Dopo la risurrezione

Risurrezione di Lazzaro
Foto di Dimitris Vetsikas da Pixabay

Gibran ha immaginato la vita di Lazzaro dopo la risurrezione. Sospeso, diviso dall’amata, la Pienezza, che ha vissuto nella morte, arriva a maledire Gesù che lo ha richiamato dal cuore vivo dell’eternità a questa morte vivente, prima di capire che vivrà per due volte l’eternità…

Come sempre, la poesia ci svela il lato altro delle cose. In questo piccolo gioiello di Gibran siamo portati a scoprire un volto inedito di Lazzaro di Betania. Il dramma dell’essere tornato dalla morte, il dramma dalla separazione da un’amata incontrata nella morte, un’amata dai tratti così impalpabili e allo stesso tempo reali, dietro cui si nasconde la Pienezza, appena gustata e poi perduta… per sempre no, ma per un lasso di tempo che sembra essere eterno:

Eravamo nello spazio, la mia amata ed io, ed eravamo lo spazio tutto. Eravamo nella luce ed eravamo tutta la luce.

Dal cuore vivo dell’eternità

Questo Lazzaro spaesato dalla vita, questo Lazzaro malato di vita, questo Lazzaro lacerato dall’insoddisfazione e dall’insensatezza della fatica quotidiana, questo Lazzaro nostalgico di cielo ha in sé qualcosa di romantico e di decadente. Titanico nella sua protesta contro il Cielo, titanico nel suo divorante desiderio di Cielo; titanico, ma nostalgico… e dalla sua bocca escono parole di rivolta pesanti come macigni:

Gesù di Nazaret, dimmi ora, perché mi hai fatto questo? È stata una cosa giusta che io venissi gettato giù come umile insignificante pietra dolorosa a indicare il sentiero per l’altezza della tua gloria? Ogni altro morto sarebbe potuto servire a glorificarti. Perché hai separato dalla sua amata questo amante? Perché mi hai richiamato in un mondo che tu sapevi in cuor tuo di dover lasciare? Perché? Ah, perché, perché mi hai richiamato dal cuore vivo dell’eternità a questa morte vivente?

Due volte la vita, la morte, l’eternità

Ma escono anche macerate e sofferte – e perciò vere – parole di benedizione e pronta sequela nell’accogliere nell’amico Gesù il paradosso della vita attraversata dalla morte, della morte attraversata dalla vita. Il Lazzaro ferito dall’altrove, a cui ha sempre appeso e delegato la sua vita, è chiamato a riappropriarsi di sé, dell’hic et nunc, della vita ridonatagli dal Maestro di Nazareth… fino a scorgere nella sua esperienza unica il privilegio di poter vivere due volte la vita e due volte la morte… due volte l’eternità:

Seguirò Colui che mi ha dato la vita fino a che non mi darà la morte […] E sarò l’unico tra tutti gli uomini che per ben due volte ha sofferto la vita e per ben due volte la morte, e che per ben due volte ha conosciuto l’eternità.

Due volte la vita – prima e dopo la Voce dell’amico Gesù che ha richiamato alla Vita, facendogli ritrovare nell’hic et nunc la pienezza; due volte la morte – quella dell’inconsistenza dell’altrove e dell’alibi, quella che sarà solo un passaggio dalla pienezza assaporata alla pienezza pienamente vissuta; due volte l’eternità: l’eternità come già, che salva dalla nostalgia e dall’alibi, e come sempre più, verso cui tendere!

Francesco Pacia

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