Ha più il sapore giovanneo l’inizio di queste parole di Gesù: ci aprono un varco, uno spiraglio, una breccia dentro la relazione fontale con il Padre. In punta di piedi, quasi timidi e timorosi, entriamo in quel mistero di amore, ci addentriamo in quel vortice di amore e comunione, che è origine e meta di tutta la nostra vita.
Entriamo in punta di piedi, e ci scopriamo attesi, desiderati, fatti oggetto di una rivelazione, di una benevolenza che ci precede. Perché nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo. E noi abbiamo il privilegio, il dono, di essere stati introdotti in questo flusso di conoscenza, in questo legame da cui tutto scaturisce. Non perché siamo migliori, non perché sappiamo, non perché dotti, eruditi, potenti, capaci… ma solo perché piccoli.

Piccoli perché tutto è dono

Piccoli. Sì, piccoli. Per quei dettagli che non accettiamo di noi. Per quelle ferite che ci hanno smussato, fatto abbassare lo sguardo, restringere l’orizzonte. Per quelle batoste che ci hanno aperto gli occhi sulla nostra miseria, sulla nostra fragilità, sulle molte inconsistenze che ci fanno tremare, ristagnare, procrastinare.
Piccoli, perché abbiamo capito che, per quanto di una dignità altissima, non siamo che fragili creature: oceani di contraddizioni, sabbie mobili di cadute continue.
Piccoli, perché la vita ci ha aperto gli occhi sulla pretenziosità dei nostri meriti, che in fondo sono sempre poca cosa.
Piccoli, sì. Eppure, a Lui è piaciuto proprio questo terreno per incarnarsi, per rivelarsi, per entrare in relazione. Perché il piccolo sa la cosa fondamentale: che tutto è dono. È dono la vita, è dono il crogiuolo delle relazioni e degli incontri, è dono il cibo quotidiano, il vestito, il lavoro, il denaro; è dono l’essenziale, è dono il superfluo: il libro, la bellezza, il sorriso. È dono anche il dolore, la morte, il lutto.
Piccoli, perché non siamo autosufficienti. Perché abbiamo bisogno di tutto: di orme più grandi su cui camminare, di perdono sempre pronto che ci rimetta in piedi, di una parola che ci faccia andare avanti e guardare con speranza al futuro.
Piccoli perché bisognosi soprattutto di amore: amore di Padre che ama fin da prima dell’origine, amore di Figlio che ama fino alla fine, amore di Spirito che ci impasta, energizza, propelle, modella, ricrea.

La relazione liberante

Beati noi se ci scopriamo e riconosciamo piccoli! Se nonostante i titoli, i diplomi, gli esami, la vita, le cose che sappiamo, sappiamo vederci piccoli, sentirci piccoli ai suoi e ai nostri occhi! Vuol dire che a Lui siamo piaciuti come siamo davvero, senza la fatica di apparire migliori, prima di esserlo davvero! L’amore è questo: sapersi amati per come si è, sapendo che quell’amore può trasformarci!

E noi siamo beati perché sappiamo a chi siamo chiamati a rassomigliare: al suo Cuore. Mite, umile. Cuore di carne, eppure centro dell’amore trinitario. Cuore che vuole legarci a sé per aprirci alla libertà dei figli, alla libertà di chi è amato, alla libertà del piccolo, perché Lui è il Figlio, Lui il vero Amato amante, Lui il Piccolo per antonomasia.
La vera forza è in questo legame, a Lui, al Padre, a Lui e al Padre. Legame e giogo dolcissimo, leggero, soave, che libera dalla fatica farisaica, dagli zeloti interiori, e ci fa riposare. Il vero riposo è la relazione. Il vero riposo è entrare in Lui. Il vero riposo è il disarmo, il soccombere del bimbo che lotta nel suo capriccio per poi addormentarsi rasserenato nell’abbraccio caldo del padre e della madre.

Il vero riposo

E noi microcosmi di pazzia, che si considerano quasi sempre tutto (cfr. Johann Wolfgang von Goethe, Faust vv. 1347-1348), affannati, dispersi, sfibrati dai molti servizi, in lotta continua con noi, con il mondo, con gli altri, affaccendati per il pane e per il lavoro, per il like o per il successo, per il sapere o per il potere, possiamo davvero trovare riposo, davvero trovare ristoro solo nell’abbraccio di un altro che disarmi le nostre lotte vane.

Il vero riposo, infatti, è la relazione. Il vero riposo è la relazione con Dio. Il vero riposo è quel Cuore, impaziente finché i nostri cuori inquieti non riposino in Lui (cfr. Agostino, Le Confessioni 1,1,1 e Han Urs von Balthasar, Il cuore del mondo). Quel cuore aperto, breccia ormai sempre aperta, perché entriamo nell’amore tra il Padre e il Figlio, e lì nel respiro dello Spirito riposiamo per affrontare da piccoli il mondo. Da piccoli la vita. Da piccoli l’amore.
Piccoli, cioè da figli amati e liberati.

In quel tempo Gesù disse:
«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Mt 11, 25-30

Francesco Pacia

La nostra ultima meditazione: Trovare-la-vita

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