Ok.

Il Vangelo di questa XXX Domenica del T. O. non è semplice.

Più lo leggevo nel tentativo forzato di identificarmi con il pubblicano, (così da scampare il rimprovero di Gesù!), e più lottavo con l’evidenza di essere una farisea di prima categoria, meritevole di una medaglia o di una laurea ad honorem. Perciò, mentre la rassegnazione per non essere riuscita nel mio intento nonostante gli sforzi si faceva strada dentro di me, ho preso finalmente la decisione di dare ascolto alla voce della verità che mi diceva: «Ok Bene, adesso cala la maschera e smettila di sentirti brava». E di conseguenza non ho potuto che constatare quanto i miei piedi calzassero perfettamente le scarpe del fariseo.

Lo ripeto: non è stato facile e nemmeno piacevole perché ho dovuto figurarmi davanti la persona – o, per usare la designazione evangelica, il pubblicano – che ad oggi mi ha fatto soffrire, piangere ingiustamente, mi ha intossicato l’anima, ‘tassato’ e ‘derubato’ più di qualunque altro, e nei confronti del quale io-farisea mi sono sentita infinitamente migliore, non solo come cristiana, ma proprio come persona.

Ora, l’invito che vi faccio è il seguente: pensate a qualcuno che vi ha fatto stare male, che vi ha ferito in profondità, che vi ha mentito, ingannato, illuso, abbandonato,… nei riguardi del quale, magari, avete anche chiesto a Dio la grazia di un sincero perdono, conservando, però, in sottofondo un’implicita gratitudine per non essere ladri, ingiusti, adulteri, pubblicani,… come lui o lei.
Voglio donarvi il frutto di quella che è stata la mia meditazione, sperando possa esservi d’aiuto per entrare nella logica-illogica di Dio.

Così davanti al tuo volto mi specchio, piena di crepe,
e non chiedermi di trattenere il pianto,
lasciami sfogare tutta la mancanza che mi abita,
e singhiozzare per colpa del male ricevuto e fatto.
E ti chiedo giustizia per l’uno e sì, anche per l’altro,
ché non mi sento più brava del mio nemico

e Tu mi conosci.
Incolla il mio cuore spezzato,
purifica le arterie intasate,
tranquillizza le valvole accelerate.
Portami via l’illusione malata

di sentirmi migliore persino del mio io migliore:
Tu solo sai quando ho dato il mio vero meglio,
e non voglio più vantarmi

o truccarmi dei miei sì davanti a Te,
o ancora peggio, parlarti male di questo mio fratello.
Se io non sono il male che ho fatto e ricevuto, né il mio peccato,
allora nemmeno questo fratello lo è.
Fariseo e pubblicano: due facce della stessa persona.
Farisea e pubblicana: sono sempre io,

in tempi diversi.
Farisea sul principio e in prima linea,
pubblicana poi e solo a distanza.

P. S. Se avete colto il mio invito ma alla fine dei conti vi sentite ancora bravi e a posto, non abbiate timore. Evidentemente la ferita ricevuta dal ‘vostro’ pubblicano è fresca e deve ancora fare il suo corso: continuate instancabilmente a cercare il Signore.

Benedetta

Qui potete leggere il commento della XXIX Domenica del T.O.

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