Entrarvi con una poesia di Mario Luzi

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Questa settimana è una grande immersione nel Mistero. Perché Gesù lo ha vissuto interamente, fino al punto estremo della morte, il punto ultimo, che per lui, grazie a lui, non è più tale. È di una concretezza disarmante questa settimana. Segni su segni, sensi su sensi, colori, profumi, sapori, esperienze tattili, suoni, canti, che si rincorrono e si intrecciano. Per farci passare, far passare anche noi dal lievito vecchio a quello nuovo, per andare anche noi fino al fondo della nostra umanità, fare anche noi sul serio con la nostra vita. Incarnazione piena, come la sua. Come ha fatto lui.

Padre mio, mi sono affezionato alla terra

La terra, il senso

Come ha immaginato che ha fatto lui il poeta Mario Luzi, che scrisse meditazioni poetiche per la Via Crucis al Colosseo del 1999. Alla stazione dedicata alla Crocifissione, il poeta ha immaginato un Gesù in preghiera con il Padre, mentre ripercorreva la sua storia terrena, riviveva i colori, i sapori, i suoni, i tocchi, le parole e le contraddizioni del cuore umano. Le vie, gli incontri, i cuccioli dell’uomo e gli animali, le sofferenze e le gioie, l’amore che lo legava al Padre e agli uomini. E i dubbi, l’angoscia del morire, la consapevolezza della fine, la debolezza e la certezza di aver adempiuto la sua missione. Nel cuore a cuore col Padre, tra il dolore dei chiodi e i battiti dell’amore.

È una poesia bella, che fa entrare in questa settimana dai sensi intensi, dal tempo dilatato. Dove il tempo, quello salvifico, si è concentrato e si è dischiuso. Dove i sensi hanno trovato il senso. Il senso del fino in fondo dell’incarnazione, dell’oltre della Pasqua. Il Senso che è mistero ai più. Che rimane tale, ma chiede che ci entriamo.

Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
È bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile e esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, perfino i deserti.
È solo una stazione per il figlio Tuo la terra
ma ora mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni,
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni
ma neppure un istante mi sono allontanato da te.
Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi
o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali.
Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario.
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?
Il terrestre l’ho fatto troppo mio o l’ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna.
Padre, non giudicarlo
questo mio parlarti umano quasi delirante,
accoglilo come un desiderio d’amore,
non guardare alla sua insensatezza.
Sono venuto sulla terra per fare la tua volontà
eppure talvolta l’ho discussa.
Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego.
Quando saremo in cielo ricongiunti
sarà stata una prova grande
ed essa non si perde nella memoria dell’eternità.
Ma da questo stato umano d’abiezione
vengo ora a te, comprendimi, nella mia debolezza.
Mi afferrano, mi alzano alla croce piantata sulla collina,
ahi, Padre, mi inchiodano le mani e i piedi.
Qui termina veramente il cammino.
Il debito dell’iniquità è pagato all’iniquità.
Ma tu sai questo mistero. Tu solo.
Mario Luzi, La Passione

P.S.: Consiglio questa bella versione audio: Padre mio.

Francesco Pacia

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