Il Tempo escatologico dell’Avvento. Un uomo mandato da Dio è un approfondimento di carattere teologico sul tempo forte dell’Avvento a cura del prof. Lanni Cristian. Altri suoi articoli sulla liturgia sono nella nostra rubrica: ABC Liturgico.

La terza domenica dell’Avvento romano e la quinta dell’Avvento ambrosiano propongono entrambe la figura del Precursore, Giovanni Battista. In questo tempo, tuttavia pare avventato attribuire a quest’ultimo grande Profeta d’Israele, il solo del Nuovo Testamento, l’epiteto di “Battista”, piuttosto, con maggior correttezza, potremmo attribuirgli quello di Testimone. La seconda figura, dopo quella di Maria Vergine, meditata la scorsa settimana, che ci fa strada in questo tempo di preparazione al Natale, è indubbiamente quella di Giovanni il Precursore, un uomo mandato da Dio che venne per dare testimonianza alla Luce [21].

Profeta dal grembo materno

Quella del Battista è certamente la figura di Santo tra i più venerati. La Liturgia stessa lo ricorda con particolare cura, celebrandone come per la Madonna sia il giorno della nascita sulla terra che quello della sua nascita al Cielo. Ultimo dei Profeti d’Israele e primo dei discepoli del Signore Gesù, la sua missione si manifesta ancora prima della nascita con segni messianici, attraverso l’esultanza nel grembo materno. Nel vangelo di Luca [22] si dice che Giovanni appartiene ad una famiglia sacerdotale, suo padre Zaccaria era uno dei Sacerdoti del Tempio, della classe di Abia, mentre sua madre Elisabetta si identifica come parente, cugina, di Maria. Già dal nome, il Precursore annuncia che qualcosa di grande dovrà avvenire nella sua vita, a qualcosa di ben più alto sarà chiamato da Dio nella sua vocazione.

All’ottavo giorno dalla sua nascita, nel tempo della circoncisione, il padre Zaccaria non volle imporgli un  nome della famiglia, ma insistette affinché il bambino si potesse chiamare Giovanni, riacquisendo così la parola toltagli da Dio per non aver creduto all’annuncio dell’angelo che gli portava la novella della nascita di un figlio in tarda età, durante l’officiatura nel Tempio [23].

Zaccaria riacquista la capacità di parlare nel momento in cui accetta che il nome del figlio non sia il suo, riconoscendo così che è qualcosa di altro da sé. Questo è il segno di un cambiamento, che muterà la direzione della storia. Con la nascita di Giovanni incomincia l’opera di Dio. Nel Vangelo c’è il gioco dei due nomi: Zaccaria e Giovanni. Il primo vuol dire “Dio ricorda”, fa presente il passato, mentre Giovanni vuol dire “Dio fa grazia ora”, Dio in questo momento è benevolo. Si passa dal passato al presente. Il nome da dare al bambino non deve essere più quello della parentela ma deve cambiare.

È una linea di rottura. La memoria, certo, è una cosa molto importante, ma tutto è finalizzato al fatto che uno apra il cuore all’opera di Dio adesso, ora. Chi è in Cristo è una creatura nuova. Noi non entriamo nella logica della redenzione finché non apriamo il cuore a quello che Dio sta facendo adesso a noi. È la prima indicazione che Giovanni offre per questo tempo di avvento: aprire il cuore a Cristo per entrare nella novità di un’altra vita, trasfigurata. Nella memoria del passato finalizzare la nostra vita all’accoglienza della Parola, ora. Il tempo escatologico dell’Avvento vuole educarci a quest’ accoglienza che guarda in avanti, ma ben salda nel ricordo del passato.

«Sarete miei testimoni»

Negli Atti degli Apostoli Gesù rivolgendosi ai suoi dice «Mi sarete testimoni fino ai confini del mondo» [24], proprio questo è il secondo insegnamento che Giovanni il Precursore ci offre in questo tempo Avvento: essere Testimoni.

Nel brano quasi poetico del Prologo al vangelo di Giovanni, l’inno idealmente suddivisibile in tre strofe, interrompe il discorso sul verbo incarnato per introdurre una figura: un uomo mandato da Dio, Giovanni.

Analizziamo quanto del Prologo ci parla di Giovanni il Precursore per comprendere l’importanza della sua figura.

C’è chi pensa che lo stralcio circa il Precursore sia stato inserito in un secondo momento, ma in realtà a questo punto del Prologo il parlare di Giovanni non è fuori luogo. Le prime due strofe hanno parlato della pre-esistenza, o meglio della sovra-esistenza del λόγος e del suo ruolo nel mondo creato, concludendo in modo poetico «la luce brilla nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta» [25]. Questa vittoria della luce ha bisogno di un testimone: un uomo mandato da Dio, Giovanni. Egli sopraggiunge nel corso della storia e la sua venuta è presentata come un evento inatteso.

È un aspetto nuovo nella storia del λόγος: un personaggio di questo mondo è incaricato di proclamare agli uomini la presenza della luce del Verbo, affinché possa essere riconosciuta. Anche Giovanni il Battista è stato mandato da Dio, il termine παρά, usato in riferimento al Precursore e al suo invio da parete di Dio, è riservato solo a Gesù e al Paràclito. Dio stesso invia Giovanni con una missione: egli è venuto «per testimonianza» [26], come esprime letteralmente il testo. La sua testimonianza è alla luce del λόγος che brilla nel mondo. L’obiettivo è che tutti credano, cioè tutti gli uomini e le donne di ogni luogo e di ogni tempo possano credere: Giovanni è il testimone, l’intermediario tra il Verbo e l’umanità.

Giovanni doveva dare testimonianza alla Luce pur non essendo luce: Questo concetto tradisce qualche polemica antibattista, ma non sminuisce la dignità del Precursore e l’importanza della sua missione. Giovanni è un personaggio storico, la cui testimonianza però supera una particolare situazione storica. Un uomo della storia che porta a termine per conto di Dio una missione che travalica i confini della storia stessa. un uomo storico con una missione metastorica.

La testimonianza a cui il Precursore è vocato si può meglio comprendere analizzando tre piccoli stralci evangelici. Il primo è la testimonianza che rende quanto i Giudei gli inviarono, da Gerusalemme dei sacerdoti e leviti ad interrogarlo [27]. Qui si vede come la testimonianza di Giovanni, valida al di fuori del tempo e dello spazio, abbia avuto una sua collocazione storica. Il prologo storico, cosiddetto, si divide in due giornate. Nella prima vi è la testimonianza di Giovanni Battista davanti agli inviati delle autorità.

Nella seconda il Battista testimonia la sua esperienza di Gesù nel momento in cui ha ricevuto il battesimo. Il secondo stralcio è la confessione del non essere Cristo [28]. Giovanni Battista non parla di sé, non dice di chi è figlio e da dove viene, cose che un normale personaggio biblico avrebbe detto. La sua risposta sembra inopportuna, ma in realtà egli smaschera subito l’oggetto reale dell’inchiesta che continuerà da parte dei Giudei a riguardo di Gesù. Egli porta direttamente l’attenzione sull’identità del Messia e orienta indirettamente verso Colui che viene e che egli attende.

E l’ultimo, quando il Precursore è obbligato a dire qualcosa di sé [29]. Nella costrizione di parlare di se stesso si annulla, non si presenta direttamente. Dice «io sono voce», una realtà senza corpo, che prende importanza solo dal fatto di far risuonare nuovamente la profezia della salvezza. Nell’originale greco non c’è la parola “sono”, perché l’espressione “Io sono” nel quarto vangelo è riservata soltanto a Gesù. Nel quarto vangelo Giovanni Battista è notevolmente ridimensionato. Non c’è più il predicatore infuocato, il precursore minaccioso, il battezzatore che attira le folle, l’eroe che sfida i principi e muore martire. Egli è solo una voce venuta da lontano che attualizza una promessa e lancia un appello. Nel Prologo Giovanni non era la luce, qui è soltanto una voce, in opposizione allusiva alla Parola di Dio che è Gesù.

Conclusioni

La Liturgia, dunque, tanto nel rito Romano quanto nell’Ambrosiano, presenta a ridosso del Natale la figura del Testimone. Un uomo mandato da Dio, ovvero indica come Dio si faccia prossimo all’uomo non nella singolarità dell’individualismo, ma nella pluralità della comunione. Si serve di un uomo perché possa testimoniarlo, perché possa indicarlo. Il Precursore testimonia e porta agli uomini il mistero di Dio stesso. la Liturgia ci suggerisce che per preparare il cuore al Natale, ma meglio, per vivere bene l’attesa del Signore, bisogna rendersi testimoni al punto da annullare la propria persona, rendersi solo come una voce che attesta convintamente il mistero del Dio fatto uomo, crocifisso e risorto.

Prof. Cristian Lanni

Note

[21] cfr. Gv. 1, 6-7.

[22] cfr. Lc. 1,15.

[23] cfr. Lc. 1, 57.66-80.

[24] At. 1,8.

[25] Gv. 1,5.

[26] cfr. Gv. 1,7.

[27] cfr. Gv 1,19.

[28] cfr. Gv 1,20.

[29] cfr. Gv 1,23.

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