II Domenica di Quaresima
Commento al Vangelo a cura di Stefano Baldini
Ciao sorella o fratello mio,
sappi che sono solo un semplice postulante dei Cappuccini e non sono degno di ricoprire l’alto ruolo di commentare il Vangelo con la mia grezza teologia, raccattata qua e là dai servi del Signore che hanno spezzato la Sua Parola per me, ma proverò a soffermarmi con te sul vangelo della trasfigurazione di questa seconda Domenica di Quaresima (Mt 17,1-9).
D’altronde, la Parola è viva, e parla a tutti, anche al più caprone come me; perciò, affidandomi allo Spirito, forse ciò che oggi questa lettura mi ha suscitato viene da Lui, ma prega anche tu lo Spirito per me.
Il Signore in queste settimane, nella mia personale ricezione, sta battendo molto sulla giustizia ed il timore che Gli dovremmo, e voglio soffermarmi su quest’ultimo. Questo perché, leggendo il Vangelo, trovo che sia proprio il passo che più ce lo dona e meglio ce lo fa intellegere.
Come un po’ in tutte le nostre comunità – chi prima e chi magari poi – qualcuno vive nella grazia di non avere resistenze verso Dio e così, scoprendosi chiamato, si lascia sedurre da Gesù e lo segue, verso l’alto, fino a poggiare i piedi sulla terra calpestabile meno lontana dai più alti cieli (cfr. Mt 17,1).
Questa è l’esperienza dei tre apostoli presi con sé da Gesù: Giacomo, che sarà il primo apostolo martire eppure non sarà certo l’unico; Pietro, il primo vicario di Cristo, seguito da molti altri che saranno resi degni di svolgere tale ministero; e Giovanni, il primo evangelista che avrà probabilmente testimoniato a suo tempo questo straordinario evento, anche se per qualche motivo saranno altri, non presenti, a tramandarlo per iscritto e non lui.
Tanti invece sono quelli rimasti ai piedi del monte Tabor quel giorno, ma nessuno di loro – neppure noi! – è meno chiamato a vivere questa intimità col nostro Dio.
È da escludersi che i tre apostoli siano stati scelti per meriti particolari rispetto agli altri, anche se forse una caratteristica minima, necessaria e non così comune, dovevano averla. E dev’essere la stessa che fece sì che di fronte al roveto ardente, Mosè desse ascolto a quella voce e si levasse i sandali in quel luogo sacro (cfr. Es 3,5), o che alla presenza del Signore, in quella brezza leggera, Elia si coprisse il volto (cfr. 1Re 19,13): sto parlando dell’essere timorati di Dio.
Chissà con quali e quante diverse reazioni altri avrebbero reagito di fronte a tali manifestazioni di potenza e splendore. Invece, i tre discepoli, nel loro grande timore, rimasero con la faccia a terra lì dove erano caduti (cfr. Mt 17,6), e io penso proprio sia questo ad averli salvati. Al contrario, tanti altri forse ci sarebbero rimasti secchi, mossi da scetticismo, o curiosità, o panico,…
Nei successivi istanti di rispettoso e timoroso silenzio, i tre apostoli stanno facendo alla perfezione ciò che il Padre ha comandato loro e ciò che anche noi dovremmo fare: tacere per ascoltare (cfr. Mt 17,5); morire a noi stessi per fare spazio a Colui che viene nel nome del Signore, per donarci la Sua misericordia e rialzarci.
E infatti Gesù non tarda: si avvicina a noi, si incarna, e ci tocca, il che vuol dire che è vivo, è vero, è sentiero per le promesse per le quali abbiamo appena gioito (cfr. Mt 17,7; Gv 14,6; Mt 17,4). È l’Adamo che piace, la cui imitazione ci porta lì dove saremmo dovuti essere (cfr. Mt 17,5; Ef 4,20-24).
E finalmente rompe il silenzio: e come lo fa? Con tutto l’amore possibile per noi. Ignora la nostra miseria, vedendo il nostro pentimento. Ci incoraggia, donandoci la sua dignità di Figlio, e ci chiede di alzarci di fronte a Lui, facendo appello alla nostra libertà. Gustiamocele, queste parole…
«Alzatevi e non temete».
Mt 17,7
E noi non vogliamo dargli retta a chi ci ama così tanto?
Dopo la trasfigurazione Gesù è lo stesso di prima, ma il cuore e lo sguardo degli apostoli è cambiato, e lo continuano a vedere trasfigurato, anche se non “sbrilluccica” più. Sapevano già che era il Cristo, ma adesso capivano. Sapevano già che voleva loro bene, ma adesso lo respiravano. Lo sparire del segno non comporta una disillusione, anzi.
Anche il timore di Dio si è trasfigurato. Non si tratta più di paura da Antico Testamento, di chi sta di fronte ad un Potente e ad un Giudice, ma è diventata apprensione di non voler ferire o deludere Chi dall’altra parte ci ama in ogni modo e vuole il nostro sommo bene e di tutti i nostri fratelli e sorelle. È il Babbo buono e misericordioso del Nuovo Testamento, Colui che ci aspettava da sempre.
Ecco perché forse il Vangelo della trasfigurazione è anche la bella notizia della trasfigurazione del timore di Dio, che diventa un dono dello Spirito.
Allora carissima/o, andiamo verso di Lui che è ‘na roba troppo bella! Gesù in questa Quaresima vuole darci una piccola parentesi di spazio e di tempo per portarci in alto e stare con Lui.
Buon proseguimento di Quaresima!
Pace e bene.
Stefano Baldini
Qui potete leggere il Commento al Vangelo della I Domenica di Quaresima.
P.S. Ricordatevi di scegliere un versetto e un proposito da vivere in questa II settimana di Quaresima e di appuntarli nel vostro Libricino.