Continuiamo il nostro cammino alla riscoperta della bellezza della celebrazione Eucaristica.
In questo articolo evidenziamo un altro momento ricco di segni il cosiddetto “offertorio”.
Questo rito è collocato subito dopo la preghiera dei fedeli, ed è l’inizio della Liturgia Eucaristica.

Photo by Kate Remmer on Unsplash.

L’offertorio, un momento da riscoprire

Vorrei cominciare subito manifestando un dispiacere, purtroppo, questa parte della celebrazione, soprattutto nelle Messe solenni, è sempre vissuta in modo confusionario.
Il presidente della Celebrazione gestisce le sue cose sull’altare, il coro cerca il testo da eseguire, gli animatori parrocchiali organizzano l’offertorio, l’assemblea si dimena per trovare qualche spicciolo nelle tasche. Così facendo perdiamo il significato proprio del rito, al quale l’assemblea partecipa unendosi all’offerta della chiesa.

Il rito dell’offertorio, inizia con due gesti molto movimentati e ritmici, c’è la preparazione della mensa eucaristica, che da questo momento diventa il centro della celebrazione e poi c’è la processione offertoriale, che serve a portare verso l’altare i doni che occorrono per la celebrazione e le opere in favore dei poveri.

L’Ordinamento generale del Messale descrive così il rito al numero 73:
“All’inizio della Liturgia eucaristica si portano all’altare i doni, che diventeranno il Corpo e il Sangue di Cristo.
Prima di tutto si prepara l’altare, o mensa del Signore, che è il centro di tutta la Liturgia eucaristica, ponendovi sopra il corporale, il purificatoio, il Messale e il calice, se non viene preparato alla credenza.
Poi si portano le offerte: è bene che i fedeli presentino il pane e il vino; il sacerdote, o il diacono, li riceve in luogo opportuno e adatto e li depone sull’altare. Quantunque i fedeli non portino più, come un tempo, il loro proprio pane e vino destinati alla Liturgia, tuttavia il rito della presentazione di questi doni conserva il suo valore e il suo significato spirituale”.
Terminata la processione delle offerte, e per offerte non intendiamo esclusivamente la colletta economica, ma le offerte sono in modo principale il pane e il vino per la celebrazione, il presidente della celebrazione presenta i doni, incensa l’altare, lava le mani, invita i fedeli alla preghiera e recita la “preghiera sulle offerte”. Questo è il ritmo che segna il momento dell’offertorio.

Photo by James Coleman on Unsplash.

Il senso pasquale dell’offerta

Nella presentazione dei doni, quando il presidente solleva prima il pane e poi il calice, pronunciando la preghiera di benedizione «Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo. Dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro dell’uomo. Lo presentiamo a te perché diventi per noi cibo di vita eterna» , c’è un riferimento chiaro alla benedizione che gli ebrei esprimevano a tavola esprimendo così il senso pasquale dell’offerta:

“Il contenuto delle preghiere è collegato con le orazioni che gli ebrei recitavano a tavola. Orazioni che, nella forma di benedizioni, hanno per punto di riferimento la Pasqua di Israele e sono pensate, declamate e vissute pensando ad essa. Questo suppone che esse sono state scelte in quanto anticipazione silenziosa del mistero pasquale di Gesù Cristo. Per questo, la preparazione e la realtà definitiva del sacrificio di Cristo si compenetrano in queste parole”.
(Dal sito del vaticano, pagina dell’Ufficio delle Celebrazioni del Sommo Pontefice)

Come dovrebbe partecipare l’assemblea a tutto questo movimento di gesti e di parole, per non correre il rischio di essere solo spettatori? Ci aiuta San Paolo: “Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale”. (Rm 1,2)
Questo è il momento in cui dobbiamo sentire coinvolta la nostra umanità, è il momento di offrire al Signore, insieme al pane e al vino, le nostre vite, le nostre povertà, il nostro cuore così com’è.

L’offertorio diventa, nella celebrazione eucaristica, il luogo dove offrire tutto il mondo, le gioie e le pene dell’uomo, il suo lavoro, e la ricerca sincera del bene.
Se da una parte questo rito è carico di senso spirituale dall’altra parte, mi piace sottolineare, che è la parte della Messa dove entra in gioco tutta la nostra umanità, che diventa partecipazione all’opera di salvezza e offerta unita all’offerta della chiesa. Dio “ha bisogno” della nostra collaborazione, del nostro lavoro, del pane e del vino prodotti dal sudore quotidiano dell’umanità, per realizzare il mistero della salvezza. Su tutto questo scenderà, come fuoco, lo Spirito Santo, che trasformerà le offerte rendendole Cristo. Trasformerà non solo il pane ed il vino, ma anche tutto ciò che abbiamo unito all’offerta.

Photo by Eugene Chystiakov on Unsplash.

Alcune note pratiche per vivere bene questo momento

Quando alzarsi? È il messale che ce lo dice nell’ordinamento generale al numero 146: “Ritornato al centro dell’altare, il sacerdote, rivolto al popolo, allargando e ricongiungendo le mani, lo invita a pregare dicendo: Pregate, fratelli. Il popolo si alza e risponde: Il Signore riceva. Dopo la risposta del popolo, il sacerdote, con le braccia allargate, dice l’orazione sopra le offerte. Al termine, il popolo acclama: Amen”.

Un consiglio utile potrebbe essere quello di prepararsi, prima della Messa, la piccola offerta da lasciare nel cestino a favore dei poveri o delle necessità della parrocchia, questo potrebbe evitare la distrazione e garantire la partecipazione adeguata all’offertorio.

Concludo con una delle orazioni tipiche di questo momento che esprime benissimo il significato del rito:
Accogli, Signore,
i nostri doni in questo misterioso incontro
tra la nostra povertà e la tua grandezza:
noi ti offriamo le cose che ci hai dato,
e tu donaci in cambio te stesso.
Per Cristo nostro Signore.

(5 gennaio, ferie dopo Natale)

fra Daniele Moffa

Qui il link della scorsa puntata.



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