Eravamo rimasti, la prima parte qui, alla scoperta del Sommo Pontefice del collegamento tra il demone ed alcuni segreti legati alla Santa Inquisizione, una scoperta che rende consapevole il Papa di aver messo in pericolo il suo esorcista e da qui riprendiamo per giungere al finale dell’opera ed anche ad alcune riflessioni.

Conosciuto il nome del demone e compreso il suo scopo, Padre Amorth e il giovane sacerdote proveranno ad affrontarlo per liberare Henry ma le cose si complicheranno perché anche Amy verrà posseduta dallo stesso demone e la spingerà a far fuori la madre. Il tutto per cercare di convincere Padre Amorth ad arrendersi e a schierarsi con lui. 

Padre Amorth cederà apparentemente per liberare i ragazzi e la giovane donna (questo nella realtà non sarebbe e non è mai accaduto) e grazie all’aiuto del giovane padre Esquibel riuscirà a sconfiggere il demonio dopo un’estenuante battaglia nei sotterranei dell’abbazia.

Peccata tua inveniente te

Nel manoscritto trovato nei sotterranei da Padre Amorth, oltre al nome dell’antico demone, si legge questa frase in latino “peccata tua inveniente te” cioè “i tuoi peccati ti troveranno”.

A primo impatto inquietante, non c’è dubbio, ma alla luce dell’azione del demonio nel corso del film ho trovato questa frase piuttosto provocatoria. 

Il demonio non esita nel carpire i sensi di colpa ed i peccati – meglio se non confessati – dei due sacerdoti per renderli quasi reali e tangibili al solo scopo di impaurire, ma la cosa che per me è stata significativa è che ciò che viene mostrato come reale lo è solo per il soggetto che ha quel senso di colpa o quel peccato in particolare.

Emblematico è l’enorme senso di colpa del protagonista nel non essere riuscito a salvare una giovane donna con disturbi psichici che arrivò persino al suicidio per una mera “questione di orgoglio” di P. Amorth, il quale ribadiva che il suo compito non era quello di curare casi psichici in quanto esorcista. Si aggiunge inoltre, l’atto di codardia che dovette avere per spirito di sopravvivenza quando vestiva i panni da partigiano. Due enormi pesi per chi ha consacrato la propria vita alla cura del prossimo in nome di Dio, anche se nel secondo caso non aveva ancora abbracciato la vita consacrata.

In questo vortice di accuse, di pesantezze sbattute in faccia al “peccatore” di turno, infatti l’Accusatore prende di mira anche il giovane prete per i suoi peccati carnali ed anche i sensi di colpa con cui viene attaccata Julia, l’altra protagonista, ho riflettuto su quanto sottovalutiamo, da cattolici più o meno praticanti, l’esistenza e l’efferatezza dell’azione del Nemico. 

Oggi non si crede più nell’esistenza stessa del demonio, del Nemico o come lo si preferisce definire, quasi tutto si è ridotto a pura fantasia, ad una similitudine del male e noto sempre più che sempre un minor numero di “addetti ai lavori” ne parla. 

Non comprendo se sia frutto della paura o semplicemente frutto di un suo grande inganno, perché se così fosse è come se stessimo facendo il suo gioco.

Trovo tutto ciò estremamente pericoloso. 

Lo stesso nostro esorcista, Padre Amorth, quello reale questa volta, sosteneva che “nella Chiesa cattolica in pochi credono all’esistenza di Satana” aggiungendo che “è inutile chiedersi il perché, il male c’è. E’ un dato di fatto. Va combattuto, non va spiegato”. L’estrema conseguenza è che più nessuno crede negli esorcismi e chiaro segno ne è la pericolosissima scomparsa di questo mandato all’interno della Chiesa. Gli esorcisti ormai sembrano essere presenti solo nei film horror.

Chiaro, non bisogna demonizzare tutto, ma nemmeno sottovalutarne l’esistenza. 

Tempo fa un sacerdote a me caro, tra una chiacchiera e l’altra mi disse ciò che sicuramente ai più apparirà ovvio, ma visti i tempi forse così ovvio non è: se Dio esiste – ed esiste – è inevitabile credere anche nell’esistenza del male, la certezza dell’esistenza di Dio, in quanto credenti, non può esulare dal credere che il male esista. 

Che poi, dico io ancor più banalmente, basterebbe guardarsi un pò attorno o soffermarsi su qualche testata giornalistica per comprendere quanto sia insinuato ormai nella nostra realtà, d’altronde questo è pur sempre il suo “campo di battaglia”, dove sicuramente vince facile (ma solo apparentemente) per le nostre debolezze umane, per le nostre incredulità.

L’esorcista del Papa

I tuoi peccati ti sono perdonati

Non so voi, ma ogni volta che entro in confessionale, al sentire la formula del perdono recitata da parte del confessore, mi ritrovo sempre a trattenere un gran magone in gola dalla gioia e dall’infinita misericordia ricevuta. 

La stessa sensazione la si legge nello sguardo di Padre Amorth e del giovane prete ispanico nel corso del film quando, per poter affrontare i propri peccati rinfacciati bellamente dal demonio, si confessano l’un l’altro – questa volta senza filtri o omissioni – prima di accedere alla stanza dove l’avversario li attende.

Riflessioni finali su “L’esorcista del Papa

Questo film, a parer mio, ha sottolineato, più o meno consapevolmente, l’importanza estrema dei Sacramenti, in particolare la potenza salvifica della Confessione, che ti leva quel fardello pesante che opprime il cuore perché sei perdonato. 

E questo nel film si vede bene: nonostante i peccati ed i sensi di colpa vengano usati dal Nemico come vere e proprie “armi” contro noi stessi, contro la nostra mente e al solo scopo di confonderci e allontanarci dall’unica Via e Verità che è Cristo, il perdono, la misericordia ed il sollievo ricevuto in confessionale, a seguito di un contrito pentimento, fungono da scudo, in un’unica cosa con la fede, contro gli attacchi del male. 

L’antico avversario insisterà con illuderci con visioni che non fanno altro che provare ad aumentare il nostro senso di colpa ed il ripiegamento su sé stessi con la finalità di indebolirci, di vederci sconfitti e afflitti ma la potenza della liberazione dal peccato sembra accrescere visibilmente la consapevolezza dei due sacerdoti del fatto che Dio ci ha salvati, ci ha tirato via quell’odoraccio di zolfo che il Nemico ha provato a soffiarci addosso, che la Sua misericordia e che il Suo infinito amore per noi è ben più potente e grande rispetto all’azione dell’avversario. 

Se persino i lontanissimi divi di Hollywood, attraverso questo film dedicato alla figura dell’esorcista, sono riusciti a trasmettere – anche se non volutamente – tutto ciò, perché noi cattolici ci ostiniamo a non credere a tutto questo e, anzi, sembriamo godere della convinzione che tutto questo non esista, che sia solo ormai una favoletta da raccontare ai bambini in prossimità della prima (e si spera non ultima) indimenticabile confessione. Cosa ci sta accadendo veramente? Che genere di cattolici scegliamo di essere? Siamo davvero convinti che l’esistenza del Nemico sia solo una figura di “berlicchiana” memoria o esiste davvero un aspetto “sottile” e spirituale che va oltre la mera fantasia?

Scegliamo di essere cattolici “di facciata”, mostrandoci impeccabilmente perfetti e rispettosi delle leggi oppure scegliamo di voler combattere la grande battaglia nonostante le nostre fragilità, affrontandole con la consapevolezza che siamo salvati da Colui che è Amore con la “A” maiuscola?  

Sicuramente l’intento del regista non sarà stato quello di andare così in profondità, ma credo che questo film, se guardato con un occhio cattolico critico e attento, potrebbe scatenare delle “domande di senso” sul proprio percorso di fede, potrebbe far sorgere in noi domande che potremmo usare come trampolino di testimonianza di una fede vera e autentica, che è ciò di cui ha bisogno il mondo.

Vittoria Denise Labate

Condividi questa pagina!