lo stesso Agostino, nel commentare il salmo 32 (eb. 33), si arrende davanti all’umana incapacità di penetrare il mistero del mondo celeste e dice: “Là (nei cieli) è la nostra patria, della quale forse, per il lungo esilio, ci siamo dimenticati. […] Perciò di quei cieli è per me difficile se non proprio impossibile trattare e per voi ascoltare”.
Immersi nello scientismo
Ma forse il tentativo di comprendere il mistero trinitario deve subire un cambiamento di posizione e dalla ragione deve scivolare dentro la nostra interiorità più profonda. Lo scientismo che imperversa in questa umanità imprigiona il nostro cuore dentro schemi ragionativi che non possono essere efficaci: abbiamo un patologico bisogno di ascoltare e immagazzinare nel nostro cervello informazioni certe, stabili, scientifiche, cercando di comprendere il funzionamento di ogni cosa, perché, troppo insicuri della piccolezza che ci sostanzia, vogliamo comunque guardare il mondo dall’alto e vincerlo, anzi, possederlo per mezzo delle nostre facoltà razionali.
Sal. 32 (eb. 33)
Ma Dio, proprio a partire dal mistero della sua Trinità, ci fa capire che com-prendere – nel suo senso etimologico, “prendere con sé” – non è una dimensione che può essere messa in atto per mezzo della ragione, ma per mezzo di un abbandono del cuore e dello spirito nel mistero stesso. Dice Sal. 32, 5-6, che in questa domenica accompagna il brano evangelico: “Della misericordia del Signore è piena la terra. Del Verbo del Signore i cieli sono consolidati e del soffio della sua bocca tutta la loro forza”.
Il volo dell’anima
Così, l’anima innalza la ragione e vuole comprendere la Trinità: attraverso un tracotante volo, dilania il suo essere nella molteplicità di un nebuloso divenire e non riesce a spingersi verso i cieli desiderati. Le ali si spezzano e grida contro il suo Creatore che non le permette di raggiungere l’immensità della sostanza divina. E in un grido precipita a terra. Sconfortata, al suolo, l’anima assapora la terra della sua esistenza e solo ora sente un soffio leggero d’amore che le ricorda il dialogo ancestrale della creazione. Abbandonato in quella brezza pacifica, consolidato dal Verbo del Signore,lo spirito si riconcilia con lo Spirito, per volere del Padre. E in un unico movimento del cuore comprende l’unica eterna sostanza di Dio.