La pluralità dei Riti nella Chiesa e il loro processo di formazione è un articolo del prof. Lanni Cristian sulla presenza e la formazione di una grande varietà di riti in seno alla nostra Chiesa. Altri articoli, a cura del prof. Lanni, sono presenti all’interno della rubrica: ABC Liturgico.
Dal 20 al 30 aprile scorsi il Pontefice Francesco si è recato in Ungheria per un viaggio apostolico già da tempo programmato. In questa occasione, il Santo Padre si è recato dai Cristiani Greco-Cattolici ungheresi, accolto dall’Arcivescovo Metropolita dell’Eparchia di Hajdùdorog, e li ha benedetti utilizzando paramenti e croce propri del rito. Non poche sono state le osservazioni, anche duramente critiche, per questo si è pensato di proporre, di seguito una riflessione sui riti di cui la Chiesa Cattolica è formata e, successivamente, sul perché il processo di creazione delle tradizioni dei riti celebrativi debba ritenersi ormai chiuso.
I Riti nella Chiesa Cattolica e la loro derivazione
Parlando del rito, nella Chiesa, anzitutto può essere utile riferirsi al suo significato specifico, ovvero a cosa si intenda con questa parola. Rito è Il complesso di norme che regola lo svolgimento di un’azione sacrale, le cerimonie di un culto religioso. Suo connotato essenziale è l’imprescindibilità da un ordinamento preesistente alle singole azioni sacre; diversamente si possono avere manifestazioni soggettive di religiosità, non riti. Nella Chiesa Cattolica il rito è, in senso proprio, la prassi secondo la quale si celebrano la Messa, i Sacramenti e i Sacramentali, l’Ufficio divino, e si compiono le altre azioni liturgiche che caratterizzano i vari tempi dell’anno. Esso è determinato da norme introdotte originariamente per via di consuetudine e successivamente fissate nei libri liturgici approvati dalla Sede Apostolica. In senso più largo il termine indica l’intero ordinamento della liturgia, comprendente la distribuzione delle feste nel calendario e il loro grado di solennità.
Ogni fedele cristiano appartiene a un rito determinato; l’appartenenza all’uno piuttosto che all’altro non è elettiva per i singoli, ma determinata da precise norme di Diritto Canonico, in base all’appartenenza territoriale e tradizionale familiare. Parimenti, il cambiamento di rito non è facoltativo: fatta eccezione per la donna che sposa un uomo di rito diverso, si richiede il permesso esplicito della Santa Sede. Tuttavia ai singoli fedeli è sempre lecito ricevere i sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia in un rito diverso dal proprio. La disciplina e la vigilanza sui rito orientali è affidata al Dicastero per le Chiese Orientali, quella dei riti latini al Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
Ad oggi, nella Chiesa Cattolica esistono ventitré riti diversi per la celebrazione della messa, tutti riconosciuti dalla Santa Sede. Essi sono divisi a seconda della storica area geografica di provenienza: latina, costantinopolitana o bizantina, alessandrina, siriaca occidentale o antiochena, siriaca orientale o caldea, armena.
La storia di queste multiforme ritualità è legata al riconoscimento delle tradizioni celebrative di comunità diverse tra loro, con sensibilità umane diverse e con accenti sacrali anche molto diversificati. Tutte tradizioni però che risalgono nella loro genesi a prima dell’anno mille, in certi casi anche molto prima. Poi, però, le chiese di nuova nascita, a partire dal XV secolo, cioè dalle scoperte geografiche, non hanno avuto la possibilità di costruire nel tempo ritualità proprie, ma hanno assorbito il rito dei missionari che le avevano suscitate, praticamente sempre quello romano [1].
Una breve descrizione delle origini
Un rito rappresenta una tradizione ecclesiastica che indica come dovrebbero essere celebrati i sacramenti. Ciascuno dei sacramenti ha come centro una natura essenziale, che deve essere rispettata affinché il sacramento abbia luogo. Quando gli apostoli portarono il Vangelo ai maggiori centri culturali del loro tempo, le pratiche basilari di fede non facevano parte di quella cultura, l’essenziale era influenzato dai simboli e dagli ornamenti che comunicavano il significato culturale desiderato da quella particolare cultura. Questo includeva i sacramenti.
Esistono tre principali gruppi di Riti, basati su questa trasmissione iniziale di fede: il romano, l’antiochiano (siriano) e l’alessandrino (egiziano). Più avanti il rito bizantino si è trasformato in un Gruppo di Riti, provenienti dal rito di Antiochia, sotto l’influenza di San Basilio e di San Giovanni Crisostomo. Da questo nucleo fondamentale e fondante si sono sviluppati i ventitré riti esistenti.
Le prime celebrazioni che incontriamo risalgono al IV/VI secolo, solo di domenica. Nel Nuovo Testamento non troviamo alcuna descrizione sistematica della primitiva liturgia cristiana. Dalla Pentecoste in poi il riferimento al tempio di Gerusalemme si fa sempre più raro [2] e si accentua il distacco e la differenza con il culto sacrificale legato al sacerdozio levitico.
Nonostante l’indubbia continuità con il culto giudaico, la liturgia cristiana fin dall’epoca apostolica si organizza e si caratterizza con forme, luoghi, tempi, contenuti del tutto propri. Verso la fine del I secolo, terminata la redazione del Nuovo Testamento, sorgono numerosi scritti cristiani che ci danno una descrizione sempre più dettagliata di una Liturgia che si va gradualmente organizzando. Uno di questi antichi scritti cristiani dell’era subapostolica è la Didachè o “Dottrina dei dodici apostoli”[3]. Vi si legge, tra l’altro, che il battesimo è preferibile che avvenga mediante l’immersione in acqua corrente. Se ciò non fosse possibile, si può battezzare anche versando tre volte l’acqua sul capo, invocando la Santissima Trinità. Nella Didaché si parla anche di un’assemblea eucaristica presieduta da vescovi,presenti anche i diaconi; già si abbozza la struttura di una prece eucaristica.
Questa è anche un’epoca di persecuzione per i cristiani. Sono considerati nemici del genere umano e la legge proibisce d’essere cristiano. Essi si rifiutano di offrire culto all’imperatore e sono considerati atei perché non hanno altari per sacrificare agli dei.
Con l’editto di Milano del 313 cessa la persecuzione dei cristiani e Costantino, con l’Augusto d’Oriente Licinio, autorizza e favorisce la Religione cristiana. Le conversioni avvengono in massa e il catecumenato battesimale tende sempre più a contrarsi. Scadendo il livello di formazione, si abbassa il livello del fervore delle comunità e aumentano le eresie. È l’epoca dei grandi Padri della Chiesa: in occidente Ambrogio, Agostino, Girolamo; in oriente: Atanasio, Basilio e l’amico Gregorio di Nazianzo, Giovanni Crisostomo.
Nei Concili ecumenici si definisce il Credo: a Nicea (325) e a Costantinopoli (381). A Efeso nel 431 Maria è detta Theotokos. A Calcedonia nel 451 si definisce il dogma cristologico: Gesù è vero Dio e vero uomo. Per accogliere le comunità sempre più numerose non bastano più le domus ecclesiae, cioè le case private dove si riuniva l’assemblea durante la persecuzione e così, laddove era presente il vescovo, si costruiscono le grandi basiliche episcopali. A Roma la sede del vescovo è stabilita al Laterano: Costantino edifica una grande basilica con attiguo il battistero e il palazzo del Vescovo. Ma sorgono anche altre basiliche sui luoghi della sepoltura dei martiri: così S. Pietro in Vaticano, S. Lorenzo e S. Paolo fuori le mura.
In oriente vengono edificate le basiliche del S. Sepolcro e della Natività. In questo periodo si va organizzando anche l’anno liturgico, la domenica come pasqua settimanale e la Pasqua annuale, segnano il ritmo dell’anni circulus. Si organizza il triduo pasquale, la quaresima per i catecumeni, la cinquantina pasquale che si chiude con la Pentecoste.
A Roma verso l’anno 350 si inizia a celebrare anche il Natale di Cristo e qualche secolo più tardi si aggiungono anche quattro settimane di preparazione, l’Avvento. Nelle basiliche episcopali, presente il vescovo e il suo presbiterio, si celebra durante la settimana una essenziale liturgia delle ore. L’unica celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo è ancora riservata per tutti alla domenica.
I Vescovi sono anzitutto pastori e maestri. L’omelia e le catechesi battesimali sono le opere più pregevoli di questo periodo (Ambrogio, Agostino, Cirillo, ecc), fortemente ancorate al testo della Sacra Scrittura.
Ancora non ci sono i libri liturgici con i testi già fissati della preghiera liturgica. E’ un tempo di fervente creatività liturgica attenendosi ovviamente a schemi e canoni di preghiera che già sono conosciuti nelle comunità cristiane. Purtroppo questa fase di creatività durò poco tempo. L’incapacità a comporre sempre nuovi formulari, l’esigenza di avere dei modelli stabili, la necessità di difendersi dall’insorgere di pericolose eresie, spianò la strada verso la fissazione di riti e orazioni e quindi la nascita dei vari Sacramentari con la raccolta dei testi liturgici. Basta citare il caso della Prece eucaristica: dalla fine del IV secolo, in occidente, si impose il testo del Canone romano come unica prece eucaristica. Le liturgie dell’oriente, invece, pur fissando anch’esse i testi liturgici, hanno mantenuto un più ampio spazio di scelta.
Alla fine del IV secolo la liturgia romana è pressoché strutturata nelle sue linee essenziali. E’ a questa epoca d’oro che in modo preferenziale si è ispirato il Vaticano II quando ha voluto porre mano alla riforma liturgica. Lungo il corso dei secoli, infatti, attorno a questo nucleo originario ed essenziale della liturgia, si sono insinuati elementi meno rispondenti, o anche meno opportuni, all’intima natura della stessa liturgia per cui si è resa necessaria una loro revisione e se necessario anche una loro rimozione (cf SC 21).
Prof. Cristian Lanni
[1] cfr. CCC. 1200-1209.
[2] cfr. At 2,46; 3,1; 5,12.42;22,17.
[3] Questo documento fu scoperto nel 1873.