Non trasformiamoci in lupi è una meditazione a partire dal Vangelo di Luca, capitolo decimo.
Nel ripensare, rimuginando, alle parole di Gesù nel Vangelo odierno, è tornato a galla un ricordo di un’omelia di un grande santo Giovanni Crisostomo. Non necessita di commenti ulteriori, va solo letto, riletto, meditato e messo in pratica:
“Finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perché saremo privi dell’aiuto del pastore. Egli non pasce lupi, ma agnelli. Per questo se ne andrà e ti lascerà solo, perché gli impedisci di manifestare la sua potenza. È come se Cristo avesse detto: Non turbatevi per il fatto che, mandandovi tra i lupi, io vi ordino di essere come agnelli e colombe. Avrei potuto dirvi il contrario e risparmiarvi ogni sofferenza, impedirvi di essere esposti come agnelli ai lupi e rendervi più forti dei leoni. Ma è necessario che avvenga così, poiché questo vi rende più gloriosi e manifesta la mia potenza. La stessa cosa diceva a Paolo: “Ti basta la mia grazia, perché la mia potenza si manifesti pienamente nella debolezza” (2Cor 12,9).
Sono io dunque che vi ho voluto così miti. Per questo quando dice: “Vi mando come agnelli” (Lc 10,3), vuol far capire che non devono abbattersi, perché sa bene che con la loro mansuetudine saranno invincibili per tutti. E volendo poi che i suoi discepoli agiscano spontaneamente, per non sembrare che tutto derivi dalla grazia e non credere di esser premiati senza alcun motivo, aggiunge: “Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe” (Mt 10,16).
Ma cosa può fare la nostra prudenza, ci potrebbero obiettare, in mezzo a tanti pericoli? Come potremo essere prudenti, quando siamo sbattuti da tante tempeste? Cosa potrà fare un agnello con la prudenza quando viene circondato da lupi feroci? Per quanto grande sia la semplicità di una colomba, a che le gioverà quando sarà aggredita dagli avvoltoi? Certo, a quegli animali non serve, ma a voi gioverà moltissimo. E vediamo che genere di prudenza richieda: quella “del serpente”. Come il serpente abbandona tutto, anche il corpo, e non si oppone pur di risparmiare il capo, così anche tu, pur di salvare la fede, abbandona tutto, i beni, il corpo e la stessa vita.
La fede è come il capo e la radice. Conservando questa, anche se perderai tutto, riconquisterai ogni cosa con maggiore abbondanza. Ecco perché non ordina di essere solamente semplici o solamente prudenti, ma unisce queste due qualità, in modo che diventino virtù. Esige la prudenza del serpente, perché tu non riceva delle ferite mortali, e la semplicità della colomba, perché non ti vendichi di chi ti ingiuria e non allontani con la vendetta coloro che ti tendono insidie. A nulla giova la prudenza senza la semplicità. Nessuno pensi che questi comandamenti non si possano praticare. Cristo conosce meglio di ogni altro la natura delle cose. Sa bene che la violenza non si arrende alla violenza, ma alla mansuetudine.”
(S. Giovanni Crisostomo – Om. 33,1.2; PG 57,389-390)
Altre meditazioni sulla Parola di Dio si possono trovare nella nostra rubrica Lievito nella pasta.