È Dio tutto ciò che ci sorpassa, tutto ciò su cui non abbiamo trionfato.

Marguerite Yourcenar, Maria Maddalena o della salvezza, da Fuochi

Fuochi

Fuochi è forse uno dei libri più passionali di Marguerite Yourcenar, un intimo concentrato di dramma e poesia. Nata da una crisi passionale – l’amore non corrisposto per il suo editore André Fraigneau, innamorato di altri uomini – l’opera si presenta «come una raccolta di poesie d’amore o, se si preferisce, come una serie di prose liriche collegate fra di loro sulla base di una certa nozione dell’amore» (Prefazione dell’autrice). Tale nozione di amore non è una novità letteraria: è l’amore totale e totalizzante, che si impone alla sua vittima come malattia e vocazione; una malattia, che mentre consuma e sfinisce, al tempo stesso riorienta l’esistenza, in una nuova ricerca di sé.

Tutto questo l’autrice lo fa riscrivendo – in prima persona – nove storie di amanti infelici del mito, la cui vicenda si sovrappone a quella di Marguerite: eroine abbandonate, amori destinati a fallire, amati che si sottraggono, urticante passione che come un fuoco scava le ossa. Questi amanti infelici, principalmente donne, offrono all’infelice Marguerite una casa degli specchi in cui riflettere e amplificare il suo cuore straziato, uno spazio senza limiti in cui vivere la sua passione in tutti suoi rigurgiti, una terapia dell’anima fatta di parole e scrittura per guarire da quell’amore impossibile, perché dalla disperazione accettata si possa costruire, come dice in una delle ultime battute del libro: non si costruisce una felicità che su fondamenta di disperazione. Penso proprio che ora posso mettermi a costruire.

Maddalena

Tra le figure con cui Marguerite si immedesima, a sorpresa compare – unica figura della storia e della religione – Maria Maddalena. Come Marguerite – perché è Marguerite il modello su cui Maddalena è curvata e deformata – Maria di Magdala vive un amore ferito, il rifiuto, l’abbandono. Prima di un uomo e poi di Dio. Innocente, pura, ingenua è tutta del suo uomo, Giovanni l’Evangelista, che la sera delle nozze l’abbandona vergine per seguire Dio, imbucatosi alla sua festa di nozze quale bianco vagabondo, che comunicava ai giovani con un tocco delle dita, con un bacio, quell’orribile specie di lebbra che li costringe a separarsi da tutto, e venuto poi a bussare alla sua finestra nei lunghi interminabili istanti prima dell’amplesso non consumato.

Mentre Giovanni fugge verso lo Sposo, Maddalena fugge verso la perdizione. Preda della vergogna delle nozze illibate, va a concedersi al centurione romano Mario e inizia la sua carriera di prostituta, tra Gerusalemme, Giaffa, Atene e Smirne. Tornata a Cesarea, sente parlare da un paralitico di quel Dio, che gli aveva rapito l’amore di Giovanni:

nonostante le suppliche degli angeli che senza dubbio si sforzavano di ricondurlo in cielo, Dio continuava ad aggirarsi di villaggio in villaggio, schernendo i preti, insultando i ricchi, spargendo zizzania nelle famiglie, giustificando la donna adultera, esercitando ovunque il suo momento di voga.

Lo cerca, lo vuole sedurre per privare Giovanni del suo sostegno eterno e costringerlo a ricadere su di lei con tutto il peso della carne, perché noi pecchiamo perché Dio non c’è: è perché nulla di perfetto ci appare, che noi ci accontentiamo delle creature. Se Giovanni avesse capito che Dio era soltanto un uomo, non avrebbe avuto più ragione di non preferirgli i miei seni.

I soli frammenti del suo cielo

Si presenta alla cena di Simone il Fariseo, pronta a realizzare il suo piano di seduzione… e, invece, mentre tutti la schivano come una donna continuamente mestruata, solo Dio rimane seduto, pronto a farsi raggiungere. China ai suoi piedi consumati dal camminare su tutte le strade del nostro inferno, incrociando suoi occhi puri come i soli frammenti che gli restassero del suo cielo, Maddalena resta sedotta da quel Dio solidale e, mentre gli lava i capelli con le lacrime e i capelli, capisce…

Capivo come quel Dio fuorilegge avesse dovuto sgusciare un mattino fuori delle porte dell’alba, lasciandosi dietro le persone della Trinità sbalordite di essere rimaste in due. Aveva preso alloggio nella locanda del tempo; si era prodigato con innumerevoli passanti che rifiutavano di dargli l’anima ma pretendevano da lui ogni sorta di gioie tangibili. Aveva sopportato la compagnia dei banditi, il contatto dei lebbrosi, l’insolenza dei gendarmi: accettava come me l’orribile sorte di appartenere a tutti.

Anche Dio, come lei, appartiene a tutti, anche se in modo totalmente diverso; come Lui, anche lei apparterrà a tutti, nel modo che è proprio di Dio. Nel momento, infatti, in cui i demoni la lasciano, Maddalena diventa la posseduta di Dio, l’amante, che accetta il brillante matrimonio dell’uomo che ama – il matrimonio della croce – e la sua carriera di Salvatore.

Svuotata tutta da Dio

Foto di Robert Cheaib da Pixabay

Scavata come la tomba del sepolcro, nell’assenza di Lui, Dio avuto per poco e poi sottratto per sempre, nello spazio scavato dal dolore, unica parte irrinunciabile dell’amore, Maddalena si vede svuotata tutta da Dio: un Dio ladro, che gli ha rubato l’amore di una creatura, le gravidanze, la maternità, la vecchiaia; un Dio che gli ha rubato l’innocenza e poi i peccati; un Dio che gli ha rubato persino sé stesso, il suo cadavere sulla croce e nella tomba vuota, e il suo fantasma nel giardino della risurrezione.

Ma quel Dio che mi ha preso tutto, non mi ha dato tutto. Non ho ricevuto se non una briciola dell’amore infinito: come la prima venuta, ho diviso il suo cuore con le creature […] E tuttavia mi ha salvata. Grazie a lui, di ogni gioia io non ho avuto che la sua parte di pena, la sola inesauribile […] Non rimpiango di essere stata rimodellata dalle mani del Signore. Egli non mi ha salvato né dalla morte, né dai mali, né dal delitto, poiché è grazie a essi che ci mette in salvo. Mi ha salvata dalla felicità.

A parlare qui è Marguerite, che ha elevato l’uomo amato fino a Dio e che ora «si persuade della banalità della felicità e vuole credere che solo la sofferenza sia degna d’essere vissuta, che il suo destino sia di vivere senza sosta l’esperienza del dolore, sola parte inalterabile dell’amore», come scrive M. Goslar in Marguerite Yourcenar. Quanto sarebbe stato insipido essere felice!. Eppure qualcosa è cambiato per sempre.

La Maddalena di Marguerite

Non possiamo vedere nella Maddalena di Marguerite Yourcenar la stessa ostinazione della Maddalena giovannea che, dopo aver svegliato con il suo cuore arpista l’aurora del giorno uno della nuova creazione della salvezza, non riesce ad andare oltre il sepolcro vuoto, il cadavere trafugato, la morte implacabile, il pianto e la disperazione e non riesce a riconoscere nel giardiniere il Signore fiorito dalla Croce, se non dopo il richiamo dolcissimo del Rabbunì che l’ha fatta danzare e finalmente voltare verso nuovi orizzonti, riorientandola del tutto, dopo il dolore, così che possa correre con le ali ai piedi, rematrice della Pasqua?

Spazio per il nuovo

Per Marguerite e la sua Maddalena, come per ogni amore ferito, arriva sempre il momento in cui lo spazio intarsiato dal dolore, il terreno impastato dalla disperazione, il vuoto lasciato dall’assenza, la pietra del sepolcro fermentata dalla risurrezione diventa spazio per il Nuovo. Spazio per nuovi amori, spazio per nuove missioni e nuove fioriture. Così fu per Maddalena, la salvata, la prima a vedere che l’Assente non era tale, ma che, risorto, è sempre Presente. Marguerite – l’abbiamo chiamata per nome, perché mette in gioco il suo cuore in questo testo – ci lascia al momento in cui il Risorto sembra solo un’ulteriore assenza… ma sappiamo bene che non è così.

Ma Maddalena si sa salvata da quel dolore e vinta da Dio. «Non è forse la massima sventura – come dice Simone Weil, in L’ombra e la grazia – quando si lotta contro Dio, quella di non essere vinto?». Non è questa già Pasqua e aurora del giorno dopo il sabato?

Consiglio la lettura di questo interessante articolo Maria Grazia Cossu, Marguerite Yourcenar: la figura della Maddalena, fra mito e autobiografia, in «Bollettino ‘900» 2010 (n. 1-2). Clicca qui per il link!

Francesco Pacia

Le citazioni sono riprese da M. Yourcenar, Fuochi, tr. it. di M.L. Spaziani, Bompiani, Milano 20224. Per rileggere lo scorso articolo della rubrica Scribi del Mistero, clicca qui!

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