Il tempo di Avvento è un tempo che pone l’uomo dinanzi all’attesa escatologica. Vorremmo, in questa seconda settimana contemplare una delle figure più significative di questo tempo forte dell’anno liturgico: Maria, arca escatologica dell’Alleanza.

Tela della Madonna del Rosario (parr. San Lorenzo, Varigotti, dioc. SAvona Noli)

Maria icona escatologica della Chiesa.

Alla Madre del Messia ogni cristiano e la Chiesa stessa deve guardare, per comprendere il senso della propria missione nella sua pienezza [8]; come la celebra gli Orientali, la Madre di Dio è la ὁδηγήτρια [9], cioè che guida a Cristo, unico mediatore per incontrare in pienezza il Padre. Un poeta francese vede in Lei «la creatura nel suo primo onore e nel suo sboccio finale, com’è uscita da Dio nel mattino del suo splendore originale» [10] e proprio per questa ragione, forse, la festa della Sua immacolata Concezione si pone nel mezzo del tempo d’Avvento e il Rito ambrosiano ne celebra in questo tempo la Sua Divina Maternità. Nel tempo dell’attesa del Signore che viene, Maria è contemplata come mediatrice tra l’uomo e Dio, strumento per il cui ventre si potette riaccendere quell’amore tra Dio e l’uomo che il peccato primordiale aveva intaccato, come il Sommo Poeta canta nel XXXIII canto del Paradiso: «Nel ventre tuo si raccese l’amore, per lo cui caldo ne l’etterna pace così è germinato questo fiore». La terzina dantesca spiega come nella sua Immacolata Concezione Maria sia il modello perfetto della creatura umana che colmata fin dall’inizio da quella grazia divina che sostiene e trasfigura la creatura [11], sceglie sempre, nella sua libertà, la via di Dio. Nella sua gloriosa Assunzione al cielo Maria è, invece, l’immagine della creatura chiamata da Cristo risorto a raggiungere, al termine della storia, la pienezza della comunione con Dio nella risurrezione per un’eternità beata. Per la Chiesa che spesso sente il peso della storia e l’assedio del male, la Madre di Cristo è l’emblema luminoso dell’umanità redenta e avvolta dalla grazia che salva. Nella terzina dantesca, dunque si racchiude tutto il senso escatologico della figura della Madonna: concepita Immacolata e assunta in Cielo si fa segno della creatura perfetta nella purezza della vita in Cristo. L’Avvento dice l’attesa della venuta di Cristo nell’ultimo giorno e la Figlia di Sion esprime l’immagine della comunione ecclesiale nella fede, nella carità e nell’unione con Cristo. Eternamente presente nel mistero di Cristo, Ella è, in mezzo agli Apostoli, nel cuore stesso della Chiesa nascente e di tutti i tempi. Non per caso, infatti, la Chiesa fu congregata nella parte alta del cenacolo con Maria. Non si può, dunque, parlare di Chiesa se non vi è presente Maria, la madre del Signore. Per questo la Madonna è posta, nella contemplazione della sua concezione immacolata, nel mezzo del tempo dell’anno liturgico che richiama l’attesa del Signore che viene [12]. Maria, in questo tempo di Avvento può essere considerata «Arca escatologica della nuova alleanza», in un duplice significato che richiama all’Arca dell’alleanza, custode della prima alleanza tra Dio e l’uomo e l’Arca della salvezza, di Noè. Dio vuole rinnovare l’alleanza con il suo popolo per mezzo di Maria, la sua Arca dell’Alleanza, poiché Lei è, secondo la Sacra Scrittura, l’Arca dell’Alleanza escatologica: Arca dell’Alleanza, vale a dire la dimora, residenza di Dio fra gli uomini; escatologica, cioè degli ultimi tempi, quando la venuta di Cristo in questo mondo ne inaugura l’ultima fase e l’inizio del cammino di ritorno finale a Lui. Maria è impegnata, coinvolta nell’Alleanza. Lei è la nuova, vera e definitiva Arca dell’Alleanza davanti alla quale le figure svaniscono: «L’Arca era il luogo per eccellenza della presenza di Dio. Addirittura gli ebrei finivano col considerarla Dio stesso[13] e la presenza di Dio era vista tra i cherubini posti al di sopra dell’Arca, nella quale erano contenute le tavole della Legge, la verga fiorita di Aronne [14] e un vaso pieno di Manna [15]. Ma l’Arca era solo un simbolo, Maria, invece, è la realtà dell’Arca dell’Alleanza che porta in sé non la parola di Dio scritta su pietra, ma lo stesso Verbo di Dio, il λόγος, fatto sua carne, divenuto suo Figlio; che porta in sé non il bastone verdeggiante di Aronne, ma il germoglio di Jesse; che porta in sé non la Manna, figura dell’Eucaristia, ma lo stesso Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Cristo Eucaristico, adorato dai Cherubini d’oro.

Statua dell’Immacolata venerata dai Pontefici in Piazza di Spagna (Roma)

Maria nella liturgia dell’Avvento.

L’Esortazione Apostolica Marialis Cultus, attesta che non può sfuggire ai fedeli, che vivono con la Liturgia lo spirito dell’Avvento, l’ineffabile amore con cui la Vergine Maria attese il Figlio. A motivo di ciò, sono invitati ad assumerla come modello e a prepararsi per andare incontro al Salvatore che viene [16]. Lo stesso documento evidenzia come la Liturgia dell’Avvento, congiungendo l’attesa messianica e quella del glorioso ritorno di Cristo con l’ammirata memoria della Madre, presenti un felice equilibrio cultuale, che può essere assunto quale norma per impedire ogni tendenza a distaccare il culto della Vergine dal suo necessario punto di riferimento, che è Cristo. In questo modo nel tempo di Avvento, la Liturgia, oltre che in occasione della solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, costantemente richiama alla preparazione radicale [17] alla venuta del Salvatore, e del felice esordio della Chiesa senza macchia e senza ruga, ricorda frequentemente Maria, soprattutto nelle ferie dal 17 al 24 dicembre e, segnatamente, nella domenica che precede il Natale, nella quale fa risuonare antiche voci profetiche sulla Vergine Maria e sul Messia e legge episodi evangelici relativi alla nascita imminente del Cristo e del suo Precursore.

Il Rito Ambrosiano, celebra, nella sesta domenica di Avvento la Domenica della Divina Maternità di Maria o dell’Incarnazione. Una peculiarità liturgica risalente ad antichi manoscritti. Le prime attestazioni si hanno intorno al 431 e si crede siano direttamente risalenti ai Padri del terzo Concilio ecumenico, quello di Efeso; è la prima celebrazione che non intende celebrare un evento particolare della vita di Maria, ma il grande mistero della sua divina e verginale maternità, mistero che il Rito Romano celebra il primo giorno dell’anno. È significativa la categorizzazione di questa ricorrenza liturgica quale “solennità del Signore” ad indicare che il protagonista è il λόγος eterno che prende la carne nel grembo di Maria, strumento di Dio stesso che a Lui si apre nel «fiat». La sesta domenica dell’Avvento Ambrosiano è quella immediatamente precedente al Natale a sottolineare il legame strettissimo tra la Madre e il Figlio: una Vergine che diviene madre senza perdere la sua purezza e un Dio che diventa uomo senza perdere la sua divinità. Tra i titoli vari che nell’anno liturgico vengono attribuiti alla Madonna e che di Lei sono celebrati , quello della Sua divina maternità è sicuramente il più peculiare. Bisogna anzitutto notare che non si parla di “Madre di Gesù”, ma di “Madre di Dio”; può apparire una differenza minimale, eppure fu sancita per il mezzo di un Concilio, Efeso appunto, il quale proclamò Maria Θεοτόκος, ovvero letteralmente “colei che genera Dio” [18]. Da quando la Madonna ricevette il titolo di “Genitrice di Dio” nel V secolo, la sua venerazione conobbe una crescita costante. Quest’aspetto si riflette anche nel numero pressoché infinito di icone raffiguranti la Madre di Dio, che superano ampiamente quelle che ritraggono il solo Cristo. Comunque, ogni icona della Madre di Dio è a sua volta anche un’immagine di Cristo, in quanto Maria viene raffigurata in maniera quasi esclusiva con il Bambino o come mediatrice di fronte al Figlio [19]. Ancora una volta per comprendere questa celebrazione della Liturgia ambrosiana ci viene in aiuto Dante che pone sulle labbra di San Bernardo di Chiaravalle la sintesi, potremmo così dire, della sesta domenica dell’Avvento ambrosiano: «Vergine Madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura, termine fisso d’etterno consiglio» [20]. La Maternità Divina unisce in modo ineffabile Maria al Padre. Ella, infatti ha per Figlio il Figlio stesso di Dio, imita e riproduce nel tempo la generazione misteriosa con la quale il Padre generò il Figlio nell’eternità, restando così associata al Padre nella sua paternità, per mezzo della sua divina maternità.

E dunque, se l’Avvento è il tempo escatologico che ci prepara, nell’attesa, all’incontro con il Signore nell’ultimo giorno, oltre che commemorare la Sua prima venuta, allora Maria è la donna dell’Avvento. Arca escatologica dell’Alleanza nuova ci indica la via che ci introduce alla salvezza offerta da Dio stesso col quale Lei è in stretta correlazione, essendone la genitrice. Ora, questa offerta di salvezza viene da Maria ed Ella la partecipa al popolo di Dio come un tempo ai pastori. Maria che ha dato la vita al Figlio di Dio, continua a partecipare agli uomini la vita divina. Per questo viene considerata madre di ogni uomo che nasce alla vita di Dio, e insieme proclamata e invocata come «Madre della Chiesa». Con gli Orientali, passando dal Rito Ambrosiano e da quello Romano, anche noi celebriamo Maria come Θεοτόκος, perché solo tramite Lei riusciamo a riconoscere veramente Cristo come Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo, nell’attesa di un Avvento che davvero possa significare quanto esprime nel suo senso più profondo.

Prof. Cristian Lanni

Altri articoli del prof. Lanni sul tema liturgico sono presenti nella nostra rubrica: ABC Liturgico.

[8] cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Libertatis conscientia, 22.3.1986, n. 97.

[9] Dal greco «colei che indica la via».

[10] P. Claudel, La Vierge à midi, Pléiade, 540.

[11] cfr Lc 1,28.

[12] cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Communionis notio, 28.5.1992, n. 19; oppure si veda: Cromazio di Aquileia, Sermo 30,1.

[13] cfr. Nm 10,35.

[14] cfr. Nm 17,17-25.

[15] cfr. Eb 9,4.

[16] cfr. Paolo PP. VI, Esortazione Apostolica: Marialis Cultus, n.4.

[17] cfr Is 11,1-10.

[18] Si consideri che il Concilio fu convocato per discutere problematiche sorte su questa t ematica, non per affermare la verità in sé, già risaputa.

[19] cfr. Eva Haustein-Bartsch, Icone, Taschen, 66.

[20] Par., XXXIII, 1-3.

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