La IV Domenica di Quaresima è la domenica detta “Laetare”. L’intera liturgia, infatti, invita a rallegrarsi di un Dio che ama senza se e senza ma, oltre ogni limite pensabile.

Il Vangelo stesso afferma un tale amore mediante la parabola del “Padre Buono” detta anche del “Figliol Prodigo”. Gesù offre un racconto nel quale desidera mostrare il vero Volto di Dio Padre e, allo stesso tempo, le varie modalità di relazione che si possono instaurare con Dio.

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Il Volto di Dio

Vi è un “uomo” che aveva due figli. Il secondo tra i due ha l’ardire di chiedere al Padre, ancora vivo, la spartizione dei beni, manifestando la scelta di vivere una vita diversa, lontana da casa e in autonomia, diremmo oggi in “libertà assoluta” da ogni vincolo. E così, “raccolte tutte le cose” lascia la Casa del Padre, senza rendersi conto che sta lasciando l’essenziale della vita: l’Amore e le indicazioni paterne per vivere una vita in pienezza.

Nella sua lontananza da casa, il figlio espone la sua vita ad ogni vizio possibile, in una ricerca affannosa di una fonte a cui dissetarsi, dove attingere vita e amore. Il cuore del giovane, però, sperimenta, man mano, che la vita invece di essere piena e ricca di gioia e bellezza, è diventata arida. La sua esistenza arriva a vivere una vera e propria carestia. Decide, solo in quel momento, di tornare alla Casa del Padre. È a questo punto che viene reso noto il vero Volto di Dio che Gesù, nella parabola, fa coincidere con il Volto del Padre: un Dio buono e misericordioso.

L’ atteggiamento del Padre, però, non è accolto dal primo figlio, che è rimasto da sempre accanto a Lui e che ora, al rientro del fratello ribelle, avrebbe voluto, quanto meno, assistere alla sua umiliazione e, invece, si ritrova a partecipare ad un’accoglienza amorosa e gioiosa del Padre, pronto ad abbracciare e a riaccogliere il figlio ribelle!

Le false immagini di Dio

Entrambi i figli, così, evidenziano alcuni atteggiamenti umani che vengono utilizzati anche nella relazione con Dio: dalla ribellione che conduce alla lontananza, fino ad una religione finta e vuota, vissuta come puro legalismo. Infatti, il primo figlio, pur avendo vissuto a strettissimo contatto con il Padre non ne aveva compreso l’essenza, ma anzi, lo temeva come se fosse un giudice. Questo atteggiamento non gli consentiva di assaporarne la presenza amorevole poiché tutto era vissuto come una imposizione e con paura.
Si comprende allora come entrambi gli atteggiamenti evidenziano la non conoscenza del Cuore del Padre, identificandolo o come qualcuno da cui doversi liberare o come colui a cui dover obbedire tacitamente per evitare un severo giudizio.

La parabola invece stravolge entrambe queste visioni manifestando un Dio-Padre che non attende altro che il ritorno del figlio, di ogni figlio, di tutti i tempi! Di un Dio che lascia liberi anche di sbagliare, ma che sempre rimane con lo sguardo in attesa del ritorno di ognuno.

Allora, in questa Quaresima, non ci resta altro che presentare tutte le nostre miserie al Padre, le carestie, le frustrazioni e le paure che viviamo, sapendo che la nostra vita può avere un senso e divenire fruttuosa solo se vissuta in piena comunione con il Padre dei Cieli.
Torniamo a Lui, senza timore, e saremo raggianti perché avvolti dal Suo amore infinito.

Suor Mariella

Qui il commento al Vangelo della III Domenica di Quaresima.

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