Vi è un dentro e un fuori in questa pagina di Vangelo; in realtà c’è un “tanti” e un “pochi”, in mezzo vi è un porta, per giunta stretta ed padrone di casa, che ad una certa ora, si alza e la chiude e nel mezzo c’è uno sforzo, o meglio una lottare per un qualcosa.

E poi ci siamo noi che non possiamo rimanere nel mezzo, in quell’ora che è questa di ora in cui tocca scegliere, sempre scegliere e sforzarsi o ancora meglio, come ci consegna la traduzione dal greco, lottare: “Lottate per entrare per la porta stretta, perché molti, dico a voi, cercheranno di entrare ma non avranno la forza” (Lc 13, 24).

Lottare senza dubbio ma contro chi? Contro il male, contro la morte, contro chi vuole allontanarci dalla vita e dalla fonte della Vita, Dio.

Voglio lottare, anzi vorrei ma poi non riesco, cado  – ricado a causa della forza della gravità dell’abitudine, del mio essere di argilla fragile ed ha ragione il Vangelo: “molti cercheranno ma non avranno la forza!”.

Di quale forza? Solo la nostra? Rimarremmo fuori, il Cristianesimo non è volontarismo, solo la forza di Dio? E allora la nostra volontà, la nostra lotta? Insieme, in sinergia la sua di forza che sorregge la mia di forza, o di debolezza a ben vedere: «Tutto posso in Colui che mi dà forza » (Fil 4,13), gridò Paolo che di battaglie ne aveva combattute diverse per il Signore. 

Una forza che va chiesta, come una grazia, che il Signore largamente dona, basta attingere a Lui nella preghiera, nei Sacramenti, nei molteplici modi che la Chiesa ci propone. Il gioco varrà la candela perché una volta entrati, dentro ci sarà un grosso e grasso banchetto – come ci dice Isaia- e sarà festa, festa per sempre. 

Lottare per la gioia, oggi, di nuovo, da capo.

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