Commento al vangelo della domenica del Corpus Domini

Io sono il pane che vive, disceso dal cielo. 

Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno 

e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.

Gv 6,51

Su ogni carne

Cosa hai scorto nell’umanità che valesse la tua discesa? Tu che potevi bastare a Te stesso, non hai reputato spregevole la catabasi, addentrarti negli atri della nostra carne e spingerti tanto dentro da rendere necessaria ogni parte di Te per questo amore. Niente Ti ha spinto alla discesa se non l’amore del Padre, tutto in Te riversato, perché avessi potere su ogni carne e potessi versare la vita eterna a tutti coloro che Lui ti aveva consegnato (Gv 17,2). E questa nostra linea vitale che aveva la morte per capolinea, per questo vostro scandalo d’amore, ha ricevuto il limite dell’eternità.

Non abbastanza

Hai sigillato il tuo corpo delle nostre ferite, hai impresso nel tuo sangue tutti i frammenti di questo nostro vivere. Hai imbevuto di morte la tua immortalità, perché dalla tua carne potessimo essere rigenerati. In Te, uno, si pacifica la nostra ricerca e tutto il tormento di non essere amati abbastanza, di dover camminare mentre cadiamo a pezzi, sotto il peso di ogni stimmate dolorosa. Dentro il tuo corpo tutto si unisce e, quando lo Spirito addensa la carne, mi mostri che la realtà si apre tutta ad amarmi e a dirmi che il suo Creatore ha innervato di sé ogni briciola di questa vita.  

Per non meno

Restano aperte le piaghe della tua risurrezione, perché dentro possa farsi strada tutta l’umanità a nutrirsi della tua carne, pane di Paradiso. E nel tuo sangue che scorre nel corpo delle tue membra ecclesiali possiamo sentire il profumo di tutte le vigne del Padre. In questo solenne giorno, ricordo il giorno dell’incontro, quando, senza fasce e senza sudario, nel nardo di tutti gli amori che avevano ferito la mia carne e di tutti i dolori che avevano trapassato le ossa, Ti riconobbi nella primavera di un giardino ancora poco fiorito e con l’amore del tuo cielo mi hai richiamato ad esistere e a vivere per non meno del tuo corpo eterno.

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