Quando ero un giovane studente amavo passeggiare prima di andare in facoltà, nulla di che poche centinaia di metri nel silenzio vergine del mattino, all’aperto. Le tappe erano consuete, essendo io un tipo abbastanza abitudinario, e tra queste vi era la chiesa che si trovava grossomodo alla stessa distanza tra casa mia e la facoltà. Entravo, pochi minuti di preghiera silenziosa e poi la giornata poteva iniziare, una boccata di spiritualità prima di tuffarmi nel mare delle lezioni e dei libri. A volte però accadeva un fatto che mi ha portato a riflettere molto in questi ultimi anni, infatti capitava saltuariamente, ma non troppo, che la chiesa fosse chiusa e quindi io fossi impedito di poter pregare in essa, da lì  ho iniziato a ragionare su uno slogan: una chiesa chiusa è un contraddizione. Non se sia vera e nemmeno se sia tout court esatto ma rende manifesto un problema: la frustrazione di un desiderio, o ancor peggio, di un bisogno per me vitale, la preghiera.

Questa riflessione è tornata a risuonare dentro di me lunedì scorso dopo la visita del Papa a Loreto. Papa Francesco rivolgendosi ai frati cappuccini della Basilica lauretana li esortava a fare uno sforzo ulteriore, quello di tenere aperta la Santa Casa anche durante la sera e nelle prime ore della notte. Un invito forte anche impegnativo ma credo essenziale: lasciare le porte aperte a chi volesse sostare lì dentro per affidare la propria vita a Dio e alla fanciulla di Nazareth. Si intuisce dalle parole del Sommo Pontefice come lui individuasse nella notte un momento propizio per una riflessione più profonda e proficua, per un ascolto più attento e gratuito, senza quella frenesia che invece le ore diurne recano con sé. Oltre a ciò  mi piace immaginare la notte come il momento della “raccolta”, uno spazio temporale in cui ognuno con calma e cura possa mettere insieme le esperienze della giornata ma anche dell’esistenza e portarle sull’altare di Dio. La notte è anche un tempo di combattimento, perché le paure, le angosce, le ansie, le ferite da cui cerchiamo follemente di scappare durante il giorno, la sera, quando il sole tramonta, tornano a farci visita e lì abbiamo una duplice via: o continuare a scappare o consegnarle a Chi può ascoltarle ed anche sanarle.

Credo inoltre che l’incoraggiamento rivolto ai frati cappuccini di Loreto possa essere esteso anche ad altre realtà cittadine ed ecclesiali, ovviamente non si tratta di tenere aperte tutte le chiese di notte, ma sperimentarlo su alcuni singoli esempi potrebbe portare frutti insperati, perché se è vero che la vita sacramentale è percentualmente in calo, la sete di preghiera,invece, non è mai doma nel cuore dell’uomo e in particolar modo dei giovani, così pieni di vita e così bisognosi di luce.

Lasciamo che attingano quella luce alla vera Luce che è il Cristo, non lasciamoli soli e non lamentiamoci se come le falene, sognando la luna, si accontentavo del lampione e così si bruciavano le ali; se Giovanni Paolo II esordì con il suo “Aprite le porte a Cristo”, ora sta a noi: aprire le porte ai giovani affinché possano a loro volta aprirsi al Cristo.

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