Sulle ali dei venti vuole essere una meditazione sul salmo 17 del salterio.

Dalla creazione alla caduta in Ps. 17

Testo del salmo al link https://www.bibbiaedu.it/CEI2008/at/Sal/18/

Amore celeste

Foto di Hans Braxmeier da Pixabay

“Alla fine: al servo del Signore, Davide, che rivolse al Signore le parole di questo cantico, perché lo soccorse strappandolo dalle mani di tutti i suoi nemici e dalla mano di Saul”. Il canto inizia sempre dalla “fine”, in greco τὸ τέλος (to télos). Ma cos’è davvero questa fine? Quale orizzonte del cuore contemplava il salmista, mentre lo spirito si proiettava nella melodia del suo canto? La risposta si trova due parole oltre l’inizio, e poi ancora cinque parole oltre e, finita l’intestazione, nella terza parola del primo verso del salmo: il nostro fine è τῷ κυρίῳ (to kyrìo), il Signore, Dio che compare nella Sua Triplice Figura: come Padre in relazione al Suo παιδὶ (paidì), al Suo Figlio, qui incarnato in Davide, come Spirito Santo, nell’Amore che unisce le due Persone, nel testo sostanziato dal verbo Ἀγαπήσω (agapéso), che indica la più alta ed essenziale forma d’amore. Questo è il nostro fine, questa la nostra vita.

Il corno della superbia

Se ci riconosciamo creature di Dio, se nel cuore sappiamo che nulla potrà strapparci al Suo Amore, se siamo consapevoli che la nostra vita in ogni sua infinitesima sfumatura è stata plasmata, cucita per noi dall’onnisciente mano del nostro Signore, perché continuiamo ad innalzarci, a cadere nella vana altezza della nostra superbia, a perdere ancora una volta e per sempre l’alleanza con il Nostro Tutto? Mentre agitiamo il “corno”, in greco κέρας (kéras), della presunzione, ricadiamo nella polvere da cui siamo stati creati e priviamo la nostra vita del soffio divino che l’ha sostanziata quando era un nulla.

Nella polvere

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La superbia fa cadere, perché si insinua in quell’armonia d’amore che lega il Padre ai suoi figli, crea una frattura insolvibile dall’uomo, riparabile soltanto da Dio, nel Sacrificio del Cristo. Quando il cuore si insuperbisce, cadiamo nella polvere, circondati dai “lacci della morte”, in greco ὠδῖνες θανάτου (odìnes thanàtou), dai “torrenti dell’iniquità”, dai “dolori dell’inferno”. Cadiamo perché perdiamo di vista la nostra fine, il nostro principio, la nostra eternità, stoltamente ignari del fatto che non possiamo dare a noi stessi l’Eternità, ma possiamo soltanto liberamente scegliere di accoglierla da Colui che, Solo, può donarcela.

Ha piegato il cielo

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L’uomo, immerso negli inferi, ha gridato al suo Signore ed Egli ha ascoltato la sua voce: ἐσαλεύθη καὶ ἔντρομος ἐγενήθη ἡ γῆ (esaléuthe kai éntromos eghénethe é gé), “si è scossa e ha tremato la terra”. Il manifestarsi di Dio fa tremare i cuori di quel mondo tenebroso che pensava di vivere senza la Vera Vita. “E il fuoco divampò dal Suo Volto”. Al pianto dell’uomo pentito, alla preghiera del superbo che vuole riconciliarsi con il Padre, Dio risponde con il fuoco del Suo Amore. Dio “ha piegato il Cielo ed è disceso”, ha donato Se Stesso, ha sacrificato Suo Figlio per ristabilire il fratturato amore con l’umanità.

Sulle ali dei venti

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Kαὶ ἐπέβη ἐπὶ χερουβιν καὶ ἐπετάσθη (kai epébe epì Cherubin kai epetàsthe), “è salito su un Cherubino ed è volato”. Lo Spirito di Dio si erge sopra il mondo, perché le categorie umane non possono raggiungere la Sua Immensità. Eppure l’anima è chiamata a seguirLo, a volare “sulle ali dei venti” per raggiungere la Sua Grazia. Ma, nessuna conoscenza, nessuna potenza intellettiva, nessun temporale affanno conquisterà per noi la certezza della fede: solo la Carità spinge, rialza, accompagna l’anima nel felice volo verso il Suo Creatore.

Altre meditazioni sui salmi sono presenti all’interno di una rubrica dal nome: “L’incanto dei salmi“, presente nel nostro blog.

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