Sabato santo, il giorno dopo la morte, il giorno del silenzio, il giorno in cui la terra tace, l’incredibile è avvenuto, i cieli restano chiusi. Attoniti tutti rimangono costernati e muti.

Una sconcertante realtà, si mostra agli occhi di tutti, la morte sembra aver messo la parola fine alla speranza.

La speranza dei piccoli e dei poveri, la speranza degli sfruttarti e dei sottomessi, la speranza di coloro che avendo lasciato dietro di sé la loro vita, hanno rischiato tutto con lui, è scomparsa.

Improvvisamente la solitudine si impadronisce di tutti e il mondo tace.

Le ultime parole di Gesù sulla croce nel vangelo di Marco (Mc 15,34) gridano all’abbandono di Dio. Chi le deve aver sentite, oggi, il giorno dopo la sua morte, con Gesù nel sepolcro, non ha più dubbi; tutto è finito!

Allora sorge spontanea la domanda del sabato santo: Dove è Dio? Dove è quel Dio che annuncia a Maria: “Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio” (Lc 1, 35b), che nel battesimo nel Giordano dichiara: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (Mc 1,11) , e nel Tabor: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!” (Mc 9,7). Tutto adesso risulta senza senso.

Una antica omelia sul sabato santo attribuita a Epifanio recita: “Che cosa è avvenuto? Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine.”

Ecco, passa un giorno intero, un sabato intero, e non c’è intervento di Dio. Tutto rimane immobile in questo giorno vuoto e silenzioso per i discepoli e per gli uomini; ma è invece il giorno in cui il Padre opera, colui che “opera sempre” ( Gv 5,17), come ha detto Gesù. Dio non ha abbandonato Gesù: se l’abbandono appare l’amara verità per i discepoli, Dio in realtà ha già chiamato a sé Gesù, anzi, lo ha già risuscitato nel suo Spirito santo e Gesù vivente è agli inferi ad annunciare anche là la liberazione. (1Pt 3,19)

Ecco come questo silenzio non è immobilità, non è mutismo, è il silenzio di Dio che opera continuamente.

In questo giorno continua la stessa omelia:

Il Signore entrò da loro (agli inferi, allo sheol dove dimorano i morti) portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.

Io sono il tuo Dio, che per te sono diventato tuo figlio; che per te e per questi, che da te hanno avuto origine, ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: Uscite! A coloro che erano nelle tenebre: Siate illuminati! A coloro che erano morti: Risorgete! A te comando: Svegliati, tu che dormi! Infatti non ti ho creato perché rimanessi prigioniero nell’inferno. Risorgi dai morti. Io sono la vita dei morti. Risorgi, opera delle mie mani! Risorgi mia effige, fatta a mia immagine! Risorgi, usciamo di qui!”

Ecco che Cristo scende nelle zone infernali, in quelle tenebre che abitano il cuore di ciascuno di noi e in quello spazio dove noi spesso poco possiamo, nelle zone oscure, nelle incredulità all’amore, nei luoghi aridi della nostra anima dove serpeggia il sospetto, il rancore e l’invidia, dove le nostre ferite sanguinano; Gesù ci prende per mano e ci attira a sé, ci strappa così dalle tenebre della morte, asciugando ogni lacrima dai nostri occhi. (Is 25,8; Ap 7,17; Ap 21,4)

Ecco dunque questo giorno di silenzio come un giorno, in realtà, ricco di speranza dove tutto si muove e germina piano piano, come preludio al trionfo della vita nella resurrezione del corpo.

La fraternità della Speranzaasperanza

(https://fraternitadellasperanza.com/)

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