La fatica della preghiera è una meditazione su alcuni passi del capitolo diciassette del libro dell’Esodo.

“Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk”.

Suggestiva questa immagina che ci viene regalata dal capitolo diciassette del libro dell’ Esodo, Israele sta affrontando una delle sue molteplici battaglie, è conscio del fatto che ogni sua vittoria è possibile solo grazie alla presenza e al favore del Signore degli Eserciti e così Mosè, guida di questo popolo nel deserto, si pone in preghiera. Una preghiera che deve durare tutta la giornata, fino al tramonto del sole, affinché Israele possa trionfare sugli Amaleciti.

Ad un certo punto avverte la stanchezza, avverte il peso delle sue mani ma non può cedere, pena la sconfitta e la morte del “suo” popolo. Cosa fare? Resistere? Sì, ma come? Ascoltiamo il seguito: Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole”.

Ecco la soluzione geniale ed al contempo condivisa, lo fanno sedere (posizione dell’ascolto) e Aronne e Cur, che erano con lui sul monte, gli tengono le mani alzate. Le mani rimasero alzate e Israele vinse. 

Cosa vuole dirci questo passaggio biblico? Cosa può indicarci questo breve racconto? Almeno tre cose.

La prima: la preghiera costa fatica, la preghiera non sempre viene spontanea, la preghiera è una lotta.

La seconda: la preghiera non è un monologo, infatti Mosè, in primis, si siede e questo “stare seduti” è, nella liturgia, la posizione dell’ascolto. Noi parliamo, Dio ci ascolta ma quando Dio parla, noi dobbiamo ascoltare e poiché lui parla nel silenzio, occorre tacere ed essere attenti.

Il terzo dettaglio, quello che vorrei custodire durante la settimana, è che quando ci mancano le forze, la voglia, arrivano gli aiuti, umani e spirituali, è il bello di essere Chiesa, come accade con Aronne e Cur. Quando ci stanchiamo di pregare, quando pensiamo che la preghiera non serve, quando crediamo che Dio sia sordo e quando, per nostra fragilità, smettiamo di pregare, ecco che la nostra preghiera non si arresta, c’è in primis lo Spirito che prega in noi ma non solo in quanto la Chiesa tutta, comunità dei battezzati, intercede per noi. 

E se alla fine del giorno, come per gli Israeliti, otteniamo qualche vittoria o successo, sarebbe bello ringraziare chi con noi ha pregato, ha combattuto, ha sperato. 

Buona domenica a tutti voi.

Altre meditazioni bibliche sono presenti nella nostra rubrica Lievito-nella-pasta/

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