Perché il titolo con cui conosciamo questo episodio del Vangelo è “Il cieco nato” e non “Il nato cieco”? In un italiano standard si capisce che c’è un uomo cieco che nasce e non un uomo che nasce cieco. Ma davvero un solo iota non sarà sprecato, perché uno iota può davvero bastare a illuminare una vita intera. 

E già il titolo di questo Vangelo è una rivelazione: basterebbe fermarsi qui per capire il miracolo che compie Gesù. Mi permetto di viaggiare nel testo originale e parafrasare, alcune volte, le sacre lettere. 

L’uomo, la libertà e la “gloria di Dio”

Vide un uomo cieco dalla nascita. Anthropos. L’uomo di sempre, l’umanità. Il diamante grezzo. «Chi ha peccato, perché quest’uomo sia nato cieco?», chiedono i discepoli. E Gesù viene a scardinare questa mentalità, questa falsa e tremenda immagine di Dio. Nessuno ha peccato, o meglio tutti hanno peccato, ma non è questo il punto. Quel che conta davvero, infine, è che «le opere di Dio siano manifestate». Che la sua gloria è accessibile di nuovo. 

L’uomo è sempre stato libero di permettere alla gloria di Dio di presentarsi o non presentarsi alla sua coscienza. Non può, Dio, ritirare la mano che ci ha donato la libertà. Prevede, nella sua previdenza, che useremo questa libertà per compiere le nostre opere, ma non lascerà, nella sua provvidenza, che questo accada senza manifestarci la sua volontà, senza che persino questo peccato gli dia gloria. Più avanti sarà proprio la logica del peccato che si smaschera nei farisei che, per indurre l’uomo a testimoniare contro Gesù, gli diranno: «Da’ gloria a Dio!». Quanto può essere banale, il male, che non vede la sua sconfitta!

Le opere, il “corpo” e la Luce!

Poi Gesù dice alcune parole che mi interrogano molto: «Bisogna che noi facciamo le opere di colui che mi ha mandato»Noi fare le opere di uno che ha mandato me. Sembra quasi che Gesù affermi: «Voi siete il mio corpo». Noi siamo il tuo corpo, Signore? 

Il Signore viene a portare la comunione, a identificare il suo corpo con noi! Bisogna capirlo adesso che si compiono i miracoli, ora che alla nostra intelligenza è lampante che è proprio Dio che fa queste cose, perché poi verrà la notte, verrà la sua assenza, e nessun altro potrà farle al posto nostro, se per allora non sapremo già di essere il suo corpo, consentendo così a Lui di restare con noi e compiere le opere del Padre in noi. «Finché sono io nel mondo, Io sono la luce. Ma quando Io non sarò più nel mondo, dovremo essere Noi la luce, cioè voi quando mi avete accolto».

Ed ecco che Dio dice ancora: «Sia la luce!». Lo dice in un modo nuovo.

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